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Chiesa e giovani, che fare?

Presentato a Cassino il libro di Augusto Cinelli sulla cultura del postmoderno

 

È stato presentato a Cassino nella Sala degli Abati della Curia giovedì 16 maggio, il libro edito da Aracne “La Chiesa e i giovani nella cultura del postmoderno” di Augusto Cinelli, docente di religione e giornalista. Un libro che tocca un argomento di grandissima attualità, estremamente variegato e controverso, di non facile comprensione e che pone tutti gli interrogativi e le contraddizioni di un’epoca di profondi cambiamenti sociali e culturali in atto.

In sala numerosi insegnanti di religione, operatori pastorali, responsabili e operatori di associazioni e gruppi, tutti con la consapevolezza di quanto oggi non sia agevole attirare ed educare i giovani, che dall’adolescenza si allontanano dalla Chiesa. Il moderatore dell’incontro, Don Andrea Pantone, Direttore dell’UDCS, dopo un’introduzione al tema, ha dato la parola a Don Nello Crescenzi, Direttore dell’Ufficio Scuola diocesano. Questi ha ricordato la relazione di fine anno redatta in occasione del Sinodo, dopo una indagine conoscitiva nelle scuole del territorio diocesano che coinvolse, attraverso un questionario somministrato dai docenti di religione, a quasi 9.000 studenti, e ne ha letto un interessante stralcio su cosa dicono della nostra Diocesi i giovani.

Su questa base ha iniziato la presentazione del libro di Cinelli il relatore Don Pasquale Bua, docente di Teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e all’Istituto teologico Leoniano di Anagni, il quale ha detto che il testo nasce come tesi di Teologia, ma non lontana dalla vita, accessibile alla gente comune. Il binomio Chiesa – giovani, ha osservato, sembra diventato impossibile. Spesso nella chiesa ci si lamenta dei giovani, che non vanno in chiesa per disaffezione, che pensano solo a divertirsi, non hanno più valori… Ma i giovani non sono semplicemente lo specchio della società? È un cambiamento d’epoca che porta con sé la scristianizzazione dell’intero Occidente. È in crisi l’etica tradizionale in cui siamo cresciuti noi adulti, ma i giovani ci costringono a guardare in faccia la realtà. Dobbiamo diventare interpreti dei segni dei tempi, come diceva il Concilio Vaticano II. I giovani ci aiutano a capire anche tanti aspetti positivi, come il grande desiderio di gioia, di libertà, di superare una religione dell’obbedienza servile; a volte la chiesa – gerontocratica! – non dà spazi di responsabilità ai giovani, che invece desiderano essere corresponsabili, in una parità tra i sessi, senza maschilismo, perché il battesimo è per tutti. C’è poi desiderio di accoglienza incondizionata: non una chiesa-dogana, ma “ospedale da campo” come dice Papa Francesco. I giovani hanno anche tanto desiderio di interiorità, di una chiesa non degli apparati, ma del cuore. Tutte cose che sono nel Nuovo Testamento! Sono i giovani che non vengono in chiesa o è la chiesa non va loro incontro? Come Papa Francesco dice nella Evangelii Gaudium, la chiesa non sta ad aspettare ma prende iniziative, va a cercare, è una chiesa in uscita, che fa evangelizzazione, non conservazione. Dove cercare i giovani? Nei luoghi dove vivono le loro giornate (scuole, spazi sportivi, piazze, digitale), ma soprattutto, sul piano spirituale, dove si fa amicizia, dove si lavora per un mondo più equo, dove si coltiva la speranza nel futuro. Forse non devono cambiare i giovani, ma la Chiesa. L’Autore nel libro si sofferma sul Sinodo dei giovani del 2018, come ad una chance perduta, la cui ricezione o è mancata o è andata perduta. La Chiesa deve ascoltare i giovani, tacere ma anche parlare. Con quale lingua? I giovani sembrano non capire l’ecclesialese, non è una lingua per giovani, occorre che scaldi il cuore. Ecco, la Chiesa deve camminare accanto, come Gesù sulla via di Emmaus: non rimprovera ma spiega e va nel profondo e aiuta a capire che ognuno ha la sua vocazione, un progetto unico e irripetibile. Deve essere un accompagnamento personale, che faccia crescere.

La parola è poi passata al Vescovo Gerardo Antonazzo, che ha annunciato che a giorni incontrerà tre classi quinte del Liceo Scientifico che hanno chiesto un dialogo in cui interagire. Certo, il mondo dei giovani è molto variegato, non catalogabile per schemi, ma la chiesa ha una grande tradizione educativa dei giovani, davvero pionieristica, basti pensare a Don Bosco. Nel vangelo di Matteo, quando Gesù incontra una donna cananea che gli chiede di aiutare la figlia, dapprima dice di no ma ascoltando la donna piena di fede in lui, ci ripensa ed esaudisce la sua preghiera. Augusto Cinelli, ha continuato il Vescovo, vede uno spartiacque: siamo su un nuovo versante, il postmoderno. Il pianeta giovani è fluido, in continua evoluzione, per cui gli schemi di lettura si devono adeguare continuamente, perciò richiede molta attenzione. Occorre aggiornarsi, grazie anche ai rapporti annuali dell’Istituto Toniolo sulla condizione giovanile in Italia, alla recente ricerca di Paola Bignardi su giovani e spiritualità. Bisogna lavorare sul presente e guardare anche agli adulti, che in fondo sono lo specchio dei giovani. Le parrocchie da strutture debbono diventare comunità domestiche in cui ognuno si senta a casa.

Secondo Antonazzo, tre sono i concetti fondamentali sviluppati da Cinelli nel testo: 1) bisogna usare il cuore; un argomento ben comunicato per le parole usate può arrivare al pensiero ma non al cuore. 2) Un precetto o divieto, anche ben motivato, può orientare un’azione o un comportamento, ma non lo rende desiderabile. 3) Solo la capacità di uno sguardo amorevole scalda il cuore, lo accende alla vita e aiuta i sogni. Non bisogna etichettare o condannare i giovani e i loro modi: spesso essi non sono la causa ma le vittime. Tutti siamo responsabili. Puntare sempre sulla parte migliore, accompagnare un giovane verso un bene possibile, non imporre modelli da seguire. Papa Francesco dice ai giovani: “Non chiedetevi perché vivete, ma per chi” e li invita a sognare perché Dio vuole qualcosa da ognuno e lo aspetta.

“Questa serata è andata proprio come desideravo”, ha detto Augusto Cinelli nel ringraziare tutti i presenti. Il tempo in cui viviamo, ha affermato, va conosciuto, studiato. L’uomo è cambiato, la famiglia è cambiata enormemente. Il cristianesimo prima era un substrato culturale accettato, oggi non più. Il libro tratta il rapporto tra fede e storia. Si tratta non di rincorrere i tempi, ma mettersi di fronte alla realtà e chiederci: Dio cosa chiede in questo momento? Lui può rendere la vita bella, vera e piena.

Adriana Letta