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“La verità rende liberi”, Omelia per la Liturgia delle Ceneri

LA VERITA’ RENDE LIBERI

Omelia Liturgia delle Ceneri
Sora-Chiesa Cattedrale, 22 febbraio 2023

 

“Ritornate a me con tutto il cuore … laceratevi il cuore… ritornate al Signore” (Gl 2,12).

Nella liturgia penitenziale delle Ceneri risuona in modo perentorio e accorato l’invito per un deciso cambiamento di rotta. Quello del ritorno a Dio è un appello urgente, quasi un ultimatum, come se il tempo a disposizione stia per scadere. Il percorso quaresimale rilancia l’eco di questo grido paterno di Dio che invita al ravvedimento della coscienza, per godere del suo amore viscerale e arrendevole perché Egli …è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore.

Venirsi incontro

Ritornare” e “ravvedersi” sono moti dell’animo che riguardano e coinvolgono Dio e l’uomo: se l’uomo ritorna verso Dio con il cuore sinceramente pentito, anche Dio promette di volgersi a favore dell’uomo, passando dal proposito del male a sentimenti di misericordia e di tenerezza. Se Dio è disposto a cambiare intenzione, allora finalmente l’uomo è incoraggiato a sperare nella bontà del Signore, perchè Egli lasci dietro a sé una benedizione: “Io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa!” (Ez 33,11). La benevolenza di Dio rimanda all’alleanza: la fedeltà di Dio richiede e risponde alla fedeltà dell’uomo. Dio è sempre pronto a ricredersi, a passare dalla delusione alla misericordia a condizione che l’uomo decida di cambiare interiormente e non in apparenza: “Ricordiamoci quel gesto: quando la notte, fra il giovedì e il venerdì, Gesù si trovò davanti al tribunale del Sinedrio il sommo sacerdote gli pose la domanda: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”; e quando Gesù diede la risposta affermativa, Caifa si stracciò le vesti (cf. Mt 26,59-68) … Il gesto di stracciare le vesti esprimeva sdegno, santa ira, ed esprimeva anche il dolore. Manifestava un grande sconvolgimento interiore. Ma poteva anche essere un gesto puramente esterno, che non raggiungeva l’intima verità del cuore. Perciò il profeta ammonisce: “Laceratevi il cuore!” (Giovanni Paolo II, 1° aprile 1979).

 

Il cantiere del cuore

Dio chiede di ritornare a Lui perchè guarisca il nostro cuore contagiato e avvelenato dai vizi, umiliato dal male di cui è capace. La decisione del ritorno spetta all’uomo, la guarigione del cuore è solo opera della grazia di Dio: “Crea in me, o Dio, un cuore puro … un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi” (Sal 50, 12.19). Se la conversione non riguarda il cuore, ogni presunto cambiamento sarà illusorio: “Gesù non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo” (Gv 2,25). Nell’abisso del cuore umano può arrivare soltanto Dio, che vi abita: “Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri” (Sal 128,23). Lui lo guarirà, se ci lasciamo rovistare dentro, rivoltare come un calzino, scrutare in ogni anfratto, anche il più segreto e nascosto, fino a lasciarci strapazzarci, se necessario. “Circoncidere il cuore” (cf Dt 10,16) significa resecare la durezza interiore che impedisce di obbedire a Dio e di fidarci di Lui: “Il Signore, tuo Dio, circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza, perché tu possa amare il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima e viva” (Dt 30,6). Significa insomma liberare sé stessi da ogni ostacolo, per pensare e volere secondo Dio. Nella Bibbia, il cuore è inteso come il centro decisionale per l’uomo, nel bene e nel male. Per lacerare la durezza e la cattiveria del cuore umano Dio usa la parola risanatrice del perdono, glorioso frutto dell’albero della Croce. E questo commuove, fino alle lacrime; e sarà un pianto di guarigione, perché ogni lacrima scaturita dal tempio interiore del cuore, purifica e risana: “Queste acque scorrono verso la regione orientale … sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà” (Ez 47,8-9). Il cammino penitenziale della quaresima affidato alla forza della Parola e alla grazia della tenerezza di Gesù crocifisso ci permetterà di celebrare la Pasqua “non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità” (1Cor 5,7-8).

Rifiuti speciali

La sapienza abita nel cuore che sa discernere (cf Pr 14,33), e sa riconoscere in modo ben differenziato ciò che è gradito a Dio da ciò che deve essere smaltito, alla stregua di un “rifiuto speciale” altamente nocivo per la salute dell’anima: “Più di ogni cosa degna di cura custodisci il tuo cuore, perché da esso sgorga la vita” (Pr 4, 23). Tra i rifiuti speciali ad alta tossicità il vangelo oggi segnala ripetutamente l’ipocrisia. Nella catechesi molto ruvida che Gesù rivolge agli ascoltatori, la qualifica di “ipocriti” sembra ormai corrispondere pienamente al termine “farisei”, anche se nel brano odierno non vengono citati. Nel discorso di Gesù per ben tre volte viene ripreso il termine ipocriti (giudizio negativo) e ugualmente l’espressione nel segreto (giudizio positivo), in forma di contrapposizione netta tra i due atteggiamenti. “Ipocrita” è un termine che viene dal mondo dello spettacolo, e prendendo spunto dal ruolo esercitato con l’uso della maschera, significa apparenza, inganno, finzione, comportamento non schietto, non sincero. Insomma, indica una persona con un “cuore doppio” e dalle “labbra false” (cf Sal 12,3). L’ipocrisia delle persone che indossano una maschera o più di una maschera, è centrale nella riflessione di Pirandello e trova la sua massima espressione nel romanzo Uno, nessuno e centomila: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. I rabbini dicevano che il 90% dell’ipocrisia del mondo si trova in Gerusalemme (cf Ger 23,15). Il “segreto” che Gesù raccomanda richiama la stanza interiore della nostra coscienza: è lì che Dio vi legge l’autenticità delle nostre intenzioni e comportamenti. Gesù intende accentuare questo aspetto contro una pietà che pretende solo di mettersi in mostra.

 

Conversione sinodale

“Vi domando, per favore, questi atteggiamenti di fratelli nel Signore: parlare con parresia e ascoltare con umiltà” (Papa Francesco). La parresia significa franchezza, il coraggio e la necessità di parlare in modo esplicito e diretto, senza ipocrisia: “Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»; il di più viene dal Maligno (Mt 5,37). La conversazione spirituale nel cammino sinodale richiede la conversione del cuore, contro ogni tentazione di protagonismo e di apparenza. L’ascolto sarà pulito se non opponiamo la barriera dei pregiudizi, se accogliamo le parole degli altri con un cuore fraterno e in spirito di condivisione profonda. “Siamo rinviati a una pratica, vitale nella Chiesa, di collegialità e di corresponsabilità. Pratica che è fondamentale per arrivare a sentirsi davvero parte della comunità stessa e che, al tempo stesso, esprime tale appartenenza e partecipazione” (L. Manicardi). La sinodalità viene edificata nell’ascolto vissuto in autenticità, fuori da ogni doppiezza e menzogna, ipocrisia e falsità, ma in sincerità e verità, con spirito di carità e di servizio. “Per poter comunicare secondo verità nella carità, occorre purificare il proprio cuore. Solo ascoltando e parlando con il cuore puro possiamo vedere oltre l’apparenza … Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla.” (Francesco, Messaggio comunicazioni sociali 2023). La sinodalità educa il cuore alla verità, con se stessi e con gli altri: “La verità vi renderà liberi” (Gv 8,32).

                                                                                                 + Gerardo Antonazzo

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