CON LA GIOIA DEL VANGELO
Cassino, Monastero benedettino “S. Scolastica”, 2 febbraio 2015
19a Giornata mondiale della vita consacrata
Celebriamo la Giornata mondiale della vita consacrata nell’Anno della vita consacrata, che papa Francesco ha indetto a cinquant’anni dal decreto conciliare Perfectae caritatis. E ogni anno in tale contesto contempliamo il mistero della Presentazione di Gesù al tempio.
La gratitudine delle nostre Chiese particolari
Nel Messaggio che come Ordinari diocesani della provincia di Frosinone abbiamo voluto rivolgere ai consacrati che vivono la profezia del loro carisma sul nostro territorio, abbiamo desiderato innanzitutto esprimere l’affetto della nostra fraterna gratitudine per la vostra testimonianza: “Vogliamo ringraziarvi per la presenza nelle nostre Chiese particolari e per il dono del vostro variegato servizio quale testimonianza del vangelo incarnato nei diversi carismi che esprimete. Vogliamo anche invitarvi, in sintonia con le intenzioni di Papa Francesco, ad abbracciare il vostro futuro con speranza e a vivere il presente con passione”.
Contagiosi per vocazione
Insieme con la gratitudine, è necessario ridare respiro e ali alla speranza, promuovendo ogni progetto di pastorale vocazionale. Le difficoltà del momento presente non possono distogliere il coraggio e l’entusiasmo nel proporre l’ideale della vita consacrata alle giovani e ai giovani del nostro tempo. Forse che il vangelo è diventato inafferrabile o impossibile quale modello di vita “perfetta”? Forse lo stile radicale di vita di Gesù Cristo non è più proponibile alla coscienza spirituale di tante creature di questo nostro difficile tempo?
Proporre è provocare, scandalizzare se necessario, cioè destabilizzare le illusioni e gli ingannevoli miraggi di felicità solitaria, individualista ed egoistica della cultura mondana e pagana. Se il nostro scoraggiamento ci allontana dal servizio vocazionale alle persone, non serve che ad assecondare e favorire il dominio dell’effimero, e a tradire il desiderio di vita piena, che Gesù chiama ”vita eterna”, alla quale ciascuno aspira.
La sublimità dell’amore di Cristo
Vivere la gioia della consacrazione richiede di ricentrare sempre nuovamente la propria vita su Cristo. E’ molto utile lasciarci istruire dall’insegnamento di san Paolo, il grande missionario scelto dal Signore per l’annuncio del vangelo alle genti: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore” (Fil 3,8). Egli ci condivide la personale esperienza della rivelazione di Gesù in lui. L’evento della via di Damasco gli fa scoprire il fatto di essere afferrato da Cristo Gesù in un modo straordinario. La luce di quel primo incontro si trasformerà nella sublimità della conoscenza di Cristo, e quindi nella radicalità dell’Amore. Il persecutore ferito si lascerà conquistare totalmente dall’amore di Cristo.
La concezione e la gestione della consacrazione, se resta carente di un contatto profondo e illuminato con la sua fonte primaria che è Gesù Cristo, è più esposta al rischio di manipolazioni, d’interpretazioni parziali e soggettive, di condizionamenti sul piano intellettuale e su quello affettivo. La vita consacrata se resta povera di intimità con il Signore è insidiata da dubbi, sfiducia, scoraggiamento, rifiuti, d’abbandoni formali o di fatto. Chiediamoci qual sia la qualità della nostra spirituale conoscenza di Gesù Cristo che viene dall’esperienza di fede, dall’Eucaristia, dalla riconciliazione, dalla preghiera personale e comunitaria. Meglio conosciamo il Signore e più siamo portati ad amarlo, a seguirlo, a fare quello che vuole. Ciascuno e ciascuna ama realmente solo ciò che conosce, e può conoscere profondamente solo ciò che ama con tutto il cuore.
