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Unicas per l’Ucraina

Nell’Aula Magna Messa per la pace

Commovente testimonianza di una mamma scampata alla guerra

 

Quella che si è svolta giovedì 10 marzo a Cassino nell’Aula Magna dell’Università non è stata una cerimonia qualunque, ufficiale perché doverosa, ma il pulsare di un solo cuore, un medesimo sentire, il bisogno comune di sentirsi fratelli. Erano presenti, nell’aula diventata chiesa, allestita per la Messa, il Rettore Marco dell’Isola e molti docenti, tutti in toga, studenti, personale amministrativo, due famiglie ucraine ospiti, una rappresentanza del Coro S. Giovanni Battista col M° Fulvio Venditti. A celebrare l’Eucarestia, il Vescovo Gerardo Antonazzo con Don Benedetto Minchella, cappellano universitario. Si voleva manifestare solidarietà al popolo ucraino e invocare il Dio della pace “perché ci aiuti a spegnere ogni focolaio di guerra”. La pace di Dio, ha detto il Vescovo, è la pace di Gesù risorto, una pace che parla il linguaggio universale dell’amore, che genera in modo stabile una fraternità riconciliata e guarita e se la pace viene dalla croce, è anche impegno alla nostra responsabilità. L’università c’è, c’è la città di Cassino, siamo tutti qui come per costituire un “laboratorio della pace”, in cui tutti vogliamo sentirci impegnati. La fiducia nella pace si fa innanzitutto preghiera, ma la vera preghiera si traduce in impegno: la ragione umana deve cercare di elaborare le ragioni della pace. La guerra è irrazionale follia e fa paura. Non basta dichiararsi pacifisti, è necessario diventare pacificatori, non restando indifferenti davanti alle ingiustizie; e non basta essere preoccupati, ma occuparci di tutto ciò che può favorire il dono della pace. Ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo, a cominciare dalle relazioni quotidiane.

La fraternità richiede l’uscita da sé stessi per andare incontro all’altro, per quanto diverso. La domanda di Dio a Caino “Dov’è tuo fratello?”, domanda esistenziale, la rivolge a ognuno di noi, chiedendoci conto dei nostri rapporti con gli altri, che non sono estranei, ma fratelli in umanità. La “regola d’oro” che Gesù ci ha consegnato è: “Tutto quello che vorreste fosse fatto a voi, fatelo agli altri”, la regola più laica, e il Vescovo ha citato tutte le espressioni religiose antiche, otto o nove, ognuna delle quali contiene questa stessa frase. Non esistono ragioni all’uso delle armi contro gli altri. La guerra è sempre una sconfitta. Solo la bontà della fraternità vince sempre, con la forza disarmante dell’amore. Cassino c’è, noi ci siamo, ci sono tante persone di buona volontà capaci, ed è questa la nostra forza, di far rinascere la speranza e con essa la pace, desiderata e costruita ogni giorno di più.

Belle e intense anche le intenzioni nella preghiera dei fedeli, che si sono unite ai pensieri espressi dal Vescovo. Poi Don Benedetto ha annunciato un momento molto significativo e commovente: una mamma ucraina, ospite insieme ad altri della parrocchia di S. Antonio, ha dato la sua testimonianza, emozionata e determinata: parlava in lingua ucraina e uno studente leggeva la traduzione italiana un pezzo alla volta. In silenzio e con un’attenzione commossa e partecipe l’assemblea ha seguito ogni parola con cui la giovane ha raccontato come, da una vita tranquilla, agiata e sicura, a cui non mancava nulla per essere felici, all’improvviso il 24 febbraio la guerra ha mutilato e infranto sogni e progetti: le sirene, il frastuono, la confusione, l’incredulità, la paura. La guerra era entrata nelle loro vite insidiosamente, vilmente e improvvisamente, impossibile da descrivere con le parole. “Non vorrei che nessuno provasse quello che abbiamo provato noi”. Guerra: paura, rabbia, malattia, movimento caotico e confuso per cui si diviene incapaci di formulare pensieri razionali. “Lì abbiamo lasciato tutto e anche le nostre anime, noi stessi. Dio sia con noi”. Noi mamme, ha continuato, abbiamo naturalmente la capacità di partorire ed essere madri. Noi viviamo per proteggere i nostri figli e questo è un diritto. Mi fa male sapere che siamo vittime di ingiustizia ma credo che ci sia sempre un’altra possibilità di salvezza. Non è colpa mia e non è merito mio se ci siamo salvati e siamo sopravvissuti, Dio ci ha aiutato e ci ha dato la possibilità di separarci dalla insensatezza e crudeltà della guerra. Così dovrebbe essere. Ha parlato dei bambini che muoiono e del dolore per ogni centimetro della sua terra distrutta, così bella, così buona. Un pensiero ai familiari rimasti in Ucraina e il non sapere se si rivedranno. “Non ci giudicate, non abbiamo lasciato il paese a nostro piacimento, non ci siamo arresi, non abbiamo tradito, abbiamo solo salvato i nostri figli e nonostante ciò ancora mi dispiace. Eravamo ucraini lo siamo e lo saremo. La guerra finirà, torneremo a casa e i nostri figli cresceranno e ricostruiranno lo Stato. Così sarà. Dio è con noi”. Poi ha voluto ringraziare tutti: “per la vostra compassione, comprensione, aiuto, per la vostra ospitalità, per i vostri sinceri volti sorridenti, la vostra gentilezza. Grazie dal profondo del cuore. Una volta che la vittoria tornerà nella mia terra, torneremo a casa e allora diremo: venite voi, venite tutti in Ucraina da noi, faremo insieme il pane, ci incontreremo e ne faremo una tradizione, nella pace e per la pace e saremo contenti, spensierati. Dio, prenditi cura dell’Ucraina, dell’Italia, di tutto il mondo”.

Dopo queste toccanti parole, passate dal cuore ucraino al cuore italiano, un altro momento particolarmente significativo: il gruppetto di ucraini, accompagnato all’organo dal M° Venditti, ha cantato un passo dell’Inno nazionale ucraino, mentre tutti i presenti in piedi e con la mano sul cuore, avevano i lucciconi agli occhi. A questo punto, le parole del Sindaco Enzo Salera, del Rettore Marco Dell’Isola e del Prof. Scaleti hanno ancora accresciuto la commozione generale, concordi nel dire che Cassino, Città Martire della seconda guerra mondiale, non può tacere, ma deve gridare la pace e fare di tutto per sostenere il popolo ucraino, in nome della solidarietà fraterna che ci lega sempre più. La compagine universitaria, una vera comunità.

Adriana Letta