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La lettera di Antonazzo ai giovani. Sulla dell’amicizia e dell’amore

Da Cicerone a san Benedetto, da San Tommaso d’Aquino a Severino Gazzelloni:
il Vescovo parla con i classici della forza «più terribile e travolgente della vita»

Una lettera per parlare ai giovani da amico e di amicizia. Il tema è di un’eternità tale da raggiungere anche chi è ormai lontano dall’età propriamente giovanile e rivolgersi a chi, al di là di questo tempo, può esserlo comunque, diversamente. È così che il testo del vescovo Gerardo Antonazzo, confermando una consuetudine divenuta ormai annuale, guarda ai “giovani e diversamente giovani” superando schemi e ritmi temporali, che nell’animo non sono mai soggetti a scansione e gettando luce su significati e realtà perennemente appartenenti allo spirito umano.

Da Cicerone a san Benedetto, da San Tommaso d’Aquino a Severino Gazzelloni il vescovo conversa come un amico aiutato da «persone che, per quanto lontane nel tempo, hanno respirato i profumi delle nostre campagne, hanno goduto della bellezza delle montagne, hanno conosciuto le strade di paesi e contrade, hanno stretto legami di amicizia, hanno sperimentato l’amarezza dei tradimenti».

Con la prospettiva di questi autori i lettori possono entrare in un osservatorio privilegiato per far confrontare dubbi e domande con la forza «più terribile e travolgente della vita umana»: l’amore.

La lente di ingrandimento di Antonazzo ne fa emergere le espressioni ormai classiche. Per Cicerone è un vincolo superiore a quelli di sangue, perché «dalla parentela può venir meno l’affetto, dall’amicizia no»: la parentela rimarrebbe, l’amicizia finirebbe. Per San Benedetto è questione di stabilità interiore: si tratta di star bene con se stessi, «abitare il proprio corpo per essere totalmente presenti a se stessi, ritrovare la propria identità profonda». Da san Tommaso d’Aquino affiora il carattere della reciprocità dell’amicizia: «che nasce da una perfetta conformità di sentire e dalla conseguente disponibilità reciproca di svelare anche gli aspetti più nascosti della propria personalità». Dirompenti le parole sull’amore libero e generativo di Gino Cecchettin, all’indomani del ritrovamento del corpo della figlia Giulia, e del presidente Sergio Mattarella. All’apice la proposta di Gesù, sul valore inconfondibile «di amare e lasciarsi amare» che nella voce di Antonazzo viene rivolta ai giovani: «scommettete su relazioni di lealtà e trasparenza, di stima e disponibilità, di ascolto e condivisione. Tenerezza e dolcezza, sensibilità e sentimento non siano percepiti come segni di debolezza che non si addicono a persone forti, ma siano caratteristiche proprie di una interiorità matura, equilibrata, evoluta, affidabile».

Andrea Pantone

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