NEL SUO NOME
Ammissione di Iafano Agostino agli Ordini sacri
Roccasecca, Parr. S. Maria Assunta, 3 gennaio 2024
Cari amici, cari presbiteri, diaconi, seminaristi,
carissimo Agostino,
nel cuore delle celebrazioni natalizie ripetutamente risuona la proclamazione dell’inno cristologico con il quale l’apostolo Giovanni contempla e annuncia il sublime mistero del Verbo, grazie al quale prende origine l’opera divina della creazione, e per mezzo del quale tutto rinasce a vita nuova: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali da Dio sono stati generati” (cfr. Gv 1, 12-13).
Chiamati figli
La vocazione fondamentale del discepolo si identifica con la nascita alla vita soprannaturale di figlio di Dio. Il primo brano della Parola di Dio (1Gv 2,29-3,6) impegna a tesaurizzare la dimensione battesimale della vita cristiana. Tale vocazione è grazia: rivela la pienezza dell’amore gratuito di Dio e la novità assoluta della nostra condizione esistenziale: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio… Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato, perché un germe divino rimane in lui, e non può peccare perché è stato generato da Dio” (cfr. 1Gv 3,1-2.9). A partire da questa verità, non solo l’educazione alla fede e la formazione alla vita cristiana ma anche il discernimento vocazionale orientato al presbiterato deve svolgersi nella prospettiva di un itinerario catecumenale, per riscoprire la bellezza sorgiva della vita battesimale. Se non si impara a vivere da figli di Dio, non si comprende la novità cristiana. Il battezzato può non peccare più, perché gode gode di una “vita doppia”, dal momento che a quella naturale di creatura, la grazia battesimale innesta e immette “un germe divino” che fa crescere la vita di grazia. La vita di Gesù Cristo ci inabita, quanto la linfa dà vita ai tralci della vite (cfr. Gv 15). La presenza di Cristo per mezzo della vita battesimale esercita un’azione vitale, “come l’azione della testa e del cuore in relazione alle altre membra del corpo” (G. B. Chautard), fino a portarmi alla conoscenza e all’amore della volontà di Dio. Si realizzare finalmente l’ideale della vita interiore, nel modo in cui viene testimoniato dall’apostolo Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Caro Agostino, senza una vita battesimale pienamente vissuta, ogni altra scelta della nostra vita sarà solo un palcoscenico da burattini.
Credere nel suo Nome
Celebriamo il Rito di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato nel giorno in cui facciamo memoria del Santissimo Nome di Gesù. Tutto l’agire del cristiano manifesta fino all’estremo il suo essere generato da Cristo, in analogia con la generazione dell’essere umano. Tale vita nuova è donata “a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1,12). Della potenza del nome di Gesù fa menzione ripetutamente l’apostolo Paolo nell’inno cristologico proclamato oggi: “Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra, e sotto terra” (Fil 2, 9-10). Nell’inno paolino il rapporto tra Dio e l’intero cosmo culmina nella rivelazione del Nome: di Gesù come Signore, e di Dio come Padre. Nella sua condizione di “servo sofferente”, Dio dà a Cristo il nome supremo, cioè la sua ‘signoria’ sul mondo intero. I filippesi sono istruiti da san Paolo per comprendere che la salvezza in cui sperare non viene da sforzi umani, ma dalla grazia di Dio: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Rm 10,13). Nel giorno di Pentecoste anche l’apostolo Pietro fa riferimento alla profezia di Gioele: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo” (At 2,21). L’autore della lettera agli Ebrei (Eb 1,4) afferma che il Figlio di Dio è “tanto superiore agli angeli, quanto più eccellente del loro è il nome che ha ricevuto in eredità”. Gesù stesso insegna ai suoi discepoli l’efficacia dell’invocazione del suo proprio nome: “Quanto chiederete nel mio nome lo farò affinché il Padre sia glorificato nel figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio, io lo farò” (cfr. Gv 14). L’invocazione continua del Nome di Gesù è il cuore della preghiera e della tradizione spirituale dell’Oriente cristiano.
Testimoniare il suo Nome
Caro Agostino, nel vangelo odierno Giovanni Battista riconosce colui che gli viene incontro: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio” (cfr. Gv 1,29; 1Gv 1,7-9). Nelle parole del Precursore il Nome di Gesù rivela pienamente il suo volto. Lo descrive Giovanni, il testimone, salutando il suo incontro con Gesù con una dichiarazione esplicita, inequivocabile. Unisce la metafora dell’agnello pasquale con la figura del servo sofferente profetizzato da Isaia. Il Battista ormai può condensare la sua testimonianza confessando la sua fede e la sua totale adesione a Gesù il “Figlio di Dio” (v. 34). Nelle parole di Giovanni è preannunciata l’opera di salvezza che Gesù compirà per liberare l’uomo dalla sua rivolta contro Dio e offrirgli una nuova e definitiva possibilità di relazione con Lui.
Caro Agostino,
Lui viene incontro anche a te, è sempre dinanzi a te: l’iniziativa è sua.
Lui ti cerca, e ti trova lì dove sei nella tua esistenza,
così come sei, con la tua storia unica e singolare,
per riconoscerlo come il Figlio di Dio, per seguirlo come Pastore,
per imitarlo come l’Agnello che offre la sua vita.
Oggi raccoglie dalla tua viva voce la confessione del tuo Sì al suo amore.
Nel suo Nome sei stato chiamato per nome;
nel suo Nome è fiorita la tua vocazione;
nel suo Nome prende forma la tua missione.
Sarai precursore, testimone della tua fede nel Figlio di Dio,
che viene a prendere su di sé il peccato del mondo.
Dirai a tutti che solo nel suo Nome c’è salvezza.
A partire da te: perché il chiamato è prima di tutto un salvato.
Non un superuomo, né una persona con meriti particolari,
non un eroe solitario, né un privilegiato.
E’ soltanto una povera creatura verso la quale Dio ha usato misericordia
nel Nome e nella potenza del suo Figlio Gesù Cristo.
+ Gerardo Antonazzo
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