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Il vescovo Gerardo in visita alla comunità parrocchiale di Belmonte Castello

Il vescovo Gerardo in visita a Belmonte Castello: “Sono venuto molto volentieri, perché l’ho desiderato e me ne torno felice”

 

“Dico semplicemente questo: sono venuto molto volentieri, perché l’ho desiderato e me ne torno felice. Grazie a voi per tutto”. Con questa parole, intrise di una gioia vera e palpabile, il vescovo Gerardo Antonazzo si è congedato dalla parrocchia “Santa Maria Assunta in Cielo” in Belmonte Castello, dove sabato 27 gennaio, si è recato in visita.

 

I saluti e i riti di ingresso. Antonazzo ai fedeli: “Amare è servire e servire è amare. Chi non serve, chi non sa servire, non serve a niente, perché il servizio è l’anima della fraternità”

Alle 17.30 in punto, come da programma, Antonazzo ha fatto il suo ingresso sull’altare della Chiesa di Belmonte. E, così, al termine del canto, eseguito dal gruppo corale della comunità locale, don Angelo Moncelli, sacerdote del paese, gli ha dedicato il suo benvenuto, condividendo con i presenti l’esperienza degli esercizi spirituali vissuti con Antonazzo nella settimana appena trascorsa. Poi, ricordando come quasi nove anni fa proprio il vescovo lo avesse inviato a ricoprire il servizio come sacerdote nella parrocchia di Belmonte, don Angelo ha rinnovato al presule la sua obbedienza, oggi come allora, ringraziandolo per l’attaccamento e l’interesse mostrato per questa piccola porzione di diocesi a lui affidata. Il vescovo, apprezzando le parole spese, ha introdotto la Santa Messa facendo memoria del comandamento dell’amore. A tal proposito, in un piccolo passaggio iniziale, ha affermato: “Amare è servire e servire è amare. Chi non serve, chi non sa servire, non serve a niente, perché il servizio è l’anima della fraternità”, evidenziando come le guerre siano frutto dell’egoismo del comando. Egoismo che, a sua volta, diventa l’antitesi perfetta dell’accoglienza e della compartecipazione. La tentazione del potere, dunque, porta frutti di discordia e divisione, che ciascun cristiano può vincere solo entrando in un rapporto sempre più intimo e personale con il Signore, da coltivare con l’ascolto e la pratica assidua della Parola di Dio. Pertanto, al termine dei riti di introduzione e del canto del Gloria, il vescovo Gerardo ha invitato i presenti a prestare un’attenzione profonda nei confronti delle pagine che la liturgia vespertina proponeva per questa IV domenica del Tempo Ordinario.

“Riesco a scovare dentro di me e a riconoscere il male che porto dentro?”: il vescovo ha invitato i presenti ad una profonda revisione di vita

