A Nazaret la santità è di casa
Omelia per la conclusione della Peregrinatio
della Madonna di Fatima
Pontecorvo-Concattedrale, 1 giugno 2018
Nella ricorrenza del primo centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima abbiamo desiderato celebrare una speciale Peregrinatio mariana diocesana presentando alla venerazione dei fedeli una delle due statue originali, opera del medesimo artista portoghese: una delle quali è venerata a Fatima presso la cappella delle apparizioni, mentre l’altra è custodita nella chiesa concattedrale di Pontecorvo per merito del card. Benedetto Aloisi Masella. La peregrinatio è stata ispirata dal desiderio di intensificare l’evangelizzazione della famiglia: “La presenza spirituale della Madonna porterà un beneficio di luce, di grazia e di benedizione materna su tutte le nostre famiglie. La riscoperta del suo amore nella vita reale e quotidiana potrà consolare, guarire, incoraggiare, convertire. Sarà motivo di fiducia e di speranza. Per questo, il pellegrinaggio della statua vuole favorire il cammino di Maria tra le famiglie e per le famiglie, perché si lascino rigenerare e fortificare dal suo amore lì dove vivono, lavorano, sbagliano, gioiscono e soffrono” (Lettera di indizione, 1° maggio2017).
Santa tra i santi
L’accoglienza della Madonna di Fatima ha coinvolto ogni comunità, in particolare le contrade e le periferie: una visita di Maria famiglia per famiglia. Ciò non può che consolarci. Allo stesso tempo ci provoca una fondata constatazione: quando la Chiesa si mette in cammino, in uscita!, la gente le corre incontro! E il popolo di Dio ha dimostrato ancora una volta la sua straordinaria e incontenibile gioia nel fiutare la bellezza della santità di Maria. Nell’Esortazione Gaudete et exultate Papa Francesco scrive: “Maria ha vissuto come nessun altro le Beatitudini di Gesù. Ella è colei che trasaliva di gioia alla presenza di Dio, colei che conservava tutto nel suo cuore e che si è lasciata attraversare dalla spada. È la santa tra i santi, la più benedetta, colei che ci mostra la via della santità e ci accompagna. Lei non accetta che quando cadiamo rimaniamo a terra e a volte ci porta in braccio senza giudicarci. Conversare con lei ci consola, ci libera e ci santifica” (n. 176).
Nella liturgia che stiamo celebrando Maria è esaltata come “tempio santo” (Messale mariano, 23): sotto l’immagine del “tempio” si celebra la maternità divina della beata Vergine. Maria è chiamata “santuario”, “preparato con arte ineffabile da Dio per il suo Figlio (cfr. Colletta). “Di questo tempio della tua gloria…la Vergine Maria è divenuta l’attuazione esemplare nel mistero dell’incarnazione” (Prefazio). I vangeli sviluppano i tratti peculiari della santità di questo “tempio”: Maria ha custodito la parola di Dio nel cuore (cfr. Lc 2, 19.51), ha amato in maniera mirabile Cristo e ha obbedito fedelmente alla sua parola divenendo dimora del Padre e del Figlio secondo la promessa fatta da Gesù nel Cenacolo ad ogni discepolo (cfr. Gv 14,23).
La “santa” casa
A Nazareth la santità è di casa. Tempio santo non è solo Maria, ma l’intera casa di Nazareth. Quella di Nazareth è una santità familiare: è la santità di Giuseppe, è la santità della sua relazione con Maria, è la santità del loro rapporto di genitori con il Figlio di Dio, il Santo. Con l’aggettivo “giusto” riferito a san Giuseppe, l’evangelista “santifica” il silenzio, il dubbio, i tormenti nella notte, le veglie, i sogni, l’ascolto, l’obbedienza, la fede in Dio e la fiducia in Maria.
