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Intervento del vescovo Gerardo Antonazzo nella Giornata per la Custodia del creato 2022

Ascoltiamo la voce del pane
Vicalvi, Convento S. Francesco, 25 settembre 2022
Intervento del Vescovo

 

Messaggio CEI: “«Prese il pane, rese grazie» (Lc 22,19) per la 17a Giornata per la Custodia del Creato.

Congresso Eucaristico Nazionale«Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale»

Ascoltiamo la voce del pane, per ascoltare il canto grido della creazione, che oggi si fa più spesso grido, come anche la voce e il grido dei poveri. In un solo frammento si concentra la voce unanime dell’intero cosmo. Il pane è sintesi dell’intero creato: Dio, l’Uomo, il Giardino (inteso come Casa Comune): “La creazione di Dio, il dinamismo della natura, il lavoro di tanta gente: chi semina, coltiva e raccoglie, chi predispone i sistemi di irrigazione, chi estrae il sale, chi impasta e inforna, chi distribuisce. In quel frammento c’è la terra” (CEI, Messaggio per la Custodia del creato 2022).

“Benedetto sei tu, Signore”: il pane “frutto della terra e del lavoro dell’uomo” racchiude in sé l’affanno, la fatica, la speranza dell’uomo. Celebrando la Messa, al momento della presentazione del pane e del vino benediciamo il Signore “Dio dell’universo”. Perché un’invocazione così solenne? “Perché nell’umile ci si rivela il sublime” (A. Schökel). Presentiamo il dono del pane che, nella sua esiguità, è compendio di molteplici, immensi doni. Ancora l’autore citato: “Abbiamo dato forma rotonda e colore bianco a questo pane, come per significare nella rotondità la totalità, la pienezza, la perfezione, e nel colore bianco la sintesi di tutti i colori”. In quanto “frutto della terra” esprime il grazie dell’uomo all’intero universo. “Benedetto sei tu, Signore”: nel pane è presente la terra, terra madre e feconda, che alimenta i suoi figli con la fertilità.

Per milioni di anni il Creatore l’hai preparata perchè fosse dimora degna dei suoi figli, capace di sfamare ogni creatura. Il pane è frutto non solo della terra con le sue forze fisiche e chimiche, con la sua silenziosa attività nascosta, ma anche della pioggia e dell’aria, del cielo e del sole. Il pane è frutto della luce, catturata e concentrata all’interno del pane, mentre si riflette sulla sua superficie bianca. Per esso la terra deve ruotare, avvicinandosi e allontanandosi in giusta misura dal sole, lievemente inclinata nella sua orbita, per dare alternanza esatta e ritmica alle stagioni, “perché dia il seme al seminatore e il pane da mangiare” (Is 55,10).

 

Ascoltiamo la voce del pane, perché nel frammento del pane è racchiusa la voce, anzi il grido di speranza e di dolore del mondo. Il pane è un elemento naturale semplice e intrigante, capace di rivelare tutte le contraddizioni e contrapposizioni sociali. Pensiamo alle drammatiche conseguenze della “guerra del grano”, provocata dalla crisi Russia-Ucraina. Il pane diventa uno strumento di ricatto, fino a minacciare la sopravvivenza di milioni di persone. La negazione del pane è l’anti-genesi dell’umano perché tradisce il dovere etico della solidarietà, della giustizia sociale, della fraternità umana. Il linguaggio del pane parla delle molte ingiustizie ed egoismi, getta luce sulle molte povertà, rimuove il velo dell’omertà e dei silenzi sulla miseria alla quale l’egoismo dei pochi condanna milioni di persone. L’ingordigia di chi ha pane a sazietà chiude il cuore a chi vive la precarietà della giornata e resta in attesa del pane condiviso.

Se Gesù ricorda che: “I poveri li avrete sempre con voi” (Mc 14,7), è perché la nostra avidità e bramosia non smetterà mai di escludere i più deboli e di creare sempre nuove povertà, perché “aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nella terra” (Is 5,8). Ci aggrappiamo ai beni posseduti, anche a quelli spirituali, chiudendoci nelle nostre sicurezze: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-21).

Ascoltiamo la voce del pane: il segno del pane porta con sé l’istanza della gratitudine per ciò che si riceve in dono, e della gratuità con cui si deve si condividere con gli altri. Il pane per sua natura è fatto per essere “spezzato”; il pane è dentro la parola “compagno”, cum-panis, perché accomuna nel cammino coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze. Il pane merita di essere mangiato degnamente solo se lo facciamo insieme agli altri, non senza di loro.

 

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