E, proprio la pagina del Vangelo secondo Marco, che narrava l’opera di liberazione con cui Gesù ha purificato un uomo posseduto da uno spirito demoniaco, è diventata il cuore dell’omelia, trasformandosi in parola viva e guida luminosa per i fedeli. Antonazzo, infatti, ha subito evidenziato come quell’episodio, apparentemente lontano dalla vita di ciascuno, riguardasse, in realtà, ogni cristiano, più di quanto si potesse immaginare. Gesù, entrato nella sinagoga di Cafarnao per insegnare, era Maestro soprattutto di coerenza, ha evidenziato il presule. Perché a differenza degli scribi, lo faceva “come uno che ha autorità”, meravigliando le persone che lo ascoltavano, proprio grazie al Suo esempio, impegnandosi a fare per primo quanto diceva. Indicando la Croce come esempio massimo di “vita donata”, il presule ha contrapposto a questo gesto di amore massimo, l’invidia, la rabbia e l’astio di cui è capace il demonio, che si era impossessato dell’uomo. Dunque, continuando nella sua spiegazione, il vescovo ha affermato come la vera liberazione dal male, che imprigiona il cuore dell’uomo, sta nella coerenza, dovendo passare necessariamente attraverso la corrispondenza tra “il nostro essere cristiani e il nome che portiamo”, cercando di essere più seguaci di Cristo rispetto a quanto si possa pensare di essere. Male che, ha sottolineato ancora Antonazzo, si fa concreto con le parole, le cattiverie, la calunnia, l’insulto, la violenza, trasformandosi in presenza del maligno, diventando “veleno”. Così, concludendo la sua omelia, ha ammonito i fedeli, esortandoli a restare lontani dal male, che potrebbe diventare addirittura una sistemazione comoda, trasformandosi in rovina per sé stessi e per gli altri. Invece, ha spiegato, chiedersi “riesco a scovare dentro di me e a riconoscere il male che porto dentro?” è la strada giusta per aprire un varco e consentire al Signore di “rovinaci, scomodarci e tirare fuori quel veleno”, affrontando con la grazia di Cristo la fatica della purificazione. In caso contrario, ha proseguito ancora il presule, il cuore va incontro ad una morte interiore, uccidendo chi coltiva i sentimenti dell’odio e del rancore. Per questo, gridare al Signore, “taci, esci”, è liberazione da quel veleno che fa male, salvando e guarendo, con l’autorità del suo amore. Infine, affermando come il Signore sia qualcosa di “più di un vero primario”, chiamato a fare un autentico intervento sulla nostra anima, ha invitato tutti a lasciarsi guarire, guardando a Maria Immacolata, l’unica non toccata dal male. E, così, ha definitivamente concluso Antonazzo, il Signore, possa dire “a noi quella parola di liberazione, con la sua grazia, il suo perdono, la sua verità e la sua luce”. Le parole hanno vibrato e risuonato nella chiesa parrocchiale di Belmonte, offrendo ai presenti un’esortazione a fuggire ogni occasione di male, perché non abbia mai l’ultima parola e resti fuori dal cuore, per fare spazio unicamente alla voce del Risorto.

Un toccante momento finale: l’esecuzione con l’arpa del “Canone in D”, di Johann Pachelbel

E, in qualche modo, al termine della celebrazione, l’invito di Antonazzo alla purezza e alla bellezza per il cuore, è diventato viva concretezza. Infatti, prima della benedizione finale, Greta Iannetta, una bambina impegnata con gli altri compagni nel servizio all’altare e nella frequenza del catechismo, ha offerto al vescovo e ai presenti l’esecuzione con l’arpa del “Canone in D”, di Johann Pachelbel. Il presule, commosso ed emozionato dalla bravura e dal talento della protagonista, l’ha chiamata sull’altare, chiedendo spiegazioni sulla sua formazione, benedicendola e condividendo con la comunità l’importanza della musica nella Sacra Scrittura. In particolare, ricollegandosi proprio al tema della cattiveria e del male, citando il Libro di Samuele, ha narrato di come il giovane Davide, futuro re del popolo di Israele, suonando proprio l’arpa, placasse l’ira e la gelosia del suo predecessore, Saul.

I saluti e l’arrivederci al mese di luglio per la celebrazione della Confermazione

Dopo aver accolto con gioia una pianta, con cui il popolo belmontese ha voluto omaggiarlo per la sua presenza, Antonazzo ha impartito la benedizione finale, invitando le autorità locali, don Angelo, il gruppo dei piccoli ministranti e partecipanti al catechismo, la corale, i laici impegnati nel servizio e tutti i fedeli ad una gioiosa foto di gruppo, per immortalare il momento condiviso. Infine, dopo un breve momento di confronto con alcuni dei presenti, il presule si è congedato dalla comunità parrocchiale di Belmonte Castello, dove farà ritorno in luglio, per impartire ai ragazzi il Sacramento della Confermazione.

Ivana Notarangelo