Quale profilo di santità la famiglia di Nazareth può offrire alla vita reale delle nostre famiglie? Quale impronta di santità Maria e Giuseppe possono imprimere nell’amore coniugale e nelle relazioni familiari? La famiglia di Nazareth ci consegna un profilo di santità come cultura, cioè come cura della vita ordinaria, e non solo come pie pratiche devozionali, o esercizio di azioni cultuali. Certo, sarebbe presuntuoso pretendere di “imitare” la famiglia di Nazareth, però dobbiamo “ispirarci” ad essa, per cogliere i tratti di una vita familiare quotidiana orientata in senso cristiano. Ogni famiglia è “tempio” della presenza di Dio, soprattutto quando l’amore è consacrato dal sacramento nuziale. Anche nelle nostre famiglie la santità deve essere di casa! “Santa casa” deve diventare ogni famiglia!
La profanazione del tempio
Non di rado, purtroppo, la condizione di tante famiglie è paragonabile a quella del tempio di Gerusalemme. Nell’arco della storia biblica, esso è stato ripetutamente devastato e profanato. Il popolo di Israele lo ha ricostruito, purificato, riconsacrato. Anche la famiglia, nell’attuale contesto storico e culturale, è devastata, profanata, dissacrata, con evidenti tentativi di demolizione della sua identità naturale, di eliminazione di ogni elemento di legittimità negli ordinamenti legislativi, di cancellazione di ogni traccia di riconoscimento del suo indispensabile ruolo sociale. Alla Chiesa compete oggi più che mai un’opera di ricostruzione e di ri-consacrazione di questo tempio santo! La devastazione della famiglia oggi è dovuta ad alcune cause dettagliatamente indicate da papa Francesco in Amoris laetitia, quali: il cambiamento antropologico caratterizzato soprattutto da un individualismo esasperato che finisce con il considerare ogni componente della famiglia un’isola; il dominio di una sotto-cultura del possesso e del godimento senza limiti senza freni e ostacoli, con le conseguenti dinamiche di insofferenza e di aggressività; la dittatura del relativismo morale, con il cedimento alla pratica dell’aborto e dell’eutanasia; le colonizzazioni ideologiche delle grandi e decisive questioni etiche; l’orfananza affettiva e la solitudine educativa delle nuove generazioni; il dramma delle molte dipendenze quali la piaga della droga, dell’alcolismo, del gioco.
La sacralità della famiglia
Carissimi, domandiamoci su quali elementi di forza è possibile oggi ricostruire la sacralità della famiglia. Papa Francesco ci chiede di valorizzare nei percorsi del bene della coppia e della famiglia sia le proprietà naturali del matrimonio sia la forza del sacramento: “Risulta particolarmente opportuno comprendere in chiave cristocentrica le proprietà naturali del matrimonio, che costituiscono il bene dei coniugi, che comprende l’unità, l’apertura alla vita, la fedeltà e l’indissolubilità, e all’interno del matrimonio cristiano anche l’aiuto reciproco nel cammino verso una più piena amicizia con il Signore” (Amoris laetitia, n. 77). In particolare, dobbiamo educare le famiglie all’amicizia con il Signore, far crescere la preghiera di coppia e la preghiera della famiglia intorno all’ascolto della Parola di Dio e alla recita del s. Rosario meditato e incarnato nei riquadri della vita quotidiana, attrarre alla partecipazione all’eucarestia domenicale, sacramento del nuovo patto nuziale, incoraggiare l’educazione affettiva, proporre la lettura dei testi del magistero, favorire la conoscenza della vita dei testimoni della fede, il servizio ai poveri e la cura del silenzio. Alla scuola della santità della casa di Nazareth “comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo […] in primo luogo essa ci insegna il silenzio […]per essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri” (Paolo VI, Discorso a Nazaret, 5 gennaio 1964).
Affidiamo la salvezza della famiglia nelle mani e nel cuore immacolato della Vergine di Fatima.
+ Gerardo Antonazzo