Iniziato l’anno giubilare in onore di Tommaso d’Aquino: venerdì scorso la celebrazione a Roccasecca, nella prima chiesa al mondo dedicata al santo
Nel 1274, dopo la temporanea permanenza nel castello di Maenza, dove fu oggetto delle cure della nipote donna Francesca, fra Tommaso d’Aquino moriva presso l’Abbazia di Fossanova, lasciando per sempre il suo viaggio verso il Concilio di Lione e su questa terra. La fama dell’Aquinate, diffusasi rapidamente mentre era in vita, crebbe ancor di più dopo la sua dipartita, al punto che già nel 1325, a soli due anni dalla sua canonizzazione celebrata ad Avignone il 18 luglio 1323 da papa Giovanni XXII, a Roccasecca veniva già costruita la prima chiesa al mondo dedicata al suo culto nell’imponente baluardo dei “De Aquino”, l’illustre casato di cui fu rampollo san Tommaso.
Questa chiesetta medievale è stata scelta dal vescovo Gerardo Antonazzo per la celebrazione che, venerdì 14 luglio a partire dalle 19.30, ha radunato da tutta la Diocesi clero, fedeli e rappresentanti delle Istituzioni pubbliche per l’inizio di un anno giubilare da tributare alla grata memoria di san Tommaso. Nei luoghi della primigenia devozione legata al Doctor Communis, sacerdoti e fedeli hanno onorato l’insigne «luminare della Chiesa e del mondo intero», col desiderio non solo di «contentarsi di imitarlo, camminando come su una via parallela» ma penetrando «incessantemente nella verità che egli ha voluto servire», secondo quanto detto da Francesco, nel citare il suo predecessore san Paolo VI, ai Vescovi delle tre diocesi che ha definito “aquinati”. Per l’incomparabile santità e genio di san Tommaso, Aquino e Roccasecca si ritrovano unite dalla preziosa eredità di una storia religiosa sette volte centenaria. Queste due vicine città per un anno saranno ancor più unite dallo speciale evento di grazia dell’anno giubilare, durante il quale i fedeli, secondo quanto previsto dal Decreto della Penitenzieria Apostolica, potranno ottenere l’indulgenza plenaria visitando la Concattedrale di Aquino e la chiesetta di Roccasecca e devotamente partecipando alle celebrazioni giubilari (= «si Aquinatensem Concathedralem ecclesiam vel Sancti Thomae ecclesia de Roccha Sicca, eiusdem Dioeceseos, in forma peregrinationis inviserint et ibi iubilaribus celebrationibus devote interfuerin»).
La data della celebrazione è provvidenzialmente coincisa – ha ricordato il vescovo Gerardo Antonazzo all’inizio dell’omelia riferendosi ai dati della storia – con il giorno in cui si celebrava, presso il Palazzo Apostolico di Avignone, la cerimonia di canonizzazione dell’Aquinate, 14 luglio 1323. Una seconda cerimonia nell’ambito della canonizzazione del Doctor communis si svolgeva nella Cattedrale di Avignone il 18 luglio 1323, anniversario, questo, che sarà, appunto, ricordato, martedì prossimo, quando con alcune centinaia di pellegrini della Diocesi Antonazzo sarà a Tolosa per pregare e celebrare Messa sulla tomba del santo.
Nella sua omelia il vescovo Antonazzo ha coniugato l’immagine che il Pontefice dà di san Tommaso come di “Dottore della santità” nella recente Lettera indirizzata al suo Inviato Speciale alla celebrazione del settecentenario con le ultime parole che i biografi attribuiscono ad “Il più dotto dei santi e il più santo dei dotti”. Partendo dal colloquio fra l’Aquinate e il Crocifisso nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli e insistendo sulla risposta del Santo “Domine, non nisi te” (Signore, nient’altro che te”) alla richiesta di Gesù “Che ricompensa vuoi?”, anche Antonazzo, ribadendo l’appellativo inedito del Santo Padre, ha così interpretato tutto il dispiegarsi dell’esistenza terrena del “Dottore della santità”, ricco lascito consegnato all’uomo di oggi: «Se la ricerca filosofica e teologica nella speculazione di san Tommaso è stata finalizzata primariamente alla santificazione della propria vita religiosa, chiunque accosta la sua poderosa e imponente figura attraverso il suo patrimonio dottrinale è tenuto a considerare la santità come elemento unificante ed ermeneutico della sua testimonianza. La sua originalità sta soprattutto nel modo in cui ha saputo esprimere la fede della Chiesa nella cultura del tempo, partendo dalla Scrittura e dai Padri della Chiesa e accogliendo la allora recente riscoperta del pensiero aristotelico».
Andrea Pantone