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Omelie Vescovo Gerardo Antonazzo

“Maria, esempio di coraggio e di creatività” – Omelia per la festa dei passaggi dell’Oasi Mariana Betania (Alvito-Parr. S. Simeone, 25 marzo 2023)

MARIA, ESEMPIO DI CORAGGIO E DI CREATIVITA’*

Omelia per la festa dei passaggi dell’Oasi Mariana Betania
Alvito-Parr. S. Simeone, 25 marzo 2023

 

Cari amici,

in ogni Eucaristia la Parola è “annunciazione del Signore”. La liturgia della Parola è la liturgia dell’annuncio: un annuncio in cui il Signore parla – e lo dichiariamo professando anche la nostra fede: Parola di Dio, Parola del Signore -, ma è anche annuncio che parla del Signore, lo rivela e introduce nel suo mistero. Dio rivelandosi permette a noi di comprendere, accogliere la sua rivelazione. Lo dichiara il Concilio Vaticano II nella Dei Verbum: “Dio si rivela agli uomini manifestando se stesso”. Dio parla per rivelare sé stesso e ammettere gli uomini alla piena comunione con sé; Dio parla, rivela sé stesso e ci fa entrare nella conoscenza profonda di Lui.  Il parlare del Signore in ogni Eucaristia si fa carne sull’altare, nel sacramento del pane e del vino. Due mense che ci nutrono dell’unico mistero di Cristo, nella forma della Parola e nella forma di una Parola che si fa carne nel pane e nel vino eucaristici: qui è Nazareth, Hic Verbum caro factum est!

Quanto è importante per noi entrare in questa casa spirituale che chiamiamo Nazareth, entrare cioè nella esperienza di Maria perché sia esperienza della Chiesa: Maria come la Chiesa, l’Annunciazione del Signore a Maria e l’Annunciazione del Signore alla Chiesa, dal grembo di Maria e dal grembo della Chiesa: è sempre il mistero di Cristo, che si annuncia e si incarna. Che cosa significa per noi entrare in questa dimensione spirituale di Nazareth? Scoprire e vivere per noi due qualità che hanno segnato la vita di Maria e di Giuseppe: coraggio e creatività. A me piace molto questo binomio, perché è molto provocatorio: piace, ma è scomodo. Perché? Cosa segna, cosa caratterizza l’esperienza di Maria Nazareth? E cosa dovrebbe caratterizzare la nostra esperienza eucaristica e discepolare? Ciò che Maria ha vissuto e trasmette alla Chiesa: il coraggio e la creatività. Nazareth credo che sia proprio questo: il coraggio di ascoltare e la creatività dell’agire, tutto a partire da Dio e secondo Dio. La parola coraggio è molto bella, perché è una parola composta, tiene dentro il termine cuore: agire con il cuore, Significa affrontare di petto le situazioni. Maria è stata capace di coraggio, come Giuseppe, nel mettere in gioco il cuore, e agire con il cuore di fronte alla Parola di Dio, di fronte al mistero di Dio. È il coraggio di tenere il dialogo a testa alta con Dio. A volte certe raffigurazioni artistiche di Maria, immaginata come una donna remissiva, quasi ripiegata su se stessa, non esprimono il vero. L’Annunciazione è il contrario: Maria tiene testa a Dio, sa dialogare con Dio. Dimostra il coraggio di dire: “Ci sono, ti ascolto”. Ascoltare Dio è sempre rischioso, nel senso che è Dio è imprevedibile. Noi soffriamo un limite: da duemila anni ascoltiamo e riascoltiamo il Vangelo, e purtroppo ci siamo proprio assuefatti. Maria dimostra il coraggio di esporsi senza schermi difensivi, senza scudi protettivi. Quando ascoltiamo qualcuno e immaginiamo dove vorrebbe andare a parare, siamo pronti ad una reazione difensiva: questa è mancanza di coraggio.

Vediamo in Maria il coraggio di ascoltare Dio e di reagire, di dire la sua, di porre domande, di porre delle questioni, di chiedere per capire meglio. Dimostra il coraggio di un’apertura del cuore, per poter entrare dentro questo mistero del Signore, che parlando rivela sé stesso. Che cosa significa per Maria questa consegna che Dio fa di sé stesso? E nella mia vita che cosa diventa questa consegna della Parola di Dio per me? Come è possibile? chiede Maria, non per impedire ma per entrare dentro, non per tirarsi fuori da quella Parola, ma per entrare ancora più dentro e andare avanti, fin dove Dio spinge questo dialogo. Quando oggi ascoltiamo la Parola di Dio è difficilissimo per noi fare un passo indietro, cioè metterci nella condizione di chi per la prima volta ascolta quella Parola. A noi il coraggio manca perché siamo abituati, sappiamo come va a finire, è una storia, un film che abbiamo visto già tante volte. Questo ci penalizza. Per Maria era la prima volta: è stata la prima e l’unica volta. Allora dobbiamo metterci dalla parte di chi per la prima volta entra in quel dialogo inimmaginabile, con il coraggio di ascoltare Dio in modo pulito, come una tabula rasa che permetta di gustare l’irruzione della Parola. Ecco il coraggio della fede con cui Maria si apre, il coraggio di continuare ad ascoltare, il coraggio di cominciare a dire che qualcosa sta cambiando, nel dialogo con Dio qualcosa sta cambiando, rispetto a quello che Maria pensava dei suoi progetti. Il suo coraggio, oltretutto, toccava anche il rapporto con Giuseppe. Che cosa sarà di quella storia con Giuseppe? Come sarà presa da Giuseppe la novità, la notizia dell’Angelo? Ecco, il coraggio di andare avanti, non fermarsi a metà strada, non mettere un freno, non mettere uno stop.

