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Omelia per la celebrazione di ringraziamento alla Madonna Assunta

Stemma di Mons. Gerardo Antonazzo

Con maria rinasce la speranza

Omelia per la celebrazione di ringraziamento alla Madonna Assunta

 

Cassino-Chiesa Concattedrale, 9 luglio 2021

 

 

Cari presbiteri, fratelli e sorelle,

amata Città di Cassino,

la liturgia eucaristica del nove luglio di ogni anno rinnova l’affettuoso e corale atto di ringraziamento della Città di Cassino alla Madre di Cristo, venerata con straordinaria devozione nella sua gloriosa Assunzione al cielo. Celebriamo un affetto spirituale profondamento radicato nel cuore del territorio cassinate, che spiega e rende ragione delle virtù morali e religiose grazie alle quali la popolazione ha sempre saputo reagire e ripartire da tragedie, prove, pericoli e distruzioni, anche le più perverse e drammatiche. L’ultima delle quali, la travolgente e spaventosa pandemia da Covid-19, resterà incisa senza dubbio nella nostra coscienza collettiva e sociale, oltre che nella memoria storica della nostra Città. E se oggi parliamo anche di “liturgia penitenziale” nel celebrare questa santa eucarestia è perché sappiamo di dover chiedere perdono per i nostri stili di vita predatori, per le nefaste scelte che per decenni sