Al Liceo Scientifico “Pellecchia” di Cassino il poeta Davide Rondoni incontra gli studenti sul Paradiso di Dante
Come può un testo poetico di 700 anni fa risultare ancora interessante ai nostri studenti? E poi, più in generale, può la poesia stessa esercitare un fascino sull’uomo di oggi? A che serve la poesia in un mondo apparentemente dominato dalla tecnologia? Queste le grandi questioni poste al centro del bellissimo e vivace incontro tra uno dei massimi poeti contemporanei, Davide Rondoni, e gli studenti frequentanti l’ultimo anno del Liceo Scientifico “Pellecchia” di Cassino, convegno dal titolo “Il Paradiso di Dante”, organizzato dal Dipartimento di Lettere del Liceo. Nel suo saluto introduttivo il Prof. Salvatore Salzillo, Dirigente Scolastico, ha manifestato la sua soddisfazione per l’alto livello culturale dell’iniziativa e la presenza di un protagonista della scena letteraria che riprende finalmente, dopo l’interruzione dovuta alla pandemia, una lunga serie di incontri con illustri ospiti nel nostro Liceo.
Dopo una essenziale presentazione bio-bibliografica del poeta ed un’esposizione del tema dell’incontro ad opera del Prof. Roberto Ceccarelli, Rondoni ha iniziato il suo intervento con una duplice premessa. Innanzitutto, ha chiarito che la poesia, l’arte in generale, non è un’attività riservata ad un certo tipo di persone, ma un fenomeno esclusivamente umano, antropologico, coessenziale alla natura umana e, per questo, di tutti. L’arte entra nel mondo con l’uomo stesso e non è un’invenzione capitata ad un certo punto della storia. Gli uomini hanno sempre fatto arte e non è possibile sradicare dall’uomo questa sua attitudine come invece ogni potere che vuole dominare l’uomo tenta di fare. Inoltre, secondo Rondoni, è necessario chiarire che la poesia non è appena un’espressione dell’io, come di solito si dice un po’ banalmente, quanto un modo con cui l’uomo conosce la realtà del mondo “soprannominandola” e spingendosi oltre le parole solite nel tentativo, sempre imperfetto, di dare un nome a quello che ci attrae della realtà, quel quid misterioso che ci affascina. Facendo arte, l’uomo accede ad un livello simbolico, analogico, dell’esperienza, e attraversa la realtà cercandone il senso ultimo.
Detto questo, è forse più facile capire che cosa Dante volesse realizzare scrivendo la Commedia. Del resto, lo dichiara lui stesso quando, nella Vita Nova, scrive: io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna. Dante scrive la Commedia per mettere a fuoco la sua vita a partire dal momento in cui si era imbattuto in Beatrice e comprendere meglio tutto quello di cui aveva fatto esperienza, i fatti, gli uomini, le opere della cultura, le storie come quella di Paolo e Francesca. Se non si comprende questo, continua Rondoni, Dante risulta noioso e lontano dalla vita, soprattutto ad un giovane, ridotto a un erudito che si è impegnato a scrivere una summa di tutto il sapere dell’epoca.
Infine, Rondoni legge e commenta l’Inno alla Vergine che apre l’ultimo canto della Commedia. In esso, Dante rinomina per l’ultima volta Beatrice e ce la mostra felice, nella compagnia dei Beati, mentre prega per lui e per il suo compimento. Ancora una volta Beatrice compie un gesto per lui, per la sua felicità e Dante, in quell’ultima visione, la stringe con gli occhi del cuore. Questo è l’amore perfetto, dice Rondoni, che non si riduce a possesso ma si realizza nel dono reciproco per l’eternità.
All’intervento del poeta, è seguito un ricco dialogo con gli studenti che, provocati da quanto udito, hanno reagito ponendo domande molto personali e spontanee sugli argomenti più disparati (l’amore, lo studio, il futuro, la propria realizzazione e il talento, etc) a dimostrazione, come ripetuto più volte da Rondoni, che la “poesia mette a fuoco la vita”.