Omelia per il Giubileo diocesano delle Confraternite

Stemma Finis Terrae Mons. Gerardo Antonazzo

La tua fede ti ha salvato!

 

Giubileo diocesano delle Confraternite

Dedicazione Chiesa Cattedrale, 9 ottobre 2016

“Lungo il cammino verso Gerusalemme”: con tale espressione l’autore ci ricorda che anche questa icona evangelica appartiene ai molti eventi che accadono durante il viaggio che Gesù compie verso Gerusalemme, dove porterà a compimento il mistero del suo amore crocifisso. Il suo cammino ha come obiettivo la rivelazione massima della misericordia di Dio Padre, resa visibile nel corpo martoriato di Gesù: “Ecco l’uomo!” (Gv 19,5), ecco il volto della misericordia!

Anche voi, confratelli e consorelle, vi siete messi in cammino verso la Porta santa, per mendicare dalla bontà del Signore la carezza della sua tenerezza di Padre. Celebriamo oggi il Giubileo diocesano delle Confraternite nella chiesa cattedrale, nella ricorrenza liturgica della sua Dedicazione. Essa è  “caput et mater omnium ecclesiarum”, cioè chiesa “capo e madre” di tutte le chiese della diocesi, in quanto in essa è posta la cattedra del Vescovo, segno del suo umile ministero fondante e primario di capo e servo nel guidare il popolo di Dio in nome di Cristo maestro e profeta, sommo sacerdote e buon pastore.

“Abbi pietà di noi”

La parola di Dio di questa domenica ci porge la categoria della “purificazione” per reinterpretare continuamente la vita cristiana nella dimensione personale, ecclesiale e istituzionale (come nel caso delle Confraternite). Dieci lebbrosi invocano la misericordia di Gesù, attirando la sua attenzione sulla malattia che li consuma con il grido supplichevole: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Conosciamo bene la pericolosità di questo male fisico, aggravato non solo dal pericolo della sua facile diffusione (si fermarono a distanza”), ma dalla credenza popolare che la riteneva prova di un intervento diretto di Dio per la punizione dei peccati della persona infettata. Pertanto, questa forma di malattia toccava drammaticamente la sfera fisica, sociale e spirituale.

Il riferimento alla lebbra ci riporta ad una questione seria, che riguarda in prima istanza il nostro stato personale di salute spirituale e morale. La lettera di s. Pietro ci ricorda che nel battesimo siamo stati rigenerati come pietre vive per la costruzione dell’edificio spirituale che è la comunità cristiana, tempio santo di Dio. Di conseguenza, sia la nostra vita personale deve conservare la santità battesimale, contro la profanazione spirituale del peccato in ogni sua forma e dimensione. Per tale ragione, l’apostolo rivolge un invito perentorio: “Allontanate ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza” (1Pt 2,1). La mente e il cuore, e di conseguenza le azioni quotidiane, possono essere infettate dalla lebbra delle tentazioni che dilaniano il tessuto spirituale e morale della vita cristiana: “Liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi” (Gc 1,21-23).

Come un edificio spirituale                                                                                                                 La questione della lebbra ci riporta anche alla comunità dei battezzati, definita dall’apostolo  Pietro “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio”. Questa chiesa cattedrale, di cui oggi celebriamo la solennità della sua consacrazione, richiama e rimanda alla “Chiesa una, santa, cattolica, apostolica” che è la nostra diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo. Le istanze di purificazione presentate dai dieci lebbrosi riguardano anche la nostra Chiesa diocesana, chiamata all’unità, alla santità, alla cattolicità e all’apostolicità. Ciò significa: quanto all’unità, è necessario purificare ogni dissidio, rancore, e maldicenza, insomma tutto ciò che incrina la comunione fraterna; quanto alla santità, la Chiesa “semper reformanda”, perché i membri della Chiesa sono sempre peccatori e hanno bisogno di conversione; quanto alla sua cattolicità, la nostra Chiesa è chiamata a superare ogni chiusura, a rischio di implosione, per diventare stabilmente comunità “in uscita”, per evangelizzare il territorio in uno stato permanente di missione; quando alla sua apostolicità, deve saper professare la fede pasquale fondata sulla testimonianza degli apostoli, in retta e diretta comunione con il proprio Vescovo, successore degli apostoli: “Quanti dunque si adoperano a edificare la Chiesa o che sono messi a capo della famiglia di Dio come mistagoghi, cioè come interpreti dei sacri misteri, sono sicuri di conseguire la salvezza. Ma lo sono anche coloro che provvedono al bene della propria anima, rendendosi roccia viva e spirituale” (Cirillo di Alessandria, Commento su Aggeo, cap. 14).

Purificare le tradizioni

I necessari processi di purificazione toccano anche le nostre istituzioni ecclesiastiche. Carissimi Confratelli e Consorelle, nel celebrare oggi il vostro Giubileo della misericordia, siete chiamati a porre in prima piano e a rilanciare le ragioni istituzionali della vostra vita cristiana aggregata, i valori ispiratori delle vostre tradizioni locali, raccordate con le grandi radici evangeliche per le quali la Chiesa ha riconosciuto la bontà di questa testimonianza cristiana espressa in forma associata. In particolare, tra le molte ragioni, desidero richiamare la difesa e diffusione della fede nella santissima Eucarestia, la devozione mariana, la devozione al Cuore di Cristo, l’istruzione catechistica, l’esercizio della carità a sostegno dei più bisognosi, l’assistenza spirituale agli ammalati, l’accoglienza dei poveri e dei forestieri…insomma tutte le opere di misericordia corporali e spirituali. Se sono ancora queste le ragioni per le quali oggi vivono le nostre Confraternite, allora dobbiamo riconoscere di aver bisogno di voi; se così non fosse, la vostra adesione non avrebbe ragione d’esistere. Anche tale istituzione ecclesiastica necessità di purificazione dalla lebbra di abitudini esteriori sclerotizzate, favorite anche dall’assenza di istruzione religiosa e di catechesi specifica, dall’insignificanza del vangelo della carità rispetto alle nuove forme di povertà che toccano il matrimonio, la famiglia, la condizione dei giovani, il problema del lavoro, l’emergenza dell’immigrazione.

Affidiamo al Signore queste riflessioni con la preghiera che abbiamo recitato all’inizio della celebrazione eucaristica: “Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché…non ci stanchiamo mai di operare il bene”.

+ Gerardo Antonazzo

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