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“Roba dell’altro mondo” – Omelia del vescovo Gerardo per il Natale

ROBA DELL’ALTRO MONDO!

Omelia per la Solennità del Natale
25 dicembre 2023

 

“Uscite di sicurezza bloccate, siamo/ interminabile ansia nel palinsesto mediatico / in compagnia di esseri sconosciuti / Coscienza in continua espansione, stella / che non si arrende, luce che non si disperde / sentimento d’amore… siamo e resteremo” (G. Pescosolido).

Cari amici,

i pochi versi di una poesia a me cara (Dei sentimenti) introducono alla meditazione sul mistero del Natale, celebrato e vissuto con il sapore intenso dell’amicizia e con il gradevole retrogusto della pace: sentimento d’amore… siamo e resteremo. Dio viene a “salvare” ogni nostro sentimento d’amore dal drammatico naufragio e dal devastante nubifragio della storia, segnata da questo terribile e drammatico tempo di guerre e di disordini internazionali. La paventata “terza guerra mondiale a pezzi” sta restituendo, di ora in ora, un’umanità ridotta a pezzi, frantumata dall’odio e dal risentimento. In una situazione così complessa, imbastita di intrecci e intrighi dal forte impatto emotivo, inestricabili, a causa dei quali uscite di sicurezza bloccate, siamo.

Sulle ali della Parola

Nella rivelazione biblica, di cui la Parola è testimonianza vissuta e narrata, Dio prende l’iniziativa per agire in tempo di crisi. La crisi del primo dei chiamati, Abramo, padre di Israele, si risolve nelle promesse di benedizioni: “Disse Abramo: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli…Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Il Signore lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza» (cfr. Gen 15). L’intero excursus biblico è un book fotografico della famiglia umana, le cui vicende alternano continuamente crisi di pianto e profezie di speranza. Il grido di dolore che nasce da errori e fallimenti incrocia sempre una parola creatrice di salvezza: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele (Es 3,7-8). E’ stato sempre così, e sempre così Dio continuerà ad agire. Con il Natale del Figlio, Dio pone il sigillo della sua fedeltà assoluta all’amicizia per l’uomo, unica e irrevocabile via d’uscita: “Così dice il Signore, che ha creato i cieli, egli, il Dio che ha plasmato e fatto la terra l’ha plasmata perché fosse abitata: «Io sono il Signore, non ce n’è altri. Fuori di me non c’è altro dio; un dio giusto e salvatore non c’è all’infuori di me. Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra, perché io sono Dio, non ce n’è altri (cfr. Is 45, 18-22). Nel tempo che resta fino alla fine della storia, non ci potrà essere alcuna ragione contraria che impedisca a Dio di rimanere fedele al suo agire in favore dell’uomo. Tale certezza, se da una parte incoraggia l’impegno per il bene e per il benessere dell’umanità, dall’altra demolisce i falsi messianismi di chi promette paradisi inesistenti e inganna e tradisce le attese dei creduloni.

