Ancora un momento forte di commemorazione per l’80° anniversario della distruzione di Montecassino e Cassino per giungere pienamente alla verità storica
La salvaguardia del patrimonio artistico dell’abbazia e la ricostruzione
Un appuntamento a cui davvero non si poteva mancare, quello di martedì 12 novembre nella Sala degli Abati del Palagio Badiale di Cassino in Piazza Corte. Venivano presentati due libri interessanti e importanti, incentrati soprattutto sul difficile e avventuroso salvataggio del patrimonio artistico dell’abbazia di Montecassino e non solo, durante il secondo conflitto mondiale. Niente di meglio per completare la serie di commemorazioni realizzate in questo 2024 e suggellare così l’80° anniversario della distruzione dell’abbazia di Montecassino e della città di Cassino.
Il primo libro, fresco di stampa, è di Dom Mariano Dell’Omo, monaco archivista di Montecassino: “Montecassino nella seconda guerra mondiale”, con nuovi documenti, cronache e memoriali sul bombardamento, il salvataggio di archivio e biblioteca, la ricostruzione.
Il secondo è dello storico Gaetano de Angelis Curtis, “Il salvataggio dei beni artistici, culturali e religiosi nel 1939-1944 tra Montecassino e le località di deposito dell’Italia centrale”.
A introdurre l’ampia e variegata tematica e a coordinare l’incontro, è stata la giornalista Maria Cristina Tubaro, che ha invitato l’Abate di Montecassino Luca Fallica a prendere la parola. Come sempre incisivo e sostanzioso, ha voluto indicare tre verbi particolarmente significativi e importanti: salvare per conservare, custodire, con l’impegno a conoscere, studiare e rendere fruibile la conoscenza, ricostruire, attraverso percorsi nuovi incarnati nel presente e sporgenti nel futuro.
Si è andati al centro dell’argomento con l’intervento del Prof. Lutz Klinkhammer, dell’Istituto Storico Germanico di Roma, grande studioso e conoscitore di quei tormentati anni. Ha dimostrato grande apprezzamento per il nuovo volume di Dom Mariano, che pubblica con straordinario studio e cura nuovi documenti, anche in originale, e una ricca documentazione fotografica che, ha ricordato, è contemporanea ai fatti, mentre quella scritta è posteriore. Centrale è la questione del salvataggio e conservazione del patrimonio artistico e culturale. Più la documentazione è numerosa e da diverse fonti, maggiore è la possibilità di giungere alla verità storica. La documentazione più preziosa, ha osservato, è quella dei monaci, gli unici che non avevano mire nascoste o interessi personali. Ci sono varie relazioni sugli avvenimenti stilate dai monaci. Ha ricordato le figure dei due militari tedeschi che proposero all’Abate Gregorio Diamare di portare in salvo i testi e le opere conservate nell’archivio e nella biblioteca dell’abbazia, Julius Schlegel e Maximilian Becker, e poi le difficoltà, gli intrecci, le astuzie e le cautele dell’una e dell’altra parte, nel timore che il patrimonio (che comprendeva anche materiali affidati in custodia all’abbazia) prendesse vie diverse, non di salvataggio ma di appropriazione privata da parte di qualcuno. Tante le personalità in gioco, in una realtà variegata, tra furto e salvaguardia. Ha definito ottima anche la documentazione riportata sul libro di De Angelis Curtis. E ha concluso: c’è ancora da ricercare, c’è spazio per ulteriori studi e ricostruzioni.
L’architetta Giuseppina Torriero Nardone, del Ministero della Cultura, ha osservato che abbiamo le parole dei personaggi di allora, di prima mano e di fronti diversi, che vanno ancora confrontate e studiate per ricostruire intera la verità storica. Il libro riporta anche documenti sui programmi, le idee e i criteri per la ricostruzione: per Montecassino prevalse il criterio “Dov’era, com’era” che, come ha dimostrato, riprendeva le parole che furono usate la prima volta per il campanile di S. Marco a Venezia, crollato nel 1902. Si aprì su ciò un dibattito in tutte le università italiane e fu allora che nacque la facoltà di Architettura. La “Carta di Atene” affermò che in architettura il restauro richiede occhi nuovi e diversi e occorrono nuove normative; infatti negli anni ’20 -‘40 si sviluppò la legislazione al riguardo. Con slide ha illustrato come si procedette allora, la Commissione ministeriale presieduta dall’Abate, i personaggi. Ma secondo la Torriero, prima ancora dell’Abate Rea, fu Don Angelo Pantoni a sostenere per primo il “Dov’era com’era”. In conclusione, l’architetta ha affermato che il restauro tende a realizzare una nuova opera “come il monumento stesso suggerisce di fare”. Dunque, Montecassino non è stata ricostruita, è stata restaurata!
È stata poi la volta del Prof. Mauro Vincenzo Fontana, dell’Università Roma Tre, che si è soffermato a parlare dei dipinti di Montecassino, avendo lavorato al progetto “Le stanze di Montecassino”, consegnato l’ottobre scorso. Si tratta di un cospicuo gruppo di dipinti, inizialmente ritenuti meno importanti dell’archivio e della biblioteca, ma che, recuperati, furono esposti in una grande mostra di R. Siviero già nel 1947.
Dopo questi interventi, hanno preso la parola gli autori dei due libri, prima De Angelis Curtis, che ha illustrato le vicende esposte nel suo volume e poi Dom Mariano, che ha ringraziato tutti i presenti, le autorità, i collaboratori e tutti i monaci, di ora e di allora, che hanno svolto un lavoro encomiabile di salvaguardia; ha ricordato Don Martino Matronola, poi diventato Abate, e in modo particolare Dom Angelo Pantoni, figura davvero di spicco in quegli anni.
Una serata particolarmente interessante e ricca di suggestioni, che ha mostrato ancora una volta con quanta dedizione, competenza e assiduità Dom Mariano e come lui tutti tutti i monaci, di ieri e di oggi, hanno permesso che quel gran complesso di religiosità, cultura, arte, bellezza, studio, pace, spirito di comunità, sia cresciuto nel tempo e si sia potuto tramandare fino ad oggi da una generazione all’altra, da una distruzione all’altra, nella certezza che Succisa virescit!
È come se una lunghissima catena di seguaci di San Benedetto con umiltà, impegno, con cura e perizia, col sorriso sulle labbra e la preghiera nel cuore ci consegnasse un preziosissimo patrimonio plurisecolare che riguarda tutti, e direi non solo per ammirare opere d’arte, ma per invitare a spendere così la vita, nell’ideale dell’Ora et Labora. Il sacrificio che chiede è ampiamente ripagato dalla pace e gioia del cuore.
Adriana Letta