Giornata diocesana del malato
«Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò»
Si è tenuta domenica 9 febbraio 2020, presso l’RSA Santa Maria delle Grazie di Pontecorvo, la Giornata diocesana del Malato organizzata dall’Ufficio della Pastorale della Salute, con la partecipazione dell’Unitalsi diocesana. I partecipanti sono stati accolti dal Direttore e dal personale della Struttura con entusiasmo offrendo un piccolo buffet. È seguita la Santa Messa presieduta da don Mario Colella direttore dell’Ufficio diocesano della Pastorale della Salute e concelebrata da don Eric Di Camillo, assistente spirituale dell’Unitalsi. Nell’omelia, con riferimento alle letture del giorno, don Mario si è soffermato su due aspetti: ha ricordato quanto il sale sia un condimento umile, ma preziosissimo che dà sapore e rende gradevole il cibo, simbolo del cristiano nei suoi ambienti di vita. Il mondo è come una grande pentola che bolle e il Cristiano dovrà dare sapore a ciò che vi è dentro. Luce del mondo: il buio disorienta, paralizza, terrorizza, la luce svela la posizione degli oggetti esalta i colori rende allegra la vita. Il Cristiano è chiamato a diffondere Luce. I due esempi del Sale e della Luce ci dicono che siamo chiamati ad essere testimoni, ossia a deporre su fatti di cui siamo a conoscenza, cioè che Gesù è il Figlio di Dio e che Dio ci ama, e lo dimostriamo con i fatti.Saper essere testimoni competenti, sapere e sapore infatti hanno la stessa radice. Ma anche testimoni cordiali, saper sorridere, ma un sorriso che non sia artificiale, falso; “cheese” non è un sorriso cristiano, è falso. Il sorriso cristiano non viene dal formaggio ma dal cuore.
Nella pentola bollono anche disgrazie, disavventure, malattie, sofferenze, dolori che rendono la vita senza sapore, la malattia e la sofferenza intristiscono la vita, la rendono buia, riducono gli orizzonti, paralizzano l’uomo, lo disorientano, lo terrorizzano. Il cristiano è chiamato ad essere testimone in queste situazioni, a dire con i fatti che Dio ci ama e non ci lascia soli soprattutto in questi momenti. Che la vita non perde mai il suo significato e sapore, neanche quando è aggredita dalla sofferenza, perché Gesù l’ha presa su di sè, ci è entrato dentro e l’ha sconvolta, la Sua Croce ha gettato un’ombra benefica sull’intera sofferenza umana. E questo il cristiano lo deve fare con competenza, non deve seminare cocci sulla sua strada, saper stare accanto al malato con parole sensate non vuote, sterili, pietistiche, a volte anche irritanti. Con il sorriso sulle labbra, ma che trasmetta serenità, sicurezza, cordialità, dolcezza. Non un sorriso formale, di convenienza, di occasione. La vera testimonianza cristiana accanto ad un malato è “stare in sincerità di cuore”, in cui “stare” significa fermarsi, senza fretta; “sincerità” significa con verità, senza forme e falsità; “cuore” significa mettere l’anima dentro un corpo che si fa prossimo ad un altro corpo martoriato.
Grande partecipazione ed entusiasmo; sentiti ringraziamenti non solo da don Mario per l’accoglienza ricevuta, ma anche dal Direttore della struttura per averla scelta per una tale occasione, rendendo, seppur per qualche ora, speciale la giornata di quanti soggiornano nella Struttura.