LA MORTE CHE DONA LA VITA
Omelia per la solennità di s. Restituta
Sora, 27 maggio 2022
Nel tempo pasquale la preghiera quotidiana dei salmi è introdotta da un Inno di lode al grande giorno della Pasqua. In esso si acclama al “…giorno di grandi prodigi” nel quale: “… l’amore vince il timore, la morte dona la vita” (Inno dell’Ufficio delle letture). Nella Pasqua la morte dona la vita: l’evento della risurrezione di Cristo sconvolge la logica della natura. Mentre nella vita biologica la vita va verso la morte, nella fede cristiana la morte si apre alla vita. Con la sua morte Cristo riprende una vita nuova, gloriosa. La forza dei martiri è rinvigorita dalla Pasqua di Cristo: la gioia della Risurrezione forma i discepoli alla parresia della testimonianza, alla sfrontatezza verso ogni forma di persecuzione, e al coraggio di fronte alla morte. Nel martirio la vita del discepolo è disponibile a lasciarsi “irrorare” del sangue di Cristo per essere impastata e plasmata dall’amore più estremo. Nel martirio la fede matura in pienezza, e si esprime nell’offerta totale della propria vita per amore di Cristo, ma anche per dare sostegno e incoraggiamento alla fede dei fratelli da confermare nella fedeltà al Signore. Nella vita di santa Restituta ritroviamo un prezioso ed esemplare processo di conformazione del discepolo all’amore sacrificale di Colui che ha sacrificato la propria vita per lei.
Se il mondo vi odia
“Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo” (Gv 15, 19). Chiediamoci: cosa ama il nostro mondo? Ama una ‘volontà di potenza’, una volontà liberticida e nichilista: “…che cosa significa nichilismo? –che i valori supremi si svalorizzano… la morale è volgere le spalle alla volontà di esistere … Appena immaginiamo qualcuno che sia responsabile del nostro essere in un certo modo (Dio, natura), appena cioè gli addossiamo la nostra esistenza, la nostra felicità e miseria come una sua mira, ci guastiamo l’innocenza del divenire” (F. Nietzsche, Frammenti postumi, 1887-1888). La mentalità pagana e idolatrica del post-moderno, obbedisce ad una volontà umana senza regole morali. Gesù dichiara apertamente: “Vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia”. Ci “sceglie”: cioè ci tira fuori dalla lordaggine di una logica che soffoca l’anima e corrompe le nostre menti, tra illusioni e inganni. La galassia del neo-paganesimo nasconde il ‘buco nero’ del piacere, del godimento, dell’egolatria sfrenata, del relativismo etico capace di inghiottire nel nulla ogni ideale autenticamente umano. La libertà e la dignità dell’uomo vengono calpestate in nome una volontà individuale esasperata, abusata e saccheggiata dalla pervasività di un relativismo etico esasperato, “fuori legge”. Gesù esorta: “Non amate il mondo, né le cose del mondo! … – la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita – … E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!” (cf 1Gv 2,15-17).
Eredi di un’antica memoria
L’eredità cristiana della Città di Sora poggia sul basamento solido e granitico del martirio di santa Restituta. Il seme della fede cristiana nella nostra Città è germogliato grazie al sangue della cara martire. Custodire la memoria del lontano evento del suo martirio in Città, comunque avvenuto e in qualunque modo perpetrato, non è solo un dovere di memoria storica, ma soprattutto un atto di gratitudine da cui apprendere un rinnovato slancio missionario, oggi. Noi tutti godiamo del beneficio e della consolazione di colei che per incoraggiare e convincere anche noi riguardo alla sequela di Cristo – via verità e vita -, ha dimostrato il valore e la bellezza del morire per Cristo: giovane, vergine, martire. “Un servo non è più grande del suo padrone” (Gv 15,20). L’esempio di Cristo fa scuola: con il suo esempio, testamento vincolante per chi lo ama, educa il discepolo al dono della propria esistenza pur di contestare le pretese del mondo, preferendo conservare la verginità dell’anima. Il martirio dimostra la scelta di qualcosa di molto più importante e prezioso della vita stessa, un bene alto e imperdibile, che merita persino il sacrificio della propria esistenza fisica: parlo dell’amore assoluto per Cristo, difeso in una coerente, e se necessario anche cruenta fedeltà a Cristo. Il sangue del martirio non ha sporcato e non ha imbrattato il corpo di santa Restituta, ma ha esaltato e fatto risplendere la bellezza purpurea del suo amore giovane e verginale. Le sue trecce non sono state disperse dalla dura legge della condanna capitale, ma continuano ad intrecciare nella Città di Sora stretti e ininterrotti legami di fede e di amore evangelico. La Città è debitrice a santa Restituta per la fede a noi trasmessa. Dover constatare oggi l’abbandono della pratica religiosa cristiana da parte di tanti adulti, e non solo di adolescenti e giovani, non può non rattristare l’animo al pensiero di un reale annacquamento e infiacchimento di quanto trasmesso e ricevuto in Città in quasi duemila anni di cristianesimo.
