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“Effatà: parresia ed umiltà” (Lettere Cammino Sinodale / 9)

Lettere Cammino Sinodale / 9                      

                                                                                                          Sora, 22 febbraio 2023
 Mercoledì delle Ceneri

 

EFFATA’: PARRESIA ED UMILTA’

 

Cari amici,

la partecipazione all’assemblea diocesana svolta nelle tre sere del Seminario teologico-pastorale (10-13-15 febbraio 2023) ha dato un colpo d’ala al percorso sinodale che stiamo condividendo per il secondo anno consecutivo. La complessità del processo sinodale ha bisogno di un ampio e duraturo respiro ecclesiale. La pazienza dei tempi lunghi, il rispetto dei ritmi nel cammino di ogni comunità, la cura e la custodia delle relazioni, l’esercizio della conversazione spirituale, la disponibilità all’ascolto discreto e rispettoso, sono condizioni inderogabili nel proseguimento fruttuoso e operoso del discernimento secondo lo Spirito (cfr. Ap 1-2).

Icona biblica

“Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente” (Mc 7,31-37).

L’Effatà-Apriti pronunciato da Gesù sul sordomuto è richiamato anche nel Rito del battesimo: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede”. La grazia battesimale abilita il neofita all’ascolto della Parola di Dio e dei fratelli e sorelle. Non siamo forse diventati troppo sordi e muti rispetto a ciò che “Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio?”. Come guarire dalla sordità muta e dal mutismo assordante? Come lasciarsi sorprendere dall’inattesa parola dell’altro-Altro. Abbiamo sempre bisogno di lasciarci ferire dall’ascolto: “All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?»” (At 2,37). L’ascolto rialza dall’inerzia, rianima la rassegnazione, guarisce il risentimento, apre all’iniziativa, provoca la decisione e dispone ad agire: “Che cosa dobbiamo fare?”. L’ascolto può cambiare la vita.

 

Parlare con parresia e ascoltare con umiltà

 “Bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire: senza rispetto umano, senza pavidità. E, al tempo stesso, si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità. Per questo vi domando, per favore, questi atteggiamenti di fratelli nel Signore: parlare con parresia e ascoltare con umiltà[1].  Parresia significa franchezza, avere il coraggio e la possibilità di parlare in modo esplicito e diretto, pur senza mancare di rispetto: “Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»; il di più viene dal Maligno (Mt 5,37). E’ una comunicazione incisiva quella espressa con parresia, con l’intento di esprimere con “faccia tosta”, ma sempre con dolcezza, quanto lo Spirito di Dio e non lo spirito di rivendicazione, chiede di condividere per il bene di tutti. Ascoltare con umiltà significa accogliere nel silenzio, senza difese, senza scudi protettivi. L’umiltà dell’ascolto contrasta l’orgoglio, sterilizza la presunzione, anestetizza la permalosità, impedisce l’arroganza, non si fida della sicumera, guarisce la miopia delle torve resistenze. Chi ascolta con umiltà sa di non essere padrone della verità, ma di essere in ricerca della volontà di Dio. Continuo con una provocazione: proviamo anche ad ascoltare con parresia, e a parlare con umiltà. Ascoltare con parresia è lasciar parlare, ascoltare in silenzio, anche quello che non piace, con il coraggio di non impedire, di non mettere a tacere, di non imporre la museruola, di non tirare il freno mano, di non nascondere la polvere sotto il tappeto. Parlare con umiltà significa usare il vocabolario della benevolenza e non il vademecum del rimprovero, significa parlare con il beneficio d’inventario e non con l’imposizione di certezze alle quali gli altri devono sottostare.

Nel cantiere dei ‘villaggi’

L’ascolto nel Cantiere dei ‘villaggi’ richiede parresìa e umiltà. Al ‘detto’ predicato da Gesù, proviamo a sostituire il verbo amare con il verbo ascoltare: “Se ascoltate quelli che vi ascoltano, quale gratitudine vi è dovuta?” (cf Lc 6, 27-32). La domanda chiede di uscire dall’angustia insopportabile del “recinto” e dal guscio protettivo della “cerchia”, per mettersi in ascolto anche di quanti abitualmente non ci ascoltano più. Si tratta di incrociare le storie di quanti, pur non vivendo lontani da Dio, vivono la propria fede in una condizione di “periferia spirituale”, disconnessi dalla vita della comunità ecclesiale: “Abbiamo l’opportunità di diventare una Chiesa della vicinanza. Se noi non arriveremo a questa Chiesa della vicinanza con atteggiamenti di compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore. E questo non solo a parole, ma con la presenza, così che si stabiliscano maggiori legami di amicizia con la società e il mondo”[2]. Sono poco partecipi, spesso disinformati, di frequente informati male da una comunicazione viziata: nel pensiero di molti prevalgono i pregiudizi sulla parrocchia e su quanti la frequentano. L’ascolto dei ‘villaggi’ può rilanciare il volto missionario della Chiesa in uscita, missionaria secondo il cuore del Vangelo[3], con il coraggio di una “nuova immaginazione del possibile” (Papa Francesco). Dall’ascolto dei ‘villaggi’ abitati dai molti battezzati non più praticanti, la Chiesa risale verso la sorgente del suo essere comunità evangelizzatrice, presenza feconda di discepoli missionari capaci di “svegliare l’aurora” di un giorno nuovo (Sal 108,3).

 

Carissimi,                                                                                                                                          

 

il tempo liturgico del cammino quaresimale favorisca il processo sinodale dell’ascolto in maniera aperta, ampia, coinvolgente, inclusiva, soprattutto coraggiosa, compiuta con il cuore. La vera sfida della missionarietà della Chiesa non è parlare ma ascoltare, per dire Parole di vita a quanti hanno fame e sete di verità e di speranza.

Auguri di buon cammino quaresimale per un rinnovato effatà sinodale.

                                                                                                + Gerardo Antonazzo

 

[1] PAPA FRANCESCO, Saluto ai Padri sinodali, 6 ottobre 2014.
[2] PAPA FRANCESCO, Riflessione per l’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021.
[3] A. SPADARO, Intervista a Francesco, in “La Civiltà Cattolica” 2 ottobre 2021.

 

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