Entusiasta e massiccia la partecipazione dei fedeli nel pellegrinaggio diocesano. Per il vescovo Antonazzo, la pace è nel dialogo e nella fraternità, le vere armi della diplomazia
Domenica scorsa, 27 marzo, la Basilica minore pontificia di Santa Maria di Canneto è stata la meta del pellegrinaggio diocesano della pace, scelta dal vescovo Gerardo Antonazzo per compiere l’atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore immacolato di Maria. Ai piedi della Vergine bruna di Canneto si è implorato da Dio il dono della pace.
Nel Santuario, alla presenza di oltre 400 persone – compresi anche i membri delle Aggregazioni ecclesiali, delle Compagnie di pellegrini dell’Abruzzo, del Lazio, del Molise e della Campania, delle Associazioni di volontariato e di tutte le forze sociali e civili del territorio – il pastore diocesano ha celebrato, insieme con altri sacerdoti, l’Eucaristia della quarta domenica di Quaresima in “laetare”, un giorno di gioia per i credenti e per l’umanità, chiamati ad estendere il tenero abbraccio di riconciliazione offerto da Dio per imparare nel perdono la pace. Nella sua omelia, Antonazzo, commentando la parabola del figlio prodigo, ha messo in rilievo come la misericordia incondizionata del Padre resti disattesa da entrambi i figli, fermi in una “guerra fredda” irrisolta. «Non sarà mai la diplomazia dei ricatti e degli interessi dei più forti a portare pace» – ha continuato il Vescovo – «bensì la diplomazia del cuore, della fraternità, della tenerezza, del dialogo, dell’abbraccio tra fratelli diversi, mai nemici. Questa è la pace che Gesù promette: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14,27)».
È seguita infine la testimonianza del prete greco-ortodosso padre Michael Ahares, accolto con la sua famiglia, in diocesi, nella casa canonica di Villa Latina. Il prete e psicologo, ha raccontato delle varie vicissitudini tra Ucraina e Romania, successive al suo rifiuto di servizio militare, prima di raggiungere l’Italia con la moglie Maria e i suoi tre figli. Nelle sue parole l’eco del rumore delle armi e il pianto dei suoi bambini, tramortiti dal boato delle bombe, dalle sirene d’allarme e di coprifuoco.
Andrea Pantone