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Omelia Funerale Marino Terrezza

Stemma di Mons. Gerardo Antonazzo

COME PANE SPEZZATO

 

Omelia per la Messa esequiale di Marino Terrezza

Assistente della Polizia di Stato

 

Giorgio a Liri, 1 agosto 2021

 

 

Carissimi familiari di Marino,

Dirigenti della Polizia di Stato e colleghi di Marino,

Signor Sindaco, cari don Marcello e don Angelo,

amici tutti della comunità di san Giorgio,

 

condividiamo la fraternità di un dolore familiare. È innanzitutto il dolore dei familiari di Marino, papà e mamma, fratello e sorella. A loro rivolgiamo il nostro abbraccio, espressione di sincera partecipazione all’inaspettata tragedia che ha colpito i loro affetti più intimi, più sacri, più inviolabili. È anche il dolore familiare dell’intera comunità di San Giorgio a Liri, che si stringe con commozione intorno alla memoria di Marino. Ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a San Giorgio insieme con i genitori, il fratello e la sorella. Nel 2008, terminati gli studi, è entrato a far parte della Polizia di Stato e da dieci anni prestava servizio in Sardegna alla Polizia Stradale. E’, pertanto, il dolore familiare dei colleghi della Polizia di Stato, consapevoli di aver perso non solo un valido collaboratore, ma una persona amabile, disponibile, generosa. I suoi amici lo indicano come amato da tutti, ragazzo generoso e cordiale, sempre sorridente e disponibile con tutti.

Due domande interpellano e feriscono la nostra ragione; anche se le ragioni della fede possono restituirci la luce immortale della verità divina.

Che senso ha morire così? Perché, Signore?

La giovane vita di Marino è stata spezzata nel momento in cui prestava aiuto lungo la strada ad una persona in difficoltà. Il sacrificio della sua vita rappresenta il significato, lo stile, il valore dell’intera esistenza di Marino, sempre pronto ad aiutare il prossimo. Oggi non servono parole di circostanza, stereotipi formali, perifrasi di raggiro rispetto alla durezza della privazione e della morte. Solo le parole della fede possono fare luce sulla tragicità di ogni dolore umano, ed essere ragione di sicura consolazione e speranza. La “vita spezzata” di Marino è molto illuminata dal “pane spezzato” sull’altare: il corpo di Cristo sacrificato sulla croce per noi è a noi donato come esempio e forza per una vita “sprecata” al servizio degli altri. Il compimento fedele del proprio dovere è stato nobilitato ed esaltato dal sacrificio anche fisico della propria persona. Non c’è una forma più alta e più grande per diventare pane d’amore per gli altri: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13).

Il senso del “morire” trova luce nel valore di una vita donata, anche se fisicamente distrutta da un evento drammatico. Nel vangelo che abbiamo ascoltato Gesù utilizza la metafora più bella di una vita che si fa dono: “pane” per gli altri. Gesù offre alla folla del pane materiale, perché questa è la prima risposta concreta da dare ai bisogni della gente. Marino svolgeva con diligenza la sua professione non solo per amore del suo lavoro, ma con la chiara consapevolezza di dover guadagnare onestamente il “pane” per la propria famiglia. Lui stesso si offriva come “pane” per gli altri nello svolgimento del suo dovere, pronto a farsi “pane” per le necessità altrui. Un’esistenza drammaticamente spezzata nel farsi pane spezzato per il prossimo.

 

Come vivere il nostro dolore? Signore, aiutaci!

Ogni dolore umano abbandonato a sé stesso diventa disperazione, cecità del cuore, assurdità della mente, ribellione e imprecazione contro l’assurdo. Nella crocifissione di Cristo troviamo accanto a Lui altri due condannati. Solo uno dei due chiede in extremis di morire in amicizia con il dolore di Cristo, per poi sentirsi dire da Lui: “Oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43). Morire “crocifissi” con Cristo, rende partecipi del suo Regno; il condannato pentito mette nelle mani di Cristo il suo dolore perché comprende il valore salvifico della croce di Cristo e anche della sua stessa croce. Per dare valore “salvifico” e per non vanificare il sacrificio di Marino, con la nostra preghiera eucaristica offriamo al Crocifisso il sacrificio di Marino e anche il nostro dolore. Nella celebrazione eucaristica noi celebriamo il dolore di Cristo, la sua passione, la sua drammatica croce, la sua morte, la sua risurrezione. Facendo memoria della sua Pasqua, noi celebriamo ogni nostra Pasqua di morte e di vita: uniamo il nostro dolore al suo, la nostra morte alla sua, la sua vita di risorto alla nostra speranza di risorgere con Lui. Ecco il significato della santa Messa: nel pane e nel vino portati sull’altare noi celebriamo il sacrificio di Cristo. Ciò significa che noi oggi, mentre facciamo memoria di una vita spezzata, quella del Crocifisso, memoria di una vita sacrificata, di una vita donata per amore, celebriamo anche la sua vita risorta da morte, e custodita per sempre nella gloria del Padre.

A noi, mendicanti di senso, di verità, di fiducia, di speranza affidabile, nel vangelo odierno Gesù si propone alla nostra vita con parole inequivocabili: “Io sono il pane della vita”. Nel pane eucaristico riconosciamo e riceviamo il corpo di Cristo sacrificato nel dolore, ed è pane che dà vita eterna a quanti lo mangiano. È il pane che sostiene il nostro dolore e lo rende partecipe della sua Croce, perché nessuna lacrima, nessun lamento, nessun grido di dolore sia sprecato, ma piuttosto unito al grido di Cristo morente.

La vita di Marino falciata dalla disgrazia, sacrificata nel dolore, è stata associata alla Croce di Cristo. Ora sia accolta dal Signore come pane buono cotto al fuoco della soave bontà d’animo, pane fragrante di intenso e gradevole profumo di generosità. Con la forza e l’audacia del suo esempio continua dal cielo a nutrire di valori alti, nobili, esemplari la vita di quanti lo hanno conosciuto e continuano a volergli bene. A te carissimo Marino l’abbraccio dei tuoi colleghi, dei tuoi familiari, e dell’intera famiglia di san Giorgio a Liri, per te la preghiera di questa santa assemblea; e nel nome di Gesù Buon Pastore per te la speciale e paterna benedizione del tuo Vescovo. San Giorgio e San Rocco siano i tuoi compagni di viaggio nel tuo ritorno a Dio. Per questo non ti diciamo addio, ma ti affidiamo a Dio.

 

+ Gerardo Antonazzo