CARITÀ APOSTOLCA
XXV di Ordinazione presbiterale di don Benedetto Minchella
Cassino-Parr. S. Antonio, 6 dicembre 2023
Cari amici,
la celebrazione eucaristica è densamente abitata da sentimenti e affetti di gratitudine al Signore Gesù “eterno sacerdote, servo obbediente, pastore dei pastori, sorgente di ogni ministero” (Prefazio del Rito di Ordinazione). Carissimo don Benedetto, tu sei il “capofila” di questa significativa cordata di lode e di esaltazione della misericordia di Dio sul tuo docile e laborioso servizio pastorale a beneficio della missione della Chiesa che vive in Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, qui rappresentata significativamente dal tuo Vescovo, dal presbiterio, dai tanti fedeli e amici di Cassino e non solo.
Cor Christi
Attraverso il ministero dei presbiteri il Signore continua a volerci bene. Lo richiama la preghiera recitata nella memoria liturgica di san Nicola, grande pastore di anime: “Nel Vescovo Nicola hai dato alla tua Chiesa un maestro di fede, invitto nel difendere la verità dagli assalti dell’errore e un pastore buono instancabile nel donarsi a tutti”. In questi tratti bellissimi accreditati dalla tradizione liturgica e dalla devozione popolare, puoi riconoscere i caratteri costitutivi anche del tuo ministero presbiterale. Con il Rito di ordinazione ti sei impegnato ad essere maestro di fede, di difendere la verità del Vangelo, di essere pastore buono e generoso, instancabile nel donarti a tutti. S. Agostino, nel commento al capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, tratteggia l’icona del vero pastore: “Coloro che pascono le pecore di Cristo con l’intenzione di condizionarle a se stessi e di non considerarle di Cristo, dimostrano di amare non Cristo, ma se stessi, spinti come sono dalla cupidigia di gloria o di potere o di guadagno, non dall’amore di obbedire, di aiutare, di piacere a Dio. Costoro, cui l’Apostolo rimprovera di cercare il proprio interesse e non quello di Cristo, devono essere messi in guardia dalle parole che Cristo ripete con insistenza: Mi ami? Pasci le mie pecore, che significano: Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, e pascile come mie, non come tue” (cfr. Agostino d’Ippona, Trattati su Giovanni, 123, 5). Con la preghiera iniziale della Colletta abbiamo chiesto anche “una fede salda, e un amore aperto e generoso”. Non dimenticarlo: la tua fede è anche la fede del popolo di Dio, e il tuo cuore aperto e generoso permette a chiunque di sentire la prossimità di Dio, la dolcezza del suo amore, la carezza della sua bontà: “Se il contenuto piacevole o doloroso di ogni minuto, anche quello in cui pecchiamo, è considerato come una carezza speciale di Dio, in cosa il tempo ci separa dal Cielo?” (S. Weil, Cahiers). Amare con il cuore di Cristo è accostare un pezzo della tenerezza divina alla fragilità della creatura umana, e far sentire la carezza di Dio come rugiada sulla desertificazione delle relazioni atrofizzate.
