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“Declericarizzare” l’immagine del pastore perché ognuno abbia cura dell’altro

Il vescovo Antonazzo a San Giovanni Vecchio per la festa del benedettino San Diodato

Il vescovo Gerardo Antonazzo a San Giovanni Vecchio, frazione di San Vincenzo Valle Roveto, per la festa patronale dedicata a San Diodato, frate benedettino le cui spoglie sono conservate proprio nella chiesa del piccolo borgo rovetano.

Commentando le letture del giorno, il vescovo ha indicato due immagini riconducibili a San Diodato, ma che si estendono anche a tutti i cristiani di oggi. La prima è quella della “sentinella” che ascolta il Signore e riferisce poi la sua volontà per la salvezza del suo popolo. La seconda immagine è quella del “pastore” che vigila e custodisce il gregge. Ancora una volta, quindi, un simbolo di impegno e attenzione, perché se il pastore si distrae le pecore a lui affidate si perdono. Il buon pastore, invece, è simbolo di presenza, responsabilità e premura per coloro che gli sono stati affidati da Dio, ovvero l’intera umanità. «Queste due immagini» ha commentato Antonazzo «dicono la medesima verità: Gesù è il figlio di Dio mandato dal Padre per salvare il gregge, per sacrificare la sua vita per noi, il suo popolo, per gli uomini e le donne di ieri e di oggi. Gesù muore per tutti e per sempre».

Antonazzo ha poi fatto riferimento al termine “ascoltare” indicando come San Diodato insegni a vivere un’esistenza consacrata a Dio. Anche la regola di San Benedetto, di cui il santo venerato in Valle Roveto è stato successore, inizia proprio con questo verbo. L’ascolto è poi obbedienza in una tradizione spirituale intensa che arriva fino ai nostri giorni: dal profeta Ezechiele nell’Antico Testamento e Gesù nel Vangelo, passando per la testimonianza di San Diodato fino al cammino intrapreso dalla Chiesa italiana. Il messaggio, ha ribadito il vescovo, resta lo stesso: essere in grado di mettersi in ascolto del Signore, perché chi non ascolta Dio non sa ascoltare i fratelli e, inoltre, chi non impara ad ascoltare Dio non può imparare a farsi ascoltare dagli altri. Un’indicazione rivolta non solo a sacerdoti e consacrati, ma che riguarda ogni battezzato che, con questo sacramento, è divenuto profeta. «È con il battesimo» ha aggiunto Antonazzo «che siamo consacrati come profeti e resi capaci di ascoltare Dio e parlare in suo nome. Tutti quindi siamo pastori, come genitori, educatori, e va quindi declericarizzata questa immagine che altrimenti diventa solo un appannaggio esclusivo dei preti». Allo stesso tempo, però, ha ammonito il presule, è necessario che questo compito sia svolto con responsabilità, sacrificio, dedizione e competenza.

Ognuno di noi, come Ezechiele e come Gesù, è chiamato a prendersi cura delle persone che il Signore ci affida. Non è una professione, ma una missione che significa amare, impegnare il cuore, dare il meglio di sé. San Diodato ci mostra questa capacità: ascoltare Dio per imparare, nel suo nome, come prenderci cura delle persone, fino a sacrificarci per loro. Diodato, attraverso l’ascolto di Dio, ha capito la sua responsabilità di pastore e di padre che dà la vita per il suo gregge.

Foto Mauro Facchini e Benedetto Di Pietro