ABBIAMO CONTEMPLATO LA SUA GLORIA
Omelia per la celebrazione con gli IRC
Sora – Chiesa Cattedrale, 4 gennaio 2020
L’annuncio dell’apostolo Giovanni nel prologo del Vangelo proclamato oggi: “Noi abbiamo contemplato la sua gloria” (Gv 1, 14) racconta di una sua esperienza personale e intensa, confermata anche nel prologo della Prima Lettera: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo […], quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Gv 1,1-3). Anche ai pastori è riservata un’esperienza indimenticabile e da raccontare: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere … E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro […] I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro (Lc 2,15-20). Così anche i Magi: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono” (Mt 2,11). Il vedere e il contemplare parlano di uno sguardo capace di penetrare sempre più in profondità gli eventi, fino ad aprire il pensiero su qualcosa che suscita ammirazione, stupore, meraviglia. Così scrive Papa Francesco: “Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui …. A Dio che ci viene incontro nel Bambino Gesù, i pastori rispondono mettendosi in cammino verso di Lui, per un incontro di amore e di grato stupore …. I Magi insegnano che si può partire da molto lontano per raggiungere Cristo…assetati d’infinito (cfr Mt 2,1-12). Davanti al Re Bambino li pervade una gioia grande…non esitano a mettersi in ginocchio e ad adorarlo” (Lettera sul presepe Admirabile signum).
Nella preghiera iniziale della Colletta abbiamo chiesto al Signore: “… riempi della tua gloria il mondo intero, e rivélati al mondo intero nello splendore della tua verità”. La gloria è la rivelazione di Dio, è la manifestazione definitiva, piena, evidente e luminosa del mistero restato nascosto e di cui l’apostolo Paolo si dichiara annunciatore: “A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo” (Ef 3, 8-10). Anche la seconda lettura oggi fa riferimento alla rivelazione della gloria offerta alla conoscenza dell’uomo: “Continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui” (Ef 1, 15-18). L’apostolo conferma che la capacità di vedere e contemplare la rivelazione della gloria di Dio ci rende sapienti (“spirito di sapienza”), perché ci consente di “crescere nella profonda conoscenza di lui”.
Ai Magi non è bastato essere saggi; nell’incontro con la rivelazione di Cristo sono diventati sapienti della sapienza di Dio. I Magi camminano nel “contesto del cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte … Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre …” (Admirabile signum, 4).
Un insegnante di religione cattolica non può essere soltanto un uomo o una donna di cultura cristiana. L’erudizione cristiana può diventare patrimonio anche di un non credente, interessato a conoscere scritti e contenuti relativi alla storia del cristianesimo. L’insegnante di RC, da vero credente, deve piuttosto tendere alla sapienza cristiana, frutto dell’incontro tra la rivelazione divina e la conoscenza personale e contemplativa del Mistero di Cristo. Sì, proprio questo: l’insegnante di RC deve poter diventare e vivere da contemplativo del mistero, come i pastori, come i Magi, al fine di diventare una persona sapiente, e vivere con il sapore di Cristo nel cuore. La brama della sapienza cristiana deve illuminare e nutrire i rapporti tra “colleghi”. Penso a due antichi “insegnanti di religione”, così mi piace immaginarli, S. Basilio Magno e S. Gregorio Nazianzeno. Il loro mutuo affetto, stima e amicizia rivelano una relazione di straordinaria bellezza. Il comune interesse per la sapienza cristiana li rende capaci di andare oltre le dinamiche che si riscontrano non di rado nei rapporti di lavoro: rivalità, invidia, incomprensioni…. Gregorio scrive del suo rapporto speciale di amicizia con Basilio: “Ci guidava la stessa ansia di sapere, cosa fra tutte eccitatrice d’invidia; eppure fra noi nessuna invidia, si apprezzava invece l’emulazione. Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo […] E non ci si addebiti a presunzione se dico che eravamo l’uno all’altro norma e regola per distinguere il bene dal male. E mentre altri ricevono i loro titoli dai genitori, o se li procurano essi stessi dalle attività e imprese della loro vita, per noi invece era grande realtà e grande onore essere e chiamarci cristiani” (Discorso 43).
Il mio augurio che sia l’amore per la sapienza cristiana a migliorare la vostra vita, i vostri rapporti e il vostro servizio da docenti sapienti perché credenti.
Gerardo Antonazzo