La carezza di Dio

Gesto insolito, il Natale: “Colui che dà ad altri la ricchezza si fa povero. Chiede in elemosina la mia natura umana perché io diventi ricco della sua natura divina. E colui che è la totalità, si spoglia di sé fino all’annullamento. Si priva, infatti, anche se per breve tempo, della sua gloria, perché io partecipi della sua pienezza. Oh sovrabbondante ricchezza della divina bontà!” (Gregorio Nazianzeno, Disc. 45). Questa è l’amicizia che Dio insegna: non chiede nulla in cambio, se non l’amore della sua creatura. Perché solo nell’amore, l’uomo riconosce il senso del suo esistere e il compimento della sua vocazione. Gesù nasce per offrire l’amicizia incondizionata di Dio, e insegnare all’uomo come riscoprire la preziosità e la finalità dell’amore, fattosi Carne divina: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo” (GS, 41). Se Dio decide di nascere nella fragile condizione di Bambino è per rivelare l’immensità della sua tenerezza. In Gesù, essa è offerta a chiunque la carezza di Dio, espressione massima e perfetta della gratuità divina. Quando nel rapporto con gli altri crediamo di non essere meritevoli, attraenti e belli, allora siamo presi dall’angoscia che nessuno si potrà interessare di noi. Il Natale è la prova certa che Dio si interessa di te, ha tempo per te, tu sei nel suo pensiero e nel suo cuore. La sua amicizia è dono, non richiede attestati, benemerenze, non merito alcuno, perché la nostra condizione rispetto alla sua sorprendente iniziativa è sempre sfavorevole, svantaggiata, deplorevole: “Un mondo senza la gratuità del voler bene! Sembra un mondo umano, ma in realtà è un inferno. Tanti narcisismi dell’uomo nascono da un sentimento di solitudine e di orfanezza. Dietro tanti comportamenti apparentemente inspiegabili si cela una domanda: possibile che io non meriti di essere chiamato per nome, cioè di essere amato?” (Francesco, 14 giugno 2017). Dio ti ama, ti chiama per nome mentre sei nel peccato: “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5,8). Dio ci vuole bene soprattutto quando sentiamo di avere sbagliato, o di sentirci sbagliati. Nel suo Natale, Dio compie un esodo da sé stesso, per venirci a trovare in una condizione quasi irriconoscibile, sfigurati e degradati dal male, in una situazione di vita dove sembra insensato che Dio possa transitare.

Parabola dell’amicizia

Prima di parlare in parabole, è Gesù stesso la parabola del Padre: la sua vita incarna, rivela e dona l’amicizia di Dio a poveri, disgraziati, esclusi, condannati, malati, carcerati, ricchi, lebbrosi puzzolenti, prostitute e pubblici peccatori: “Se il contenuto piacevole o doloroso di ogni minuto, anche quello in cui pecchiamo, è considerato come una carezza speciale di Dio, in cosa il tempo ci separa dal Cielo?” (S. Weil, Cahiers). Grazie al Natale, un pezzo di Cielo è stato catapultato sulla terra, ci viene offerta l’amicizia di Dio: “Vi ho chiamato amici…” (Gv 15,15). L’amicizia di Dio è ormai di casa, è roba di questo mondo che finalmente può diventare altro. Nel Bambino di Betlemme è Dio che attende, come “un mendicante immobile e silente davanti a qualcuno che forse gli darà un tozzo di pane” (S. Weil, op.cit.). Dio elemosina che noi acconsentiamo all’amicizia da lui offerta. Allestire e contemplare il Presepe è frequentare la palestra degli affetti di Dio e regolare il respiro delle relazioni sulla sua amicizia per imparare a irrobustire i legami, sciogliere i pregiudizi, disintossicare i pensieri, apprendere l’arte della tenerezza e diventare artigiani di universale amicizia. Il Natale di Dio e rinascita dell’uomo: l’incontro con la tenerezza di Gesù a Betlemme converte il detto “homo homini lupus” di Plauto, in quello evangelico “amerai il tuo prossimo come te stesso”. Il Presidente della Repubblica chiede: “Su cosa si fonda la società umana? È, forse, il carattere dello scontro? È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l‘ostilità verso o il proprio vicino, o il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio che si basa la convivenza tra le persone? Il crescere dell’amicizia fra le persone è quel che ha caratterizzato il progresso dell’umanità. L’amicizia, come vocazione – incomprimibile – dell’uomo” (Rimini 25 agosto 2023). Chiunque, anche un ateo, può riferirsi agli insegnamenti di Gesù, trascinato dal vivo desiderio di imparare la forza della tenerezza, il valore sociale della prossimità, la comprensione e la compassione per le molte fragilità.

Cari amici,

nel volto del Bambino, l’amicizia di Dio per noi si fa dono fragile perché molto delicato. E’ l’amicizia il vero dono del Natale. Lo scambio di doni materiali sia segno del farsi dono di reciproco amore, impastato di perdono, di riconciliazione fraterna, di amicizia sociale. Se non è questo, ogni altro regalo è solo mercificazione squallida di un indegno baratto consumistico.

 

 

+Gerardo Antonazzo