UN’ATLETA CORONATA DI STELLE
Omelia per la solennità di Maria Assunta in cielo
15 agosto 2021
Domenica scorsa in Giappone si è chiuso il sipario dei giochi olimpici. Oggi si apre il sipario del cielo con la Vergine Maria che lo attraversa gloriosa, proclamata da Dio un’atleta superiore ad ogni altra creatura. Lo sport è stato l’elemento ricorrente che ci ha accompagnato in questa estate della ripartenza. Non di rado dire “sport” è dover ammettere un ambiente dentro il quale si apre un universo complesso, fatto di veri splendori, di abbagli illusori e di abissi di tenebra. E di molte contraddizioni, conflitti, interessi, solitudini, rivalità e discordie. Senza dubbio, anche di vittorie gratificanti. Le moltissime discipline sportive praticate nei giochi olimpici dovrebbero tradurre e rispondere ai significati espressi dal motto che ne accompagna lo svolgimento, e che quest’anno è stato arricchito di un avverbio in più, communis (insieme). Il presidente del CIO, Thomas Bachil, lo ha voluto aggiungere per sottolineare il valore di solidarietà che nello sport deve sempre prevalere, ispirato all’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco: Più veloce, più in alto, più forte, insieme.
La metafora dello sport è molto cara alla letteratura biblica: “Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato” (1Cor 9, 24-27). “Se ciascuno di noi percepisse il messaggio che deriva dalle scelte e dal successo di Gianmarco Tamberi e di Marcell Jacobs, si vedrebbe coinvolto in un impegno spasmodico e determinato nel cercare di salire-saltare e di correre coi piedi per terra, mentre abita i propri contesti, culturali, sociali, politici ed ecclesiali” (G. Lorizio).
Il riferimento alle discipline sportive e ai relativi strepitosi successi ottenuti dai due campioni olimpici ci aiuta a meglio comprendere la vita della Vergine Assunta e a fare festa per il suo trionfo nel cielo. Se nello sport parliamo di “discipline”, è perché ogni gara richiede allenamento continuo, sacrifici, fatica, fallimenti, coraggio. L’allenamento sistematico, ordinato, disciplinato contrariamente a quanto si crede superficialmente non castra l’inventività e l’immaginazione, ma le potenzia perché, con la propria routine, consente di stare concentrati sul proprio focus esistenziale e cerchiamo di dedicare il nostro tempo a ciò che ci sta a cuore. Le immagini di Tokyo contengono la lezione di quell’allenamento che è necessario per tutto, dal lavoro allo studio, dall’amore alla vita spirituale. Maria si è rivelata un’atleta impareggiabile, essendosi allenata da sempre nella palestra delle migliori virtù, nella casa di Nazareth.
La storia pienamente umana e profondamente spirituale di Maria ci parla di una Donna esperta innanzitutto nel salto in alto, perfettamente riuscito nel Sì dell’Annunciazione: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). In questo salto molto in alto, complesso, difficile, rischioso, Maria investe le sue migliori virtù: fiducia in Dio, obbedienza, abbandono, umiltà, riconoscenza, discernimento della volontà di Dio, risposta ferma e decisa al Suo progetto. Maria insegna i giusti movimenti del santo in alto, ci dà qualche dritta per imparare a compiere il bellissimo gesto di portare il corpo a farsi arcobaleno, capace di farsi arco che supera il filo dell’impossibile. Per poi atterrare sul soffice palmo della mano di Dio.
Nondimeno, Maria è anche un’atleta che sa correre con i piedi per terra, sollecitata da una grande compassione per i bisogni degli altri. Modello di puro e autentico servizio per gli altri, “Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa … Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1-39-40). Dante coglie la prontezza della premura con cui Maria è sollecita verso ogni bisogno e invocazione: “La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre”. Non la spregiudicatezza del prestigio, ma la fecondità nascosta del servizio è sempre stata la forza che ha velocizzato il cammino di Maria. Maria insegna a “dare gambe alla vita imparando le accelerazioni… quelle che danno quel tocco in più di passione e che mettono in moto processi di generatività e di creatività, processi di entusiasmo e di felicità… che non rallentano la voglia di arrivare al traguardo dove un abbraccio attende di essere afferrato” (G. De Marco). È la sollecitudine della carità che fa muovere in fretta i passi del suo cuore materno. Se oggi la devozione secolare del popolo di Dio celebra con speciale sentimento religioso la Vergine Assunta è perché la riconosce come una straordinaria atleta che ha meritato di vincere, senza ombra di doping, ricolma solo della potenza interiore dello Spirito.
Quando Maria si reca dalla cugina Elisabetta, la soglia di quella casa si rivela come un vero e proprio podio, molto alto. Nell’accogliere con gioia Maria, Elisabetta la indica ufficialmente vincitrice. Maria è stupita, sorpresa, mentre l’anziana cugina, madre di Giovanni Battista, proclama i meriti e i motivi della schiacciante vittoria: Benedetta tu fra le donne … Beata colei che ha creduto. E come accade per ogni vittoria olimpica, non può mancare l’esecuzione di un Inno. È Maria stessa ad intonare il canto che esalta il successo ottenuto, riconoscendo in Dio il suo grande allenatore e mental coach: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata…”. Maria è testimone e maestra di ogni virtù che la qualifica e la pone in una posizione privilegiata come vera donna, vera madre, vera discepola del Signore. Lo riconosce anche Dante nella Preghiera alla Vergine: “In te misericordia, in te pietate /in te magnificenza, /in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate”.
Oggi Maria è attesa dagli angeli nel suo rientro in patria, nel Paradiso. Sono pronte per Lei Dodici stelle, molto più preziose e luccicanti di dodici medaglie d’oro, a testimonianza perenne di un successo impareggiabile: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle (Ap 12,1). Gli angeli e i santi l’hanno attesa nel Cielo, nel suo ritorno a casa; mentre i credenti e l’intera creazione la invocano nel loro faticoso e sofferto pellegrinaggio. Nella Donna glorificata, Dio rivela il termine felice di ogni travaglio umano: l’umanità sofferente, sempre ferita dalla gravità del peccato, sarà finalmente felice, libera “dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8, 21). Oggi esultiamo e insieme cantiamo le nostre lodi per Colei che ci ha preceduti nella gloria finale ed ha aperto anche per noi il traguardo del Cielo. È una gioia per i credenti contemplare nella Vergine glorificata non solo la speranza nel traguardo futuro, ma la presenza continua e materna di Colei che resta guida sicura per “i fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata” (LG 62).
+ Gerardo Antonazzo