LA PROFEZIA, TRA DENUNCIA E MISERICORDIA*
Omelia per la celebrazione dei 60 anni
di ordinazione presbiterale di don Antonio Ricci
San Giovanni Incarico, 4 luglio 2024
In questa Celebrazione Eucaristica, la liturgia ci fa la grazia di ricevere ancora una volta, noi come Chiesa e in particolare noi come presbiteri, due pilastri fondamentali del nostro ministero presbiterale: la denuncia profetica del peccato e l’annuncio profetico della misericordia.
Non ero profeta né figlio di profeta
Il profeta Amos viene investito da Dio della responsabilità della profezia. I profeti spesso venivano da una cosiddetta ‘famiglia di profeti’, cioè da scuole profetiche nelle quali i chiamati da Dio apprendevano da un maestro come esercitare questo difficile compito. E oggi, in questa pagina, vediamo la difficoltà, la fatica dell’essere profeta. Nel caso di Amos, lo dice lui stesso, in questo passaggio autobiografico della prima lettura biblica, “non era un profeta, né figlio di profeta”. Dunque, si tratta di una figura individuale, e molto singolare. Dichiara di essere un pastore, raccoglitore di sicomori, frutti che si davano alle bestie. Una persona di poco conto, sconosciutissima: il Signore lo sceglie, proprio lui! Qui c’è tutto il discorso della nostra pochezza, di fronte ad una missione che supera l’uomo, lo sovrasta quanto a difficoltà e responsabilità. Nel periodo di Amos, e anche in altri periodi, esistevano anche i falsi profeti. Amos deve misurarsi con le false parole e ingannevoli promesse fatte al popolo da Amasia, sacerdote del santuario di Betel dove si praticava l’idolatria, dove si offrivano sacrifici agli idoli. Il falso profeta promette gioia e felicità a tutti, parole a basso costo, per tutti. La gente che viveva male perché praticava l’ingiustizia, il ladrocinio nel commercio, la perversione sessuale giustificata dalla prostituzione sacra praticata nei templi idolatrici. Il falso profeta elogiava e giustificava l’immoralità delle persone e le gravi ingiustizie sociali. Amos lo definirei volentieri il fondatore ante litteram della Dottrina sociale biblica. La pessima condotta di Israele avallata dalla falsa predicazione di Amasia attirare la distruzione del Regno del Nord da parte dell’impero assiro nel 721 a.C. La Samaria diventerà una terra desolata, con pochi sopravvissuti alla deportazione assira, i cui abitanti si mescoleranno tramite matrimoni con gente pagana, contaminando gravemente la purezza della religione monoteistica ebraica. Ciò sarà causa di dissidi e odi di natura religiosa e sociale con la regione della Giudea.
Una Chiesa profetica
La Chiesa riceve dal Signore, con la grazia dello Spirito, il compito, la missione di parlare con la parola di Dio e di dire quello che Dio vuol far giungere al cuore dell’uomo, perché si converta e viva. Tutti, per il Battesimo, siamo partecipi di Cristo sacerdote, re e profeta. All’interno del popolo profetico, ci sono uomini chiamati in modo specifico alla partecipazione alla profezia di Cristo, annunciatori della Parola. E’ quella Parola di Dio che l’autore della Lettera agli Ebrei, la paragona ad una spada a doppio taglio, perché ferisce quando condanna il peccato, l’ingiustizia sociale, il nostro comportamento, le nostre condotte, i nostri pensieri, i nostri rapporti ipocriti, le nostre malvagità, le nostre tentazioni malsane; ma allo stesso tempo ci guarisce, perché estingue ed estirpa il male dal cuore dell’uomo. La parola del vero profeta è sempre una parola con Dio condanna e allo stesso genera speranza. E’ la Parola che ferisce perché aggredisce il male, lo denuncia, lo scova e lo scopre, lo rimprovera e lo disprezza. Ci fa male riconoscere il male del nostro cuore, ma è l’inizio della guarigione perché apre alla misericordia, si fa promessa di salvezza. Il paralitico viene portato davanti a Gesù, viene portato da altri perché lui non era autonomo. Non cammina, ma nemmeno parla, non dice nulla, non chiedo, non invoca. È Gesù che adempie la parola, prende l’iniziativa: “Coraggio, ti sono rimessi i tuoi peccati”. Oltretutto al tempo di Gesù ogni forma di malattia, era considerata come una punizione di Dio. Era una mentalità corrente. La gente mormora contro le parole usate da Gesù: “Ma come può permettersi di rimettere il peccato?”. Cioè: chi crede di essere? Bestemmia, perché solo Dio può perdonare i peccati! E Gesù per dimostrare che è il figlio di Dio, dice al paralitico già salvato: “Alzati e cammina”. Guarisce prima il cuore e poi il corpo, salvezza e salute. Non c’è una vera salute dell’uomo che on implichi anche la salvezza del cuore. Quell’uomo evidentemente aveva molto peccato, dal momento che Gesù gli dice: “Coraggio, ti sono perdonati i tuoi peccati”. Poi, quando le folle vedono anche il miracolo della guarigione fisica, “furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini”. Gesù dona salvezza anche attraverso di noi, attraverso il ministero della Chiesa. Gesù ha dato potere alla Chiesa, tramite il ministero dei presbiteri, di perdonare, ma non ha dato il potere di non perdonare!
Parole di misericordia
Carissimo don Antonio, celebri oggi i 60 anni della misericordia di Dio su di te e su coloro che tramite il tuo ministero hanno ricevuto la grazia del perdono. Hai annunciato la Parola per la conversione, perché la Parola di Dio non è mai solo di condanna. La minaccia della sciagura è sempre per la conversione, non per la distruzione. Perché l’ultimo e più nobile fine della Parola di Dio è sempre la misericordia. E a questo il Signore vuole condurre l’uomo d’oggi, ognuno di noi, l’umanità di oggi. Per questo ringraziamo il Signore per il ministero della Parola e della Misericordia esercitato dai presbiteri. E preghiamo perché a ognuno sia data la possibilità, la grazia, non solo di sentire il peso delle proprie colpe, ma soprattutto la grazia della rinascita. A volte è difficile credere che sia una parola vera. Il Dio della misericordia: credere davvero che quando il Signore ti dice attraverso il ministero del presbitero: “Coraggio ti sono perdonati i tuoi peccati, vai in pace”, la grazia del perdono è incondizionata. La profezia e la misericordia si coniugano sempre insieme. Dio non può volere la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez 33,11).
*Testo da registrazione, non rivisto
+ Gerardo Antonazzo
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