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2 Settembre 2024 – Commento al Vangelo

Lunedì – 28ª settimana del Tempo ordinario (Lc 4,16-30)

Parola del giorno: “… lo condussero fin sul ciglio del monte, … per gettarlo giù.”

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

 

Ogni essere umano si costruisce un castello
di certezze personali in cui si trincera e si sente al sicuro.
Per uscire da tale zona di confort
ci vuole un coraggio che non sempre si ha,
ogni scossone mette in moto una reazione di difesa.
Non si vuole sentire chi mette in dubbio le certezze,
ogni parola avversa dà fastidio e si cerca
di allontanarsi da chi la pronuncia.
Non ci possiamo fare illusioni,
non siamo migliori di quegli israeliti
che volevano uccidere Gesù.
Se il “fastidio” è pubblico,
non potendo arrivare all’eliminazione fisica,
quale mezzo migliore che non lo screditare
chi si comporta diversamente da come vorremmo?
E non è uccidere, questo?