Omelia per Ammissione agli ordini di Danilo Messore
Basilica-Santuario di Canneto, 18 agosto 2020
Nella pagina del vangelo continua il dialogo tra Gesù e il giovane che lo interpella su ciò “che cosa bisogna fare di buono per avere la vita eterna” (Mt 19,16). Nella prima parte dell’episodio ritroviamo la risposta di Gesù che invita il giovane a osservare i comandamenti, richiamati alla memoria con alcuni esempi (vv.18-19). Di fronte alla risposta del giovane che afferma di osservarli (v. 20), Gesù gli prospetta una doppia esigenza: vendere i suoi beni, e seguirlo (v.21). Se da un lato il Maestro approva la pratica religiosa di questo giovane osservante della Legge, dall’altra non si esime dal proporgli qualcosa di più radicale, sempre nel pieno rispetto della libertà dell’interlocutore: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi, dona, vieni, seguimi!”. Verbi, questi, di un movimento libero dell’animo, espressivi di un dinamismo interiore totale e radicale.
Per possedere la vita eterna è necessario raggiungere il senso pieno della vita, mettendo le proprie decisioni “al sicuro” della volontà di Dio, sintonizzando le scelte da compiere con le intenzioni di chi mi chiama a seguirlo. Gesù invita a prendere in mano la propria vita che risponda al modo migliore e più bello di renderla preziosa, autenticamente “piena”, ma non di ciò che si corrompe, di ricchezze materiali o semplicemente umane, ma di un “tesoro” talmente prezioso e sicuro che Gesù lo posiziona “nel cielo”, in sintonia con i pensieri di Dio.
Al lettore attento non può sfuggire la continuità tra la ricerca della vita eterna e la sfida della perfezione. Gesù non richiede una perfezione di stampo morale. In questo senso, solo Dio è perfetto in quanto Bene assoluto. Gesù intende far capire che il senso pieno della vita lo si raggiunge nella misura in cui sappiamo portare a “perfezione” la nostra esistenza, mettendo a frutto tutte le potenzialità migliori. Tale esigenza di radicale perfezione riguarda la prospettiva propriamente “vocazionale”. In pratica, Gesù fa comprendere che nessuno può dirsi soddisfatto della propria esistenza, finchè non comprende cosa fare per portarla felicemente a compimento, a buon fine. A questo giovane Gesù presenta una proposta forte, adeguata e proporzionata alla sfida della sua stessa domanda e all’altezza dei suoi bisogni e aspirazioni interiori. Vale anche per te, Danilo: il Maestro ti offerta la possibilità di portare a compimento la tua vita scegliendo oggi in modo libero e responsabile di aderire a ciò che Dio ti chiede. Potrai così entrare non nella cerchia dei perfetti o dei “migliori”, ma nella elezione di coloro che impegnano la propria vita per la sequela totale di Gesù per servire la felicità degli altri. Il rapporto con gli altri nel nostro ministero presbiterale non serve come compensazione alle nostre frustrazioni, ma è ordinato al compimento della loro felicità.
Il giovane è lusingato da questa proposta, ma resta vittima di se stesso, delle ricchezze, dei suoi averi, del tornaconto, delle abitudini consolidate, delle comodità distribuite tra pantofole e divani: “Amici, Gesù è il Signore del rischio, è il Signore del sempre “oltre”. Gesù non è il Signore del confort, della sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una dose di coraggio, bisogna decidersi a cambiare il divano con un paio di scarpe che ti aiutino a camminare su strade mai sognate e nemmeno pensate, su strade che possono aprire nuovi orizzonti, capaci di contagiare gioia … Dio aspetta qualcosa da te, Dio vuole qualcosa da te, Dio aspetta te. Dio viene a rompere le nostre chiusure, viene ad aprire le porte delle nostre vite, delle nostre visioni, dei nostri sguardi. Dio viene ad aprire tutto ciò che ti chiude. Ti sta invitando a sognare, vuole farti vedere che il mondo con te può essere diverso. È così: se tu non ci metti il meglio di te, il mondo non sarà diverso. È una sfida.” (Papa Francesco a Gracovia, Veglia di preghiera, 30 luglio 2016).
Nel giovane del vangelo la chiamata del Maestro incontra una dura e triste resistenza: il desiderio di vita è onesto, ma la paralisi della paura lo immobilizza nel cuore. Sentirsi materialmente “ricco” può non aprire al sogno di un mondo nuovo e alla possibilità reale di un nuovo modo di amare la vita. La gioia di un “pieno a perdere” della propria vita nel servizio per gli altri, è spesso barattato da tanti giovani chiamati alla sequela di Cristo con il “vuoto a perdere” di una vita comoda, insignificante e banale, mediocre e rinunciataria. Ad ogni giovane del nostro tempo Papa Francesco ricorda che Gesù “aiuta a scoprire un altro modo di vivere, diverso da quello che offre la cultura del provvisorio, secondo la quale nulla può essere definitivo ma conta solo godere il momento presente. In questo clima di relativismo, nel quale è difficile trovare le risposte vere e sicure … anche a voi Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare e a stare con Lui … Non abbiate paura! Cristo vive e vuole che ognuno di voi viva. Egli è la vera bellezza e giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita e di senso” (Messaggio ai giovani radunati a Medjugorje, 29 giugno 2020).
La dura constatazione di Gesù sul pericolo delle ricchezze, fa scattare la reazione dei discepoli: “”Chi può essere salvato?” (v 25). I rischi della ricchezza sono metafora dell’autosufficienza umana. E mentre l’uomo pensa di “possedere”, in realtà è soltanto posseduto da ciò che lo rende schiavo. Difficilmente la ricchezza è gestita da veri “padroni”, cioè con padronanza di cuore e di mente per non restarne soggiogati. Gesù voleva salvare il giovane da se stesso, liberandolo da ciò che lo possedeva. Le comodità umane gli scippano dal cuore la libertà e tarpano le ali ai suoi slanci spirituali. L’intervento dell’apostolo Pietro “Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo? (v. 27) attende una risposta. Gesù rivolgendosi ai presenti allarga a chiunque le promesse per quanti rispondono alla sua chiamata: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (vv. 28-29).
Caro Danilo, Gesù insegna che la realizzazione della propria vita non risponde alla domanda “per che cosa” vivere, ma piuttosto “per chi vivere”, per chi impegnare la propria esistenza. La sequela di Gesù ci spoglia di ogni “ricchezza” per riconoscere in Lui la ragione assoluta della nostra vita. Lui lo merita! Se è Dio a chiederlo, Lui merita questo tuo grande “Eccomi”: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Te lo insegna la Vergine Bruna di Canneto, con il suo sguardo materno, serio e sereno.
Il Rito di Ammissione tra i candidati all’Ordine sacro recita che “i pastori e i maestri responsabili della tua formazione e tutti coloro che ti conoscono, hanno dato di te una buona testimonianza e noi la riceviamo con fiducia”. È davvero con particolare fiducia che oggi il tuo Vescovo e questa assemblea orante accoglie e incoraggia il tuo santo proposito, mentre prega il “padrone della messe” perché continui ad inviare nel campo dell’umanità operai degni e generosi, vocazioni secondo il suo cuore.
+ Gerardo Antonazzo