RICONCILIARE LA FRATERNITA’
Pellegrinaggio per la pace
Basilica-Santuario di Canneto, 27 marzo 2022
Celebriamo la quarta domenica di quaresima, introdotta dall’Antifona d’Ingresso “Laetáre, Ierúsalem”: “Rallégrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate…”. L’invito alla gioia è motivato e illuminato dall’annuncio della Parola nel quale tutti i testi parlano di misericordia, di abbraccio e di tenerezza divina. Il padre dice ai servi: “Facciamo festa”; e al figlio maggiore: “Bisognava fare festa e rallegrarsi”. La vera gioia scaturisce dal perdono: è il perdono del Padre verso i due figli, perché entrambi bisognosi del medesimo abbraccio paterno. Il testo del vangelo è un inno alla compassione di Dio, Padre misericordioso verso tutti. La dualità nella Bibbia indica la totalità, quindi l’intera umanità. Una sola famiglia umana sulla quale sovrasta sempre la paternità benevola e misericordiosa di Dio che “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). Dichiara l’apostolo: “Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2Cor 5,17-18).
Al perdono ricevuto da Dio sempre corrisponde l’affidamento a noi della pratica e dell’esercizio della riconciliazione: perdonati, per imparare a riconciliarci. Nella parabola non solo la relazione filiale ma anche il rapporto fraterno è chiamato alla riconciliazione, frutto della guarigione da ogni discordia, gelosia, presunzione che allontana tra fratelli. Tutto questo anche nella parabola della vita tarda ad avverarsi, dal momento che il testo di san Luca rimane aperto a tutte le possibili opzioni. La misericordia incondizionata del Padre per entrambi i figli purtroppo non trova compimento nella riconciliazione fraterna. I due fratelli ricevono dal padre il massimo dell’accoglienza e della tenerezza; ma tra loro due resta aperta una “guerra fredda” irrisolta. Sul padre non possiamo nutrire alcun dubbio, ma sui due figli molte riserve, dal momento che il perdono ricevuto non viene portato a compimento così come desiderato dal padre. La distanza tra i due fratelli crea un abisso: da una parte il silenzio del figlio perdonato, dall’altra il rifiuto del fratello maggiore di entrare e condividere la stessa casa, pur di non incontrare il fratello minore. Fallisce la mediazione del Padre, resta impossibile negoziare la pace. La fraternità del figlio maggiore è ferita dalla gelosia e dalla presunzione di avere tutte le ragioni solo dalla sua parte. La sua distanza dal fratello minore e dal padre resta incolmabile e irrisolta. Non c’è mai pace finchè non si disarma il cuore dai sospetti, dalle gelosie, da pensieri conflittuali e minacce, tutti atteggiamenti belligeranti.
Il tempo di grazia della Quaresima ci fa riscoprire ogni giorno che siamo chiamati da Dio ad essere persone veramente umane, ma ciò che ci umanizza non sarà mai la violenza, bensì il perdono con il quale reciprocamente impariamo a prenderci cura non solo della nostra fragilità, ma anche di quella degli altri. La Pasqua di Cristo, alla quale ci prepariamo, è sacramento di riconciliazione e di pace, e ricostruisce in noi un cuore di carne capace di cogliere il bene possibile che c’è in ogni persona, anche quando sbaglia. “Solo un cuore nuovo abitato da Dio ci permette di trasformare ovunque le nostre spade in aratri e le lance in falci, a non fomentare tra di noi lotte e conflitti, a perseguire con la forza e con la luce che viene dal Signore il cammino da seguire, per diffondere la pace” (Diana Papa). Il cristiano non è un pacifista che innalza cartelli e striscioni per addebitare colpe per la guerra e bacchettare le scelte sbagliate con moralismi da disimpegno, ma è lui stesso un pacificatore, un costruttore di fraternità, un operatore di pace.
Cari amici, non esisteranno mai ragioni per una “guerra giusta”; esiste la ragione umana per poterla evitare; a noi il dovere di custodire la nostra ragione, illuminata dal Vangelo, in maniera integra e retta. Pensando all’espressione aberrante di “guerra giusta” don Tonino Bello dichiarava con coraggio: “Questa sì che è convivenza contro natura”. La guerra è sempre ingiusta perché sul campo non lascia mai qualcuno come “vincitore”, perchè tutti sconfitti e perdenti. La guerra è sempre e soltanto una disfatta: sconfitta della ragione, della verità, dell’umanità. Così si esprimeva padre Davide Maria Turoldo in un suo lungo intervento del 1967: “Ho capito, Signore. La pace non me la può dare nessuno. È inutile che speri. I governi, gli stati, i continenti hanno bisogno di pace anche loro e non ne sono capaci. E camminano tutti su strade sbagliate. Essi pensano che la pace si possa ottenere con le armi, incutendo paura agli altri stati e agli altri continenti. E intanto si armano, e studiano sistemi sempre più potenti e micidiali. Tutti vogliono essere forti. Dicono: solo un forte può imporre il rispetto e la pace. Come se la pace fosse un fatto di imposizione e non d’amore”.
Se diciamo e se siamo convinti che la vera pace la può donare Gesù risorto, è perché frutto della riconciliazione e del perdono a prezzo di sangue. Anche a noi costa sangue perdonare, ma solo “perdonando si è perdonati” (San Francesco, Preghiera semplice). Per garantire la pace non abbiamo offerte di altre efficaci strategie. Siamo consapevoli che non ci sarà mai sulla terra una giustizia perfetta che possa assicurare la pace definitiva. Solo la condanna di ogni violenza da una parte, e la plusvalenza della misericordia dall’altra potranno far fiorire la pace possibile. Non sarà mai la diplomazia dei ricatti e degli interessi dei più forti a portare pace, bensì la diplomazia del cuore, della fraternità, della tenerezza, del dialogo, dell’abbraccio tra fratelli diversi, mai nemici. Questa è la pace che Gesù promette: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14,27). La diplomazia del terrore costruita sul ricatto delle ritorsioni e sulla minaccia del reciproco annientamento non ci dà pace, e non può favorire la pace. Quando la pace viene tradita, accecati dall’ odio e dalla smania di onnipotenza, si prosciuga ogni rispetto per la dignità della persona umana, e si torna a diventare homo homini lupus, incattiviti dall’egoismo e dalla sete di potere che arriva a considerare l’essere umano solo come un trascurabile cumulo di cellule da poter violentare in qualunque maniera. La drammatica postilla è che ogni persona può essere uccisa, vilipesa, torturata, senza che ciò abbia alcuna conseguenza. Ecco perché anche l’attuale conflitto bellico Russia-Ucraina merita la dura condanna di Papa Francesco: “Ancora una volta l’umanità è minacciata da un abuso perverso del potere, interessi di parte che condannano la gente indifesa a subire ogni forma di brutale violenza… Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra; chi appoggia la violenza ne profana il nome. In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime, non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria”.
Carissimi sorelle e fratelli,
chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (Art. 11). L’Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria non ci giustifica né ci dispensa dalle nostre responsabilità, non perdona le nostre irresponsabilità se non perché capaci di sincero pentimento. L’Atto di affidamento non è un atto di delega. La preghiera non un atto di disimpegno. Piuttosto è richiesta di perdono e di aiuto per credere che la pace, dono di Dio, è resa possibile dal buon uso della nostra ragione, volontà, impegno secondo la logica del Vangelo che richiede al discepolo di non recalcitrare mai nell’amore, fino all’estremismo cristiano: “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44). Non una bellezza qualunque, ma solo la bellezza dell’amore salverà il mondo.
+ Gerardo Antonazzo
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