La creatività viene di conseguenza: chi ha il coraggio di andare avanti, di affrontare di petto l’esperienza di Dio, l’esperienza della fede, l’esplorazione del suo mistero, la rivelazione della sua presenza, allora scopre per necessità, il bisogno della creatività, perché Dio per ognuno di noi apre strade nuove. La creatività è necessaria, è la capacità di immaginare, esplorare percorsi nuovi, orizzonti nuovi, cammini inediti, passi non attuati, strade mai attraversate. Ogni tanto mi capita – grazie a Dio sempre più raramente – di percorrere strade nuove nella diocesi per accorciare le distanze e i tempi di percorrenza, e dire: “Qui non ci sono mai passato, è la prima volta che passo da questa strada”. La creatività è attraversare strade che non abbiamo mai percorso, la creatività è immaginare delle svolte inedite nella nostra vita. Manchiamo di creatività, anche le nostre parrocchie, le nostre comunità sono ripetitive. Lo dico anche in merito a quello che è il cammino dell’Oasi, come nel cammino di una parrocchia: “Ma qui, oggi, non più ieri, il Signore che cosa ci sta chiedendo rispetto a quando è nata l’Oasi più di 30 anni fa?”. Il Signore che cosa chiede all’Oasi? Forse le stesse cose di 30 anni fa? E’ una domanda. La creatività e l’immaginazione nell’interpretare la Parola di sempre, che non cambia, e anche l’Oasi Mariana Betania cambia. Non cambia la Parola, cambia il mondo. Dunque la Parola di sempre, quale immaginazione e creatività può oggi chiedere a noi per ulteriori passi? Quante volte Papa Francesco ha chiesto – e lui lo ha fatto – di scombinare la rigidità dei nostri schemi, perché a volte siamo come in una gabbia, che può diventare una prigione, che non ci permette di guardare da una finestra, per vedere qualcosa di nuovo, che forse è lì, fuori, ad attendere, per captarlo, interpretarlo, coglierlo. Cercate di non essere mai uguali a voi stessi, perché quando cominciamo a diventare a ripeterci troppo vuol dire che stiamo già invecchiando: è la sclerosi spiritual e pastorale. Quando noi cominciamo a ripeterci è un guaio: quando un prete ripete sempre le stesse ha esaurito le sue energie. Quando inizia a mancare la creatività e l’immaginazione nel dire l’annuncio di sempre, può significare il declino.

Il coraggio e la creatività: il coraggio di andare oltre il dato acquisito, per rimettere in discussione le certezze che alla fine diventano una forma di protezione. Maria nella casa di Nazareth che cosa ha offerto al Signore? La sua disponibilità, con coraggio e creatività. Maria ha detto: “Eccomi sono la serva del Signore, fa’ quello che vuoi, non lo immaginavo ma fai quello che vuoi”. Serva non significa sottomessa! Guardate che alla fine di quel dialogo – ecco il coraggio, la creatività – Mari non aveva capito nulla lo stesso: se acconsente non è perché ha capito tutto quello che sarà dopo, accetta perché ha capito che c’era Dio di mezzo, e quando siamo sicuri che sia Lui non resta che dirgli: “Fai quello che vuoi”. Quando Mari dice: “Ecco la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” è come dire: “Fa’ come credi, Non ho capito nulla. Fai come credi, non ho nulla in contrario”.  Il resto viene dopo. “E l’angelo partì da lei”. Quando l’angelo va via, immaginiamo Maria a Nazareth sola, sola con se stessa, mente pensa: “…e adesso? che devo fare?”. È una bella domanda, che non è presente nel racconto dell’Annunciazione. Dio lascia l’ultima parola sempre a noi –  e lui parte, ma non perché se ne va, per lasciare a noi la possibilità di pensare: “Adesso tocca a me”. Immaginare, progettare, guardare avanti, scombinare e riordinare, in modo completamente inedito. Da lì poi riparte una storia completamente diversa, che porta verso traguardi impensabili rispetto a quelli che Maria immaginava per sé  e per Giuseppe.

Chiediamolo al Signore il dono del coraggio e della creatività. E non è facile perché noi siamo molto sedentari a livello spirituale, abbiamo delle posizioni acquisite, stiamo bene così, andiamo avanti così, perché cambiare? ma questo non significa crescere. Crescere significa cambiamento, il coraggio di crescere, il coraggio di affrontare nuove sfide. La creatività, alla fine, a che cosa serve? è la capacità e la voglia di mettersi in gioco, affrontando sempre nuove sfide. Quanto è necessario pensare questo nei rapporti di coppia, nei rapporti personali, nei rapporti professionali, nei rapporti ecclesiali: è bello questo coraggio e creatività. E’ il Signore che ci sta chiedendo qualcosa di nuovo. Lasciamo aperta la domanda: quali sfide ci sta ponendo?

* Testo da registrazione

 

 

                                                                                   + Gerardo Antonazzo

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