Custodito dalla Parola
Il Vescovo Antonazzo ha ordinato D’Amata diacono. La vocazione è un dono che si compie ogni giorno fra le fragilità della vita
Nei Primi Vespri della Solennità della Natività di san Giovanni Battista, è stata celebrata, lo scorso 23 giugno, l’Ordinazione diaconale del seminarista pontecorvese Florin D’Amata (anni 30). Un evento di notevole portata ecclesiale per la diocesi di Sora-Cassino- Aquino- Pontecorvo che, nel tempo incerto dell’acme della pandemia e della fase dell’incipiente ripresa, è stato accolto e preparato con sentimenti ancora più vivi di gioia e gratitudine per il dono delle vocazioni e dei nuovi inizi che il Signore, insieme con esse, continua a provvedere. La parrocchia di Santa Croce in Castelliri, dove D’Amata ha concluso la sua ultima esperienza di apprendistato pastorale, ha offerto il luogo al rito di Ordinazione, che si è svolto sul sagrato digradante della chiesa, la cui facciata, in stile goticheggiante, ha fornito l’architettura absidale all’altare, situato al culmine della scalinata.
Gremito ed ordinatamente occupato il piazzale, adibito, secondo le norme sanitarie vigenti, a spazio per l’assemblea dei fedeli. Un’atmosfera solenne eppure intima – tipica soltanto di quei contesti comunitari autenticamente vissuti – ha unito al medesimo sentire i presenti: dai familiari ai fedeli cristiani primi trasmettitori del Vangelo, che è, essenzialmente, vocazione alla stessa fede e alla stessa condotta di vita; dai presbiteri diocesani, figure emblematiche di paternità umana e sacerdotale, ai preti educatori di Florin al Pontificio Collegio di Anagni, fino ai compagni seminaristi complici e, al contempo, anch’essi formatori, benché alternativi, dell’ordinato, a motivo dello stesso dono della vocazione sacerdotale, per la sua origine divina sbalorditivo, ma fragile per la sua essenziale appartenenza alle precarietà umane di chi lo riceve e custodisce.
Proprio il carattere “dialettico” della vocazione, manifestabile in tutta la sua miseria e in tutta la sua nobiltà, ha costituito il nucleo centrale dell’omelia che il vescovo Gerardo Antonazzo, dopo l’elezione del candidato, ha rivolto ai fedeli. La frase scritta sullo striscione affisso al balcone del palazzo prospicente la piazza: “Comincia col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, infine l’impossibile” ha dato al Pastore diocesano l’input per parlare dell’entusiasmo iniziale legato ad ogni chiamata/incontro con Dio (in particolare, l’Ordine sacro) suscettibile a ridimensionamento attraverso il confronto con la realtà, che, pur fornendo la misura del possibile, apre anche alla certezza dell’impossibile che solo Dio farà. A tal proposito, Antonazzo ha affermato: «Dio non può pretendere la nostra infallibilità, conosce piuttosto la nostra “inaffidabilità”: e mentre sostiene la nostra debolezza, chiama in causa la nostra obbedienza quale segno del nostro affidamento a Lui attraverso la comunione con il Vescovo». Illustrando, poi, l’esigenza dello stato di vita verginale derivante dall’ordinazione diaconale, il Vescovo ha formulato la sua seconda linea meditativa: «solo la forza dell’amore fa la nostra nobiltà d’animo»; attraverso la richiesta di un amore massimo e totale, la fragilità e la fallibilità dell’inevitabile momento di prova umana sono risanate e risarcite. A Florin il Presule ha infine indicato l’essenza del servizio diaconale con tali parole: «Il ministero ordinato del diacono può avere un senso solo se sa offrire segni e strumenti perché l’uomo si avvicini al mistero di Dio, consapevole che egli deve portare fino alla soglia di Dio e poi tirarsi in disparte, senza mai occupare il terreno di Dio». La liturgia dell’Ordinazione è proseguita con gli impegni dell’eletto, l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione da parte del Vescovo e i riti esplicativi, la vestizione degli abiti diaconali e la consegna del Vangelo, con la quale Florin ha ricevuto l’ammonimento a divenire annunciatore della Parola della fede, a credervi nel proclamarla, a viverla nell’insegnarla. La restante parte del rito, Florin l’ha celebrata, per la prima volta, da diacono, sulla ed oltre la mensa dell’altare dalla quale guarderà e servirà alle povertà umane, memore delle proprie e conscio di essere affidato alla ricchezza del Vangelo di Cristo.
Andrea Pantone
Foto: Anita Giovannone