Giovedì scorso, abbiamo incontrato nella chiesa di S. Lorenzo due mamme ucraine con i loro bambini. Il cuore era pronto a ricevere l’ennesimo colpo duro della guerra. Don Alfredo stava ancora celebrando Messa quando abbiamo sentito i passi svelti di una meravigliosa bimba bionda: Nina, sette anni. Curiosa osserva le statue votive ma davanti a Gesù si inginocchia, fa il segno della Croce e prega: piccoli gesti che racchiudono fede, umanità, sofferenza. Il suo non era un gesto di passaggio di un rito memorizzato, era un dialogo col Signore, una richiesta muta che ci ha emozionato.
Come Nina, anche Anastasia, Lev e Lisa, che non si conoscevano ma sembravano amici da sempre, hanno visto l’orrore e lo portano dentro. Ora cercano di normalizzare questa tragedia, andando avanti. Anastasia e Lev studiano in Dad ed è davvero una benedizione il potere di Internet in questi casi, Lisa ha tre anni, meravigliosa nel suo vestitino di velluto, corre in chiesa, manifestando la forza e il coraggio della sua infanzia.
Negli occhi delle mamme la paura si mescola alla gratitudine e alla speranza. Vittoria e Irina, sole, senza i loro compagni, aspettano che tutto finisca, che la loro casa lì in Ucraina sia ancora intatta e che possano rientrare presto. Tutto attende una risoluzione, la loro patria, la loro vita.
La drammaticità della fuga ci ha dato i brividi: Irina ha viaggiato di notte in auto, con un’amica e i bambini, per trovare una frontiera aperta. L’auto ha avuto problemi, si sono perse. Hanno subito un attacco. Irina ha guidato con la testa abbassata per evitare i colpi dei fucili. Queste cose che vediamo nei film, loro le hanno vissute davvero. Nel viaggio un giovane le ha seguite: poteva essere russo, un nemico, ma si sono fidate, era un angelo, ha capito cosa cercavano e le ha accompagnate alla frontiera più vicina.
Vittoria non avrebbe mai lasciato la sua casa, le notizie di un attacco russo sembravano esagerate, poi dalla scuola l’avviso delle maestre “siamo entrati in guerra, non portate i bambini”. Di colpo era tutto vero: i bombardamenti, la distruzione, la paura. Bisognava mettere in salvo i bambini. Hanno avuto problemi con i passaporti. Gli aeroporti sono stati i primi luoghi distrutti. Li aspettava un lungo viaggio, in autobus, verso la salvezza, con il dolore nel cuore.
Un profugo di guerra non sceglie di lasciare la sua patria, è costretto. Negli occhi la disperazione, non sa cosa troverà al ritorno, porta con sé solo il suo valore più grande: i figli. Ci si sente piccoli e inutili davanti a tragedie come queste, solo lacrime che scorrono.
Dalla comunità una domanda: come possiamo aiutare? La grande dignità di queste mamme in un’unica risposta “Grazie Italia”; noi siamo fortunati ad essere qui con voi, aiutate i nostri fratelli che stanno per arrivare. Irina con la piccola Nina è qui dalla sua mamma Larissa, che ha fatto da interprete. Suor Silva e le consorelle dell’Istituto del Divin Salvatore di Porrino, attraverso la Caritas, hanno deciso di aprire il cuore e le porte per accogliere e donare amore a Vittoria e ai suoi tre figli. Ribadisce che la guerra non ha un senso, ma avere queste persone in casa ha portato una luce perché con sé non hanno nulla, solo una valigia, ma ricca di valori belli, solidi, come gratitudine, umiltà, gentilezza, rispetto, buona educazione… Anche i bambini sembrano aver compreso e restano in attesa che la vita torni a splendere. Sentiamoci cristiani, mettiamoci in ascolto, le emozioni che proviamo, rendiamole utili. Al termine in chiesa, come un urlo di libertà risuonano le parole di Nina al microfono: Grazie, Italia! Viva Ucraina!
Carmen Sipnello