VEGLIA DI PENTECOSTE, 3 GIUGNO 2022
Appunti per la Meditazione
- E’ sempre suggestivo il riferimento dell’apostolo Paolo al corpo umano. Metafora espressiva della vita reale del nostro essere Chiesa di Cristo, popolo santo fedele di Dio. La lettura continua e completa del cap. 12 della Prima Corinzi ci mostra come Paolo passa dal paragone “Come il corpo è uno solo e ha molte membra…” alla identificazione con il corpo: “Voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra”.
- La vera sfida del cammino sinodale: RIPENSARE IL NOSTRO ESSERE CHIESA come “mistero” divino (progetto/dono trinitario) e come “ministero”, cioè servizio (compito/ “responsabilità”. Infatti, da una parte
- la Chiesa è “mistero” perché dono, grazia, progetto che Dio trinitario per la costruzione del Regno; tale mistero prende concretezza, “carne”, a partire dall’evento del battesimo. Infatti, esso è innesto sacramentale nella vita divina di Cristo, vera Vite, e incorporazione reale di ogni membro al Corpo di Cristo. Questa è opera di Dio, non è opera/decisione umana. Dall’altra parte
- la Chiesa è “ministero”, cioè un “dover essere”, compito e responsabilità di ogni battezzato nel vivere/edificare la comunione con il Cristo-guida-capo e con tutte le altre membra del corpo di Cristo. Dire Chiesa, vivere come corpo significa condividere in modo incondizionato e senza pregiudizi una sorta di “concretezza relazionale”. Il contrario della relazione incondizionata dà origine ad una “setta”, genera settarismo, una chiusura che esclude e assolutizza le proprie ideologie, si chiude in una forma di autoreferenzialità. Dunque, fare “comunione” è lasciarsi contaminare dalla presenza degli altri: non esiste la Chiesa dei perfetti o dei puri! Il termine koinonia/comunione proviene da koinos che significa “impuro” (Pitta): ciò che è considerato da una regola religiosa come molto sporco e, come tale, bandito dai luoghi sacri.
- E’ in questo ampio orizzonte che si comprende come la Chiesa è un soggetto comunionale convocato e inviato dal Signore: non è un soggetto uniforme e amorfo. È – secondo la nota metafora paolina, derivata precisamente dal contesto eucaristico – un Corpo dalle molte e diverse membra, la cui radicale uguaglianza deriva dal fatto che ciascuna delle membra di questo Corpo ha la sua stessa dignità e capacità filiale (conferita dal battesimo) di fronte a Dio e di fronte ai fratelli e alle sorelle; e la cui diversità è frutto del dono di Cristo e del suo Spirito con l’attivazione, attraverso diversi carismi e ministeri, di diverse competenze e funzioni: tutti e tutto solo per il bene comune e a servizio della sua promozione.
Di qui, anche, il compito di chi, in seno all’assemblea del Popolo di Dio – e non fuori o al di sopra di esso –, è chiamato e capacitato da una grazia specifica – conferita sacramentalmente – a esercitare il ministero della guida, non imperativa ma comunionale (P. Coda).
- La sintesi di tutto questo ce la offre Cipriano di Cartagine, nel terzo secolo. Egli invitava al rispetto della natura comunionale specifica della Chiesa con un triplice “nihil sine”: «niente senza il vescovo, niente senza il consiglio dei presbiteri, niente senza il consenso del popolo» (14,4). Dove s’infrange questa logica del “nihil sine”, s’infrange l’identità specifica della comunione e della missione della Chiesa. I tre “nihil sine” promuovono un esercizio di comunione ordinata e di esigente discernimento e orientamento comunitario quale espressione di obbedienza alla grazia di Cristo. Il banco di prova dell’accrescimento della sinodalità come reale modus vivendi et operandi, cioè stile e metodo dell’agire della Chiesa, sarà il proseguimento del cammino sinodale della Chiesa italiana, e quindi anche della nostra Chiesa diocesana.
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