Omelia Corpus Domini
Basilica Santuario Maria SS.ma di Canneto
18 Giugno 2017
La liturgia della Parola ripropone l’ideale del deserto, luogo privilegiato dell’ascolto, dove l’uomo comprende che la parola che esce dalla bocca di Dio nutre perché è cibo spirituale che sazia la fame di verità e di luce, rivela il mistero del volto di Dio, orienta il senso della vita dell’uomo, risponde al desiderio di infinito e di immortalità, annuncia il compimento di realtà nuove.
La Parola di Dio oggi annuncia la novità del pane e del vino: questi alimenti naturali, necessari per il sostentamento dell’uomo, Gesù li trasforma in sacramento del suo amore crocifisso, cibo che nutre e accresce la relazione del discepolo con il suo Signore: “Colui che mangia di me vivrà per me”. Durante il rito della Cena, Gesù consegna ai Dodici la sua stessa vita: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi; […] Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi” (Lc 22,20). Il dono della sua vita ci aiuta a vivere per Lui. Il sacramento dell’eucarestia trasmette il sublime amore nuziale di Cristo, perché celebra un patto nuovo, un’alleanza eterna, una relazione riconciliata dal perdono. E’ un invito per sempre e per tutti: “Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!” (Ap 19,9).
Dunque, partecipare all’eucarestia, andare a Messa, è come “andare a nozze” ogni domenica. Il medesimo amore nuziale viene celebrato anche dagli sposi nel sacramento del matrimonio: “Voi mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5,25). In questo tempo di profonda crisi della coppia e della famiglia, i credenti riconoscono una stagione di grazia, un’opportunità singolare per testimoniare la bella verità dell’amore nuziale e la felicità dell’essere uomo e dell’essere donna. Anche nell’anello di ogni sposa e di ogni sposo sta scritto: “Prendi, questo è il mio corpo”.
La coppia cristiana apprende le più belle qualità dell’amore, per progredire nell’alleanza nuziale, alla scuola del mistero eucaristico. San Paolo, nella seconda lettura, spiega: il calice della benedizione è comunione con il sangue di Cristo; il pane che noi spezziamo è comunione con il corpo di Cristo, sacrificato per amore sulla Croce. Dunque, ogni discepolo mentre comunica al calice e al pane, sposa la logica di quell’amore che fa della propria vita un’offerta generosa e totale, un dono d’amore celebrato nel segno della rinuncia, del sacrificio e del dono totale di sé. “Fare la comunione” durante la Messa è molto più del semplice, forse banale e distratto, accostarsi devozionale alla mensa eucaristica, spinti a volte da uno sterile pietismo che non “cristifica” la nostra esistenza: “Come Cristo ha offerto la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo per i fratelli offrire le nostre vite” (1 Gv 3, 16). Commenta sant’Agostino: “Su quella mensa c’è il corpo e il sangue di Cristo; chi si accosta a tale mensa, si appresti a ricambiare il dono che riceve; e cioè, come Cristo ha offerto la sua vita per noi, noi dobbiamo fare altrettanto” (Commento al vangelo di Giovanni, 47,2). Pertanto, “fare la comunione” impegna il credente in modo esigente: chi riceve questo dono è in esso trasformato, perché impara a vivere e ad amare secondo la logica e la forza del dono ricevuto. Afferma s. Paolo di se stesso: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio” (Gal 2,19-21).
Nel celebrare l’amore nuziale, l’uomo e la donna si ri-promettono di accogliere le esigenze e le caratteristiche della carità più grande, che “non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità” (1Cor 13,5-6). Dalla partecipazione domenicale all’Eucarestia ogni coppia rinnova la fedeltà del patto nuziale, patto indissolubile perché irreversibile. Come, infatti, il corpo eucaristico non diventerà mai più semplice pane, così nel sacramento del matrimonio il dono sincero e totale di sé non potrà essere revocato. L’irreversibilità del dono genera l’indissolubilità dell’amore. E’ per sempre! L’amore nell’atto di donarsi non ci appartiene più: esige solo la nostra continua risposta. Riuniti oggi in questa Basilica-Santuario, collocata ai piedi del massiccio del monte Meta, partecipi di un culto mariano millenario espresso in modo ininterrotto dai molti pellegrini che percorrono a piedi il Cammino di Canneto, affidiamo alla Vergine Bruna di Canneto, madre del bell’Amore, il nostro impegno di crescere nell’amore alla scuola del banchetto eucaristico del suo figlio, Gesù Cristo.