Il vescovo Antonazzo a Sora per la celebrazione che apre il cammino penitenziale della Quaresima
Si è aperta con la statio per la processione penitenziale nella chiesa sorana di San Francesco la celebrazione per il Mercoledì delle Ceneri del vescovo Gerardo Antonazzo. Una processione che a qualcuno, ha ironizzato il presule all’inizio della sua omelia, sarebbe potuta sembrare una sorta di prosecuzione delle sfilate in maschera che hanno animato le strade cittadine nei giorni del carnevale. Dai coriandoli alle ceneri, quindi, ma non come dicotomia, bensì con un filo di continuità che lega due dimensioni della vita connotate dallo stesso bisogno: la gioia.
«Le ceneri» ha spiegato infatti il vescovo nel corso della messa celebrata nella chiesa di Santa Restituta «non sono un segno di tristezza, ma di speranza e dunque di gioia. Se la gioia mondana, però, può sporcare il cuore in quanto anticamera dei vizi e dei cedimenti, creando nebbia e solitudine, la gioia liturgica si nutre di speranza e ci rivela ciò che le ceneri diventeranno: un traguardo, la ricomposizione di una nuova creatura. Si rinasce dalle ceneri come uomini nuovi».
Il presule ha poi spiegato come nella liturgia penitenziale delle Ceneri riecheggi deciso l’invito per un reale cambiamento di rotta che riconduca verso Dio. Un ritorno che, però, non ha alcun significato se non contempla un concreto impegno del cuore. «Dio è sempre pronto a ricredersi, a passare dalla delusione alla misericordia» ha chiarito «a condizione che l’uomo decida di cambiare interiormente e non in apparenza». Fare ritorno al Padre serve a guarire il proprio cuore “avvelenato” dai vizi e umiliato dal male attraverso un duplice “intervento”, perché se la decisione del ritorno spetta all’uomo, è solo la grazia di Dio a operare la vera guarigione del cuore. E se una conversione non riguarda il cuore ogni cambiamento non sarà altro che illusorio.
«Lui lo guarirà» ha aggiunto Antonazzo «se ci lasciamo rovistare dentro, rivoltare come un calzino, scrutare in ogni anfratto, anche il più segreto e nascosto, fino a lasciarci strapazzare, se necessario. “Circoncidere il cuore” significa resecare la durezza interiore che impedisce di obbedire a Dio e di fidarci di lui». Nelle sacre scritture è proprio il cuore a essere inteso come centro decisionale degli esseri umani, nel bene e nel male. In questo secondo caso, durezza e cattiveria vengono curati dalla parola risanatrice del perdono frutto dell’“albero della croce”. «Il cammino penitenziale della quaresima, affidato alla forza della parola e alla grazia della tenerezza di Gesù crocifisso, ci permetterà di celebrare la Pasqua “non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità”». Nei cuori di coloro che sono in grado di discernere, abita la sapienza che permette di riconoscere accuratamente ciò che è gradito a Dio da ciò che va invece smaltito, come un “rifiuto speciale” altamente inquinante e nocivo per la salute dell’anima.
«È il Signore a metterci in guardia sul rifiuto tossico del cuore: l’ipocrisia. Questa inquina perché rende il cuore doppio e le labbra false. Ipocrita è un termine che viene dal mondo dello spettacolo, e prendendo spunto dal ruolo esercitato con l’uso della maschera, significa apparenza, inganno, finzione, comportamento non schietto, non sincero». Un tema molto caro a Pirandello che mette in guardia il suo lettore con la celebre frase “imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. «Gesù raccomanda il segreto del cuore» ha indicato ancora Antonazzo «l’intimo, l’interiorità, la parte più nascosta di sé che però diventa quella più importante e incisiva». Un ultimo riferimento, poi, al cammino sinodale e alla necessità di un ascolto sincero e non ipocrita, di un parlare deciso: «La sinodalità viene edificata nell’ascolto vissuto in autenticità, fuori da ogni doppiezza e menzogna, ma in sincerità e verità, con spirito di carità e di servizio». «Che il Signore ci consenta di camminare nella gioia e nella speranza» l’augurio conclusivo del vescovo per il percorso quaresimale «con la purificazione del cuore che le ceneri esprimono, non solo in questo singolo momento, ma nell’intero cammino».
Maria Caterina De Blasis