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Omelie

Ultima la notte (Omelia per la Messa esequiale di Gabriele Pescosolido)

ULTIMA LA NOTTE
Omelia per la Messa esequiale di Gabriele Pescosolido
Sora-Chiesa Cattedrale, 3 dicembre 2023

La liturgia dell’Avvento ci consegna il verbo che dona un senso profondo alla vita umana, e in particolare alla cura dell’esperienza cristiana: vegliare. Nella rivelazione biblica il primo a vegliare è Dio. Si presenta come colui che veglia sul creato, sulla vita, sulla storia, sui beni promessi, sulla felicità dell’uomo, sulla morte:
Non si addormenterà, non prenderà sonno, il custode d’Israele.
Il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre Il Signore ti proteggerà da ogni male, egli proteggerà la tua vita.
Il Signore veglierà su di te,
quando esci e quando entri,
da ora e per sempre (cfr. Sal 120).

Nel vangelo Gesù chiede insistentemente ai suoi discepoli di vegliare. Vegliare è custodire, avere cura, è amare, accogliere, rispondere, attendere. Tutta la vita è un’attesa, dal nascere al morire.

Gabriele ha vegliato sulla Città
Ha amato la Città, si è preso cura e ha preso a cuore la vita della Città. Ha fatto sua una delle beatitudini insegnate da Gesù: Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. La sete di giustizia sociale è diventata militanza politica e poi attività amministrativa. Impegnato nelle questioni sociali, ha partecipato in modo convinto, coerente e operoso alla costruzione della polis. La Città gli apparteneva, e lui sentiva di appartenere alla Città. Non si è mai sottratto alla responsabilità civica e civile della cittadinanza attiva.

Gabriele ha vegliato sulla Chiesa
Ha cercato il dialogo con la comunità cristiana, soprattutto nel rapporto con i Vescovi in Città. In particolare, mons. Lorenzo Chiarinelli è stato per Gabriele un riferimento sempre più esplicito e luminoso nella ricerca di una fede dialogata e ragionata. Una Lettera aperta con cui Gabriele provocava la sensibilità pastorale del Vescovo, e la relativa risposta di mons. Chiarinelli fu l’inizio di un sodalizio culturale di arduo confronto, di onesto ascolto, di docile assenso alla verità fino alla riscoperta della bellezza e unicità della fede cristiana, che Gabriele ha vissuto con un’esemplare interiorità e ragionevolezza.

Gabriele ha vegliato sulla parola
L’ultima raccolta di poesie, che sarà pubblicata ormai postuma, porta come titolo “Parole”. Gabriele è stato un artista della parola, forgiata nella sua espressione più nobile qual è la poesia. La sua poesia rivela un cuore che ama la parola, ama attraverso la parola, e dice parole sensate, impregnate di amore. E’ una parola “liberatrice”, perché il poeta si espone alla persona amata, all’amico, al conoscente affidato, al compagno di strada. La sua poesia è stata una sorta di
libertà di amare e di appartenere, libertà di servire con la propria vita di uomo libero alla liberazione degli altri. La poesia gli ha consegnato la possibilità di essere e di amare, senza altro limite che l’amare stesso. La parola ama quanti l’amano, nel pieno assenso alla sua forza; e ispira quanti ne colgono il sussurro, come di una brezza leggera, nell’ascolto di un silenzio fine. Il poeta Gabriele ha obbedito alla parola, mai padrone ma uditore, ne ha colto la sua spinta sorgiva. La poesia è stata amore della parola: parola amata, accarezzata, coccolata, libera per chi la pronuncia e per quanti la ricevono. Gabriele era innamorato della parola, ne subiva il fascino, non poteva sottrarsi alla sua dirompenza. Gabriele vegliava la
parola: ne restava in attesa! Le sue, sono parole-carezza che toccano l’animo, parole-finestra che favoriscono un’amicizia; a tratti scuotono, fanno breccia, ma senza provocare danni; parole-magiche, perché sono uniche, chiave giusta e personalissima per qualcuno; parole-cura, quando feriscono è per aiutare a guarire.

