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«Il prete testimonia la Chiesa che vive per il mondo»

Danilo Messore, ordinando prete sabato 7 ottobre 2023,
racconta come ha scoperto la sua vocazione al sacerdozio

 

Il diacono transenute don Danilo Messore domenica prossima sarà consacrato prete dal vescovo Antonazzo, che finora ha servito nelle celebrazioni in Diocesi. Abbiamo conversato di vocazione e di identità presbiterale. Ecco cosa ha risposto.

Come hai scoperto la tua vocazione?

A 13 anni, nel mese di agosto, mi trovavo in chiesa per servire la Messa e, dopo la comunione, mentre pregavo, dentro di me sentivo la forte richiesta di seguire il Signore e di servirlo: un po’ come l’episodio biblico del piccolo Samuele in 1 Sam 3,1-21. Terminata la celebrazione, sono andato a casa e sono rimasto con quel pensiero per alcuni giorni, poi ho chiesto a don Gabriele Popa, che era il parroco di Vallemaio, spiegazioni sulla vocazione sacerdotale e, ricevuti tutti i chiarimenti, accettai di partecipare al ritiro spirituale a Canneto insieme agli altri seminaristi e ragazzi in discernimento per capire meglio la mia vocazione.

Hai incontrato figure sacerdotali importanti? Che posto hanno avuto nella tua vita?

Oltre don Gabriele, sacerdote che mi ha trasmesso l’amore e la donazione al Signore, don Luigi D’Elia, discreto e molto dedito alla preghiera e alla riflessione: mi ascoltava e aiutava a fare chiarezza nel discernimento nei primi passi. Poi ci sono stati don Alessandro Rea, che nei momenti difficili mi ha sempre ascoltato e mi ha insegnato cosa vuol dire essere un sacerdote discreto e stare vicino alle persone; don Antonio Molle e don Marcello Hoca, due figure sacerdotali a me molto care, perché, durante il periodo della mia formazione e preparazione al sacerdozio, specie nei momenti difficili, mi hanno sempre accolto ed accompagnato. Non per ultimo, il vescovo Gerardo: con la sua spiritualità, la sua paternità, sempre disponibile ad aiutarmi a migliorare, ha lasciato un segno profondo nella mia conformazione e preparazione.

Cosa significa per te essere prete oggi?

Essere prete per me significa stare vicino alle persone che vivono nelle paure e nelle incertezze; gioire della loro vita ed esserci per loro: nell’ascoltarli, nell’aiutarli perché non siano soli, in quanto Cristo si è fatto vicino, è nelle nostre storie. Significa celebrare l’Eucarestia con loro e per loro. Stare vicino ai malati. Parlare ai giovani e testimoniare che la Chiesa non è fuori dal mondo, come loro pensano, ma vive nel mondo e per il bene del mondo. La Chiesa, tramite ogni battezzato sta lì per loro, non giudica ma è attenta alle loro esigenze, anzi indica una via di Vita e li aspetta a braccia aperte.

Andrea Pantone