Educatore di gioia e di fraternità
Il profeta Isaia rivela il sogno di Dio: la fraternità tra tutti i popoli. Un’illusione, da non crederci? Un imbroglio della realtà? Una speranza fondata sull’iniziativa di Dio. Il sogno è raccontato con l’immagine di un grande banchetto, metafora della “convivialità delle differenze” (T. Bello). Il presbitero è complice di questo sogno divino, il quale si fa realtà e fiorisce lì dove qualcuno sa asciugare le lacrime della gente, rimuove i veli di tristezza, aiuta a non vergognarsi dell’ignominia delle proprie debolezze e fragilità. Gesù rilancia il sogno del profeta, e racconta di quei servi inviati a gridare sulle piazze: “Venite alle nozze” (Mt 22,1-4). Il rifiuto dei destinatari non scoraggia il re, non deve scoraggiare i servi, nuovamente rimandati lungo i crocicchi delle strade per invitare chiunque, buoni e cattivi, a partecipare alla festa del re per le nozze del figlio. Il tuo ministero ha molto da ricevere da questo racconto del Signore. L’invito a partecipare alla gioia del banchetto eucaristico si fa ospitalità incondizionata. Nella celebrazione eucaristica tutto deve parlare di invito e di festa, una danza di fedeli in festa. Da questa scuola di comunione tu continua ad insegnare come vivere il senso di appartenenza gioiosa ed operosa alla comunità cristiana. Con la tua amicizia presbiterale continua a favorire il clima e lo stile di una fraternità guarita da invidie, gelosie, fazioni, rivalità: “Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire” (1Cor 1,10). Se “la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1), il presbitero è per i suoi fratelli e sorelle costruttore di comunione con Dio e tra di loro. Molta gente è oppressa da condizioni difficili di vita: uomini e donne, adolescenti e adulti insoddisfatti, addirittura malati di solitudine e di depressione. Violenze, conflitti e drammatiche guerre insensate condannano alla fame, alla morte, alla distruzione di ogni genere. Grazie al tuo ministero, la gente possa fare esperienza della vicinanza di Dio, e chiunque possa sentire vere le parole del profeta Isaia: “Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”.
Testimone di compassione
Ogni anniversario segna il passo di una donazione rinvigorita, matura, adulta perché allenata e pronta al discernimento sempre ulteriore della volontà di Dio. Il Vangelo ti consegna ancora una volta e per sempre la compassione del Maestro per la tua gente: “Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì”. Lo sguardo di Cristo si posa su tutta questa gente. Siamo alla follia! Su questa folla Gesù posa la compassione del suo cuore. Per noi non è facile accogliere tutti, sempre, per qualunque ragione: non di rado, la presenza e i bisogni delle persone sfiancano umanamente le nostre forze. Ma in questo nostro sfiancarci si rivela l’inesauribile amore di Gesù. Gesù non vuole agire da solo, pur potendo, ma rende partecipi della sua compassione: “Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: “Sento compassione per la folla”. I discepoli si meravigliano che Gesù passi dai miracoli con cui ha provveduto lui personalmente alla guarigione dei malati al chiedere ora la collaborazione. Non poteva continuare a fare tutto da solo? Sarebbe riuscito prima e meglio senza i discepoli. Loro sono in panico, e nella confusione più totale. Si sentono destabilizzati: impotenti nel fronteggiare la sproporzione dei bisogni rispetto alle loro possibilità, si lamentano con il Signore. Cercano di giustificarsi nel loro disimpegno: “Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?”. Gesù, chiedendo di verificare le risorse disponibili (“sette, e pochi pesciolini”), si serve di quel poco, per sfamare tutti. La compassione verso le povertà fa sempre miracoli. Non esiste la povertà su cui discutere, esistono i poveri da incontrare. Ha illuminato la testimonianza evangelica di sant’Antonio da Padova, patrono dei poveri. Su mandato di san Francesco insegna la teologia ai suoi confratelli innanzitutto, e contrasta la povertà della fede confusa predicando contro gli eretici catari e albigesi. Risponde alla miseria causata dalle ingiustizie e dal potere dei violenti e dei più forti. Si scaglia contro l’orgoglio e la lussuria, acerrimo nemico dell’avarizia e dell’usura. Agli affamati assicura la dignità di un pezzo di pane. Tutta la sua vita è una grande e rivoluzionaria predicazione; dalla sua coerenza apprendiamo la grande lezione del Vangelo; la sua generosità riconsegna oggi a te e alla comunità la stessa compassione di Gesù.
Caro don Benedetto,
mentre insieme con te ringraziamo il Signore per il dono del tuo fecondo ministero presbiterale, preghiamo perché il cuore di tanti giovani della nostra Chiesa diocesana si sentano interpellati dai bisogni della gente. Il Sì della Vergine Immacolata provochi nel loro cuore l’entusiasmo di servire i fratelli con la generosità di una vita donata, innamorati della bellezza del Vangelo.
+ Gerardo Antonazzo
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