Il vangelo di questa liturgia presenta la testimonianza del vecchio Simeone, uomo giusto che attendeva la redenzione di Israele. La vicenda spirituale di Simeone, il santo vegliardo del Tempio, traccia quattro elementi costitutivi della vita consacrata. Di lui si dice: mosso da spirito Santo, si recò al tempio, accolse il bambino tra le braccia, e infine benedisse Dio.
Mosso da Spirito Santo
La nostra personale storia vocazionale è stata provocata dallo Spirito, perché anche noi siamo stati “mossi dallo Spirito”. La nostra intuizione, grazie alla quale ci siamo messi in discernimento, è stata una mozione iniziale dello Spirito Santo. Lo Spirito ci orienta nel discernimento vocazionale all’interno della grande tradizione ecclesiale: ognuna e ognuno di voi è stato orientato dallo Spirito a riconoscere i tanti carismi suscitati dal Signore nella sua Chiesa, e a scegliere di vivere secondo un determinato stile di vita. Lo Spirito ha suscitato nella Chiesa il carisma che abbiamo incontrato e intorno al quale abbiamo coagulato felicemente la nostra risposta alla chiamata del Signore. La nostra scelta di vita è dunque squisitamente “carismatica”, perché segnata dalla grazia (karis-karisma) dello Spirito Santo il quale, muovendo il cuore e la mente, ha intrecciato le nostre intenzioni spirituali con il progetto divino. Vivere nella vita consacrata deve significare lasciarsi “muovere” costantemente ed esclusivamente dallo Spirito, e non da calcoli umani, tornaconti personali, accomodamenti mondani, logiche di carriera o di prestigio.
Si recò al Tempio
Lo Spirito ci conduce al Tempio, cioè ci apre al servizio della Chiesa. Abbiamo scritto nel Messaggio ai consacrati: “I vostri fondatori, suscitati dalla Spirito, in maniera diversa hanno risposto alla chiamata di Dio facendo rivivere la gioia e la forza del Vangelo nel loro tempo. Vi hanno lasciato in eredità un carisma, uno spirito con cui vivere la vostra vita nella Chiesa e nel mondo come discepoli di Gesù, testimoni del suo Vangelo, tra i poveri, i piccoli, gli uomini e le donne, senza distinzione, con larghezza di cuore”.
La vita consacrata traduce la tenerezza della Chiesa verso le fragilità umane. La maternità della Chiesa si rivela in modo visibile e tangibile nella premura paterna e materna del vostro apostolato.
“Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la ‘città sul monte’ che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù” (Lettera a tutti i consacrati, II,2).
Lo accolse tra le sue braccia
La consacrazione è servizio dei più poveri, è accoglienza tra le proprie braccia delle tante forme di povertà, di vita debole e indifesa, oltraggiata e abbandonata. L’apostolato della vita consacrata si esplicita nel servire Cristo abbracciando i fratelli più deboli. I poveri, ci ricorda spesso papa Francesco sono la carne di Gesù Cristo. “È questo che contraddistingue chi mette la propria vita nelle mani di Dio: uno sguardo aperto, libero, confortante, che non esclude nessuno, abbraccia e unisce” (Messaggio dei Vescovi italiani).
E benedisse Dio
La consacrazione è benedizione. La vostra vita consacrata raggiunge il suo compimento non nelle umane ricompense, ma nel rendimento della benedizione al Signore. La consacrazione deve tradursi in una lode di gloria a Dio, superando l’insidia della lagnanza triste e depressa, che sfilaccia il proprio equilibrio psicologico, affettivo e spirituale, e disgrega il tessuto della fraternità.
La nostra liturgia eucaristica sia il rendimento di grazie onesto, cordiale, comunitario, per le belle opere del Signore compiute nel passato della vostra vita consacrata, e celebri la certa speranza e fiducia nelle promesse di Dio che non abbandona mai quanti a Lui si affidano e a Lui consacrano tutti i loro sogni e progetti.
+ Gerardo Antonazzo