Fate quello che vi dirà*
Omelia per il pellegrinaggio dell’Unitalsi
Lourdes, 25 aprile 2017
Il brano del quarto vangelo che narra delle “nozze di Cana” introduce una tema, anzi una dimensione che caratterizza la storia della rivelazione biblica, quella dell’amore nuziale di Dio per l’uomo. La Scrittura sacra apre con il cantico d’amore della prima coppia, Adamo ed Eva: “Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne” (Gen 2, 23), e si conclude con l’abbraccio nuziale tra lo Sposo-Agnello e Gerusalemme, fidanzata-Sposa dell’Agnello: “Vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,2). Il racconto di Cana segna un inizio importante dell’autorivelazione di Gesù: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù” (Gv 2,11).Tale “inizio” è preludio dell’autorivelazione di Gesù in tutto il quarto vangelo come testimonianza del suo amore, fino al sacrificio totale della vita. A Cana Gesù è presente come invitato insieme a Maria sua madre. Durante la festa Gesù, da invitato per una festa di nozze, diventa protagonista di un evento prodigioso, la trasformazione dell’acqua divenuta vino buono, sino alla fine.
Il banchetto di Cana è prefigurazione del banchetto nuziale per eccellenza consumato da Gesù nel Cenacolo con i Dodici. Questo banchetto è il compimento dell’amore nuziale di Cristo per noi, preparazione al banchetto escatologico rivelato nell’Apocalisse. La trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana prepara le molte trasformazioni con le quali Gesù ci rende partecipi alla pienezza del suo amore nel banchetto eucaristico: “Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello” (Ap 19,9). Peccato che nella celebrazione liturgica la stessa beatitudine annunciata ai presenti perda il riferimento nuziale.
La prima trasformazione che ritroviamo nel banchetto eucaristico riguarda la persona di Gesù: non più invitato ma Sposo, pronto a dimostrare tutta la sua passione nel duplice senso di sofferenza e di amore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici “ (Gv 15,13).
Un’altra trasformazione riguarda il pane e il vino. Gesù, lo Sposo, prende del pane e lo spezza, ma in quel gesto spezza la sua vita, è Lui che “si spezza”, si fa in quattro! E’ lui che si dona in quel pane spezzato per noi. È la sua vita che viene spezzata, Luisi lascia spezzare, perché si lascia schiacciare e macinare dall’Amore. E trasforma quel pane nel Corpo donato.
E ancora prende del vino. A Cana ha trasformato l’acqua in vino, ma nel Cenacolo fa un’altra trasformazione più importante ancora. Il vino lo trasforma nel suo sangue: questo è molto di più! È amore ancora più grande, è ancora più dono, è ancora più offerta di sé in quel vino versato, sparso, donato. E’ il sangue versato sulla Croce.
Questo amore nel segno del pane che è il corpo sacrificato, e del vino che è il sangue versato, parla di un’altra importante trasformazione: quella del dolore umano. Un dolore amato, non un dolore sopportato, o subito, quale maledizione che invoca il fine vita di un suicidio assistito. È un dolore abbracciato, amato, voluto, che invoca salvezza e dona grazia. Un dolore, che viene trasformato da maledizione in grazia. È il mistero più grande, è la trasformazione più bella che Gesù ci ha lasciato.
*Testo trascritto da registrazione
E solo di noi cristiani saper dire questa parola buona sul dolore, sperando di saperlo anche vivere. Nessun altro comprende questo grande mistero quanto la fede del discepolo sotto la Croce, come Maria e Giovanni. Ma è di questo che abbiamo bisogno, di questa trasformazione che porta alla trasfigurazione del dolore nella gloria della Croce di Cristo sempre necessaria per la salvezza del mondo.
E immaginiamo che Maria, che nella prima lettura abbiamo incontrato presente nel Cenacolo in preghiera con gli apostoli, sia stata presente non solo alle nozze di Cana, ma anche nella Cena che Gesù fa con gli apostoli, la sera nella quale compie tutte queste trasformazioni, queste trasfigurazioni. Se Maria fosse stata presente (forse sì, forse no, non importa in questo caso il dato storico) a cosa avrebbe pensato vedendo Gesù, il Figlio, fare tutte queste trasformazioni e dopo aver ascoltato il suo comando “Fate questo in memoria di me”? Dopo aver ascoltato il comando di Gesù, sono certo che Maria avrebbe ripreso sulle sua bocca lo stesso invito pronunciato a Cana: “Fate tutto quello che Egli vi dirà”. E noi lo facciamo, non per ripetere, ma per partecipare al suo amore nuziale, dal quale imparare a vivere il suo modo di amare.
Carissimi ammalati, cari fratelli e sorelle, anche in questa celebrazione eucaristica ai piedi di Maria nella grotta di Lourdes, ci sentiamo dire dalla Madre di Gesù: “Fate tutto quello che egli vi dirà”. Imitiamo Gesù maestro e modello di amore vero e autentico: o si ama dando la vita o non si ama, non ci sono alternative, non ci sono mezze misure. Ecco l’Amore nuziale di Gesù al quale Lui stesso ci invita, dichiarandoci “Beati”. È l’amore nuziale di ogni vescovo, di tutti voi presbiteri e diaconi, è l’amore nuziale di ogni sposo e di ogni sposa, di tante coppie, dei genitori che sono qui presenti, dei bambini dell’oncologico del Gemelli e di tanti altri bambini presenti. È l’amore nuziale di tutti voi carissimi volontari, impegnati ad amare così, partecipi nel rito e nella vita di questa liturgia di nozze, impegnati a far diventare vita quello che si riceve da questo grande banchetto.
+ Gerardo Antonazzo