Gabriele ha vegliato sulla sua famiglia
Ha amato la sua famiglia, Patrizia Giulia Lorenzo, di un amore sacrale, di un
rispetto religioso, con toni di laica sacralità, come di una preziosità inviolabile. Ha vegliato sui figli offrendo loro parole audaci e nude, principi non negoziabili e valori irrinunciabili, in una relazione educativa vellutata, di tutto rispetto. Al solo pronunciare il nome dei figli una commozione discreta, intrisa di compiacimento, accompagnava le mosse del suo volto. Era fiero della sua famiglia, quanto i figli del loro papà.

Gabriele ha vegliato sulla sua morte
Lo sapeva, ne era già convinto da tempo, il tempo per lui si era fatto breve. Ultimamente, era ansioso di raccogliere tutti i suoi scritti per la cui pubblicazione “a raffica” aveva chiesto e ottenuto la sponsorizzazione di diversi amici. Cercava disperatamente l’autore per la prefazione alla raccolta delle poesie pubblicate ogni anno in prossimità del Natale e per le quali ho curato ogni volta l’Invito alla Lettura. E questo per dieci anni. Ero riuscito a contattare l’ex direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio, il quale aveva accettato l’invito. Il 30 novembre scorso avevo scritto: “Caro direttore, spero di trovarti in ottima salute, in terra ‘lontana’. L’autore della raccolta di poesie, Gabriele Pescosolido, per la quale hai gentilmente promesso un testo di Presentazione mi chiede un riscontro. Lo chiedo anch’io, soprattutto per un motivo serio: l’autore è in una fase di malattia molto avanzata; mi preme molto assicurargli la pubblicazione …prima che sia troppo tardi… (e spero di sbagliarmi in questo mio timore). Ti chiedo umilmente scusa…un caro abbraccio”.

Gabriele sapeva del suo ultimo tratto di strada. Non ne abbiamo mai parlato, per pudore amicale l’uno per l’altro. Poco tempo fa mi ha affidato un suo testo inedito, la cui conclusione recita:

Leggo e mi rileggo stupito / ancora c’è chi cerca di contattarmi / da me conoscere le ragioni che a queste parole collaterali stanno / come effetti di una solitudine terapica / di silenzio affranco il mio stato con gratitudine / immensa incontenibile / condivisibile prospettiva salvifica relativa / boccone amaro da chiudere in una busta /destinazione ultima la notte.

Ultima la notte!

Così Gabriele ha voluto consegnarmi la sua pacificazione con la morte. In modo discreto mi ha dichiarato la prossimità della sua ultima notte, consapevole di poter continuare a vivere nella poesia di Dio.

+ Gerardo Antonazzo

Il prof. Luigi Gulia ha consegnato un ricordo di Gabriele, amico in comune per avvincenti intrecci culturali tra noi tre:

GABRIELE,
rimane incompiuto il tuo Canto di poesia pensato come un’utopia corale di dieci, cento, mille senza lasciare nessuno fuori dal gioco. Incompiuto, perché il Canto si prolunghi nel mistero.

Tuo l’incipit:
La tempesta
ha risolto

che io continuai:
e lasciato il segno di un nuovo inizio

e il vescovo Gerardo aggiunse:
la quiete farà il resto.

A seguire il canto di compagni di strada: dieci, cento, mille che continueranno il corteo di sentimenti e di impegno da te avviato, all’aperto o al riparo

A cosa è servito
ti domandavi quarant’anni fa. Me lo hai ripetuto il 23 ottobre, poco più di un mese fa:
A cosa è servito
vestirsi di abiti nuovi
A cosa è servito
dilatare il futuro all’infinito
A cosa è servito
iniziare a cantare…
A cosa è servito
se a niente è servito

È servito, Gabriele.
Serve a continuare il canto che ora tu intoni, per tutti noi, nella luce piena del Sole.
Luigi