TUTTO PER LA GLORIA DI DIO 

Omelia per l’Ammissione di Francesco Vennitti

tra i candidati al diaconato permanente

Cassino-Parrocchia S. Antonio, 10 febbraio 2018

L’episodio presentato oggi dal vangelo di s. Marco è particolarmente commovente: Gesù accoglie e ascolta l’uomo malato di lebbra che gli viene incontro e lo supplica. Gesù non teme il contatto con l’impuro, ritenuto in grado di sporcarlo. Entrambi rompono le rigide regole della proibizione religiosa e dell’esclusione sociale. Secondo l’antica legge ebraica (cfr Lv 13-14), la lebbra era considerata non solo una malattia, ma la più grave forma di “impurità”. Era compito dei sacerdoti diagnosticarla. Il malato doveva essere allontanato dalla comunità e stare fuori dall’abitato, fino all’eventuale guarigione ben certificata dai sacerdoti. La lebbra costituiva una sorta di morte religiosa e civile.

La tenerezza di Cristo 

L’arrivo del lebbroso è inaspettato, e la sua presenza avrà seminato paura e scompiglio. Il suo mettersi in ginocchio commuove: grande è la sua speranza per ciò che Gesù potrà fare per lui. Tristemente consapevole della propria difficile condizione e noncurante dei pregiudizi della gente, l’uomo malato sente il bisogno di rinascere, di ricominciare una vita normale, di sperimentare una diversa condizione spirituale e sociale. Grida il suo desiderio di tornare ad essere una persona inserita nelle relazioni quotidiane. Gesù non riesce a trattenere la sua compassione (si commuove nelle viscere): supera la dittatura dei divieti, e pone la persona al centro. Si impietosisce per quello “scarto dell’umanità”, appartenente alla categoria sociale di poveri e degli esclusi. La compassione di Gesù si traduce in bontà immediata, determinata, concreta. Lo vediamo nei tre verbi del testo di san Marco:  “Tese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio…”.

Caro Francesco, oggi vieni ammesso tra i cadidati all’ordine del diaconato permanente  celibatario. Tra poco sarai chiamato per nome, farai un passo in avanti verso il Signore che ti chiama  a servire nella Chiesa. Con il tuo “Eccomi” ti impegni a stare alla presenza del Signore: ti disponi a rispondere a Lui con tutta la tua vita, per sempre. Con il tuo “sì” oggi esprimi la tua fiducia nell’opera di Dio che ti plasma suo servo con la potenza dello Spirito.  Alla presenza del Signore riemerge subito la nostra fragilità e indegnità che ci mette in ginocchio, come nella vocazione del profeta Isaia: “Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono” (Is 6,5). Oggi, ti consegni a Dio con il vivo desiderio di essere purificato.

Sii purificato 

La lebbra spirituale affligge tutti. La tradizione cristiana ha sempre visto un legame stretto tra la malattia della lebbra e il peccato, drammatica malattia dell’animo che separa da Dio e dai fratelli. Il re Davide, costretto dal profeta Natan ad ammettere la “lebbra” delle gravi colpe commesse, prega così: “Crea in me, o Dio, un cuore puro” (Sal 50,12). La lebbra è la malattia del cuore: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo” (Mc 7,20-23). Soffriamo di egoismo, di egolatria, di bramosia, di affetti morbosi e possessivi. Caro Francesco, invoca anche per te la purificazione del cuore e lasciati dire oggi dal Signore: “Lo vogliosii purificato!”. Lascia che sia lui a ripulire il tuo animo perché risuoni in te la dolcezza delle sue beatitudini: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5, 8). Il diaconato celibatario al quale aspiri richiederà da te la consacrazione e l’offerta al Signore di un amore puro e integro.

Tutto per la gloria di Dio

Oggi l’apostolo s. Paolo ti porge la regola più bella per verificare concretamente la purezza delle tue intenzioni e motivazioni: “Fate tutto per la gloria di Dio: Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, nè alla Chiesa di Dio” (1Cor 10,31. Evita, perciò, ogni forma di mondanità spirituale, che spinge a servirsi della Chiesa per i propri interessi, per l’affermazione di sé, per il predominio sugli altri, per un protagonismo asfissiante. Il diaconato permanente al quale ti orienti richiede la povertà del cuore, l’ espropriazione di sé, il primato della carità. L’apostolo Paolo descrive il suo servizio per il vangelo con queste sublimi parole: “Mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza” (1Cor 10,33). Per “piacere a tutti in tutto” l’apostolo dovrà imparare a “farsi tutto a tutti”: “Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti […]mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno” (1Cor 9, 19.22). Francesco, anche tu sarai “grande” non perchè comandi, ma perchè servirai: “Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10, 44). Ricordati che sei caro a Dio, sei amato da lui e scelto da lui, ma ricordati che sei soprattutto chiamato a servire.

La cotta e il grembiule 

Caro Francesco, nei giorni di preparazione alla tua Ammissione hai maturato alcune riflessioni che ti stanno molto a cuore, e che hai voluto confidare alla mia  custodia di padre. Oggi le riconsegno a te, perché tu ne faccia davvero tesoro. Tra qualche istante riceverai la benedizione del Signore, e sarai rivestito della cotta liturgica per il servizio all’altare. I più bisognosi siano al centro delle tue premure, dei tuoi sacrifici, delle tue occupazioni quotidiane, delle tue stesse sofferenze, anche fisiche. Non posso non consegnarti le parole dell’amato don Tonino Bello, mio educatore, maestro di vita sin dai miei primi anni nel Seminario minore: “La cosa più importante non è introdurre il grembiule nell’armadio dei paramenti, ma comprendere che la stola e il grembiule sono quasi il diritto e il rovescio di un unico simbolo sacerdotale. Anzi, meglio ancora, sono come l’altezza e la larghezza di un unico panno di servizio; il servizio reso a Dio e quello offerto al prossimo”.

Orientarsi al diaconato significa cominciare a familiarizzare con il grembiule del servizio, prima ancora di maneggiare la stola per la liturgia. Non dimenticare che, terminata la celebrazione liturgica, la cotta deve cedere il passo al “grembiule” per continuare il servizio ai più poveri. Vivi il tuo servizio ai poveri, perché a questo sei chiamato. I poveri sono i carcerati, i senza tetto, gli anziani privati degli affetti più cari, i migranti, le persone lontane da  Dio, i coniugi divisi e soli….Non c’è servizio all’altare che non si apra al servizio dei poveri. Impara a servire Dio nella preghiera, e a servire la comunità nella carità. Sarai chiamato ad annunciare Gesù, e quindi a servire, sempre consapevole che chi serve annuncia Gesù.

A Maria, la “seva del Signore” (cfr Lc 1, 38), presenta nella preghiera ogni giorno la tua sofferenza, le tue fatiche e le tue speranze. Ai Primi Vespri della Beata Vergine Maria di Lourdes affidati a lei perchè ti doni la sua forza nel correre ogni giorno verso la regione montuosa dell’indifferenza e della disperazione, per annunciare  il Magnificat della speranza.

                                                                         + Gerardo Antonazzo

 

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