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Omelia del card. penitenziere maggiore Angelo De Donatis – Messa inizio IV anno Cammino sinodale (9 novembre 2024, Cassino-Chiesa concattedrale)

Celebrazione Diocesana – Diocesi di Sora – Cassino – Aquino – Pontecorvo
OMELIA DEL CARDINALE PENITENZIERE MAGGIORE ANGELO DE DONATIS
9 novembre, Cassino Chiesa Concattedrale

 

Cari fratelli e sorelle,

                                  rendiamo grazie al Signore in questa Eucarestia e lodiamolo per la sua grande bontà e la sua infinita misericordia. Senza il suo amore non saremmo qui oggi e non potremmo rendergli grazie. Diamo perciò voce ai sentimenti di gratitudine che albergano nella nostra mente e nel nostro cuore, per il dono della fede cristiana e in questo giorno, in modo particolare, per i 10 anni di cammino condiviso come nuova diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo.

Alla comunità cristiana che vive in questa terra è chiesto ogni giorno l’impegno a rinnovare una scelta fondamentale, a cui la Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato ci invita: la fiducia nella Provvidenza di Dio. Guardiamo all’esperienza delle due vedove citate nella prima lettura e nel Vangelo. La prima vedova accoglie Elia con un coraggioso gesto di ospitalità, si fida della parola del profeta, intravede nella richiesta di una piccola focaccia da parte di Elia una rassicurazione a fidarsi della Provvidenza, un invito di Dio a non temere, soprattutto quando le certezze, le sicurezze, i calcoli umani non tornano. Il profeta Elia viene come un messaggero importante per la storia d’Israele, poiché, perseguitato dai potenti, trova accoglienza presso questa vedova, che, ridotta alla miseria estrema, ha il coraggio di condividere con lui il poco che le rimane.

 Di quel poco ella fa dono. Non è che una piccola focaccia, ma non importa la quantità di farina utilizzata; è il gesto che rende il dono di grande valore. Siamo di fronte al perenne confronto tra il povero, che condivide l’essenziale e il ricco, che attinge solo dal superfluo.

 Ed è proprio questo che accomuna la vedova che ospitò Elia e la vedova del Vangelo: danno poco, ma quel poco è il loro tutto. Abbiamo infatti ascoltato che la vedova del Vangelo getta nel tesoro del tempio un quattrino che equivale a due spiccioli: la donna avrebbe potuto tenerne uno per sé; invece li offre tutti e due, cioè tutte le sue sostanze, o meglio la sua stessa vita, sì, la vita – come dice il testo originale in greco. Offre tutta sé stessa.

L’atteggiamento di questa donna spicca in aperta opposizione al comportamento dei capi del popolo: questi ultimi dicono cose giuste, ma non le fanno; quella invece non pronuncia alcuna parola, ma in compenso agisce, fa, compie un gesto pieno di significato, un significato per così dire eterno.

 Il Signore Gesù ci sprona a guardarci dagli scribi, tenendoci lontani dalla loro logica, la logica del molto. Il Maestro ci invita a guardare alla vedova e ad assumere la logica del poco, o meglio, la logica del tutto. Il Signore non ci chiede molto, ma tutto, non ci chiede tanto del nostro molto, ma tutto il nostro poco. È questo il dono che il Signore gradisce, l’offerta vera, il sacrificio autentico, il culto sincero.

 Di fronte a coloro che cercano la propria esaltazione compiendo gesti di generosità, la vedova è l’immagine del dono puro e discreto, dell’offerta libera e gradita a Dio, della preghiera che lo Spirito suggerisce, della carità vissuta, della speranza che trasforma.

 Il contrasto in verità è tra la via di Gesù e la mentalità degli scribi e si gioca in un quadro di debolezza e di forza, messe a confronto. Nella nostra debolezza, che lo Spirito Santo trasforma in povertà, si manifesta la potenza di Dio e del suo amore. Il gesto generoso della povera vedova, che non offre solo quanto ha ma anche quanto Ella è, prefigura il gesto supremo di Cristo Gesù che dona tutto sé stesso, fino al dono totale di sé nella sua Morte e nella sua Resurrezione. Si può amare senza misura in modo incondizionato, e Gesù ce ne ha mostrato la via in pienezza.

 Quante volte noi invece giochiamo al risparmio nei gesti d’amore, nella carità concreta e nelle manifestazioni di affetto verso noi stessi e nei confronti degli altri? Possiamo essere pieni di cose, ma carenti nell’amore e nella carità verso gli altri. Eppure, come diceva san Giovanni della Croce, “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”.

Occorre innanzitutto apprendere l’arte di essere fragili, accorgendoci che in realtà non siamo proprietari di nulla. Se non apprendiamo quest’arte, andiamo incontro a insoddisfazione e quasi certamente a infelicità, come accadde al giovane ricco del Vangelo, che potremmo dire, rappresenta il polo opposto rispetto all’anziana e povera vedova.

 Non vogliamo rattristarci come il giovane ricco, ma come la vedova vogliamo davvero camminare alla sequela di Cristo, vogliamo giocare tutta la nostra vita con Lui e per Lui; soprattutto non vogliamo cadere nel tranello di giocare con la fede, vogliamo invece lasciarci mettere in gioco dalla fede e dall’incontro con il Maestro.

 Oggi soprattutto non possiamo più come cristiani essere uomini e donne dello stretto necessario, in particolare nella preghiera e nell’offerta della nostra vita. Vogliamo come discepoli di Gesù metterci a servizio della verità nella carità, desideriamo assumere uno stile permanente di libertà di cuore e di parola. I cristiani infatti sanno dire la verità senza timore, anche quando rischiano in prima persona di non essere capiti o di essere respinti e derisi; sanno correggere senza umiliare e sanno ricevere la correzione senza insuperbire mai.

 Il discepolo di Gesù è in sostanza uno a cui gli altri stanno davvero a cuore. La Vergine Maria del canneto, donna grande perché umile serva, interceda presso Dio e ottenga per ciascuno di noi un cuore libero, una fede sincera e un amore pieno di speranza.

E alla Madonna affido che questa comunità diocesana possa ripetere le parole nascoste nel cuore della vedova mentre affida quel soldo al Dio amato al Dio in cui spera fedelmente: “so che non mi abbandonerai, per questo ti do tutto, ci penserai tu a me: mi affido a Te a Te affido il mio destino”.  Parole che hanno fatto scoppiare la gioia nel cuore di Dio. Non ha bisogno Dio del nostro superfluo, non pesa la quantità ma la vita che metto dentro la vita, l’essenza nascosta e invisibili di una speranza di una fiducia di un amore. Amen.