Non rendete male per male
Oggi è rivolta a noi l’esortazione programmatica dell’apostolo Pietro: “Non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene” (1Pt 3,9). L’espressione fa eco alle parole di 2,21: “A questo infatti siete stati chiamati”. Sopportare per una sofferenza ingiusta crea un’eccedenza d’amore. Questa pazienza (patire) nella sofferenza subita ingiustamente non è una gloria eroica alla pari di quella degli eroi omerici, ma piuttosto un’offerta (sacrificio) della propria vita “gradita davanti a Dio” (vv. 2,20). Questa pedagogia cristiana educa a trattenere la lingua dal male e le labbra da parole d’inganno, perseguendo la pace (vv. 3,10-12, cit. del Sal 34,13-17). In nome della pace che si costruisce con l’obbedienza al Vangelo il martirio di santa Restituta racconta una storia di nonviolenza. Quella dell’apostolo Pietro è un’esortazione sorprendente, impensabile a prima vista. Lontanissima dalla mentalità odierna, ma permette di capire che le sue parole si basano sul comportamento di Cristo, il quale patì da persona leale, onesta, innocente, senza colpa. E’ la forza dell’amore dimostrato dinanzi ad una sofferenza ingiusta che rovescia le relazioni umane, al fine di poterle trasformare in meglio. La vittoria sul nemico non disarma l’odio; solo la non violenza dell’amore disarma ogni forma di guerra. Non una non violenza passiva, indice di resa, remissività, subordinazione e rassegnazione. Quella del martirio di santa Restituta è non violenza attiva che parla del coraggio e dell’ottimismo dell’amore per i nemici: è questo che disarma e può generare la speranza di un ordine nuovo nelle relazioni umane, una logica più costruttiva dell’ordine sociale.
Una rosa per la pace
La non violenza attiva è risposta pacificatrice che cerca il dialogo, lancia ponti, invita all’incontro, favorisce l’ascolto reciproco per la soluzione pacifica di ogni contrasto e contrarietà. La non violenza attiva cerca di disarmare le parole, gli atteggiamenti, le intenzioni aggressive delle menti e dei cuori. La morte nel martirio è la risposta pacificatrice dell’amore di fronte ad ogni azione di odio e di aggressione. Non dobbiamo temere la sconfitta, perché la vera vittoria non è prevalere sull’altro e umiliarlo, ma convincere l’altro al vero bene che disarma l’odio. La pace, su tutto. Non la pace dei pacifisti da salotto, ma quella costruita con tutto l’arsenale evangelico di cui i cristiani dispongono. Così scrive Cesario di Arles (470-542 d.C.): “Anche la pace ha i suoi martiri. Infatti, vincere l’ira, respingere l’invidia come veleno di vipere, domare la superbia, allontanare l’odio dal cuore, tutto ciò è una grande parte di martirio. E ogniqualvolta e dovunque ti pare che sia in pericolo una giusta causa, se rendi testimonianza a suo favore, sei un martire. E poiché Cristo è giustizia e verità, dovunque la giustizia o la verità sono minacciate, se tu le difenderai con tutte le tue forze riceverai la ricompensa dei martiri. E poiché martire significa «testimone», chi avrà reso testimonianza alla verità, senza dubbio sarà un martire di Cristo, che è la verità” (Sermone 225). “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” è stato lo slogan di un’intera generazione reso famoso in Italia dalla canzone “Proposta” dei Giganti del 1967: “…Mettete dei fiori nei vostri cannoni perché non vogliamo mai nel cielo molecole malate, ma note musicali che formano gli accordi per una ballata di pace, di pace, di pace…”. La tradizione legata alla riscoperta del corpo di santa Restituta ci consegna una rosa rossa da metter nei cannoni dei nostri conflitti perché prevalga sempre la pace.
+ Gerardo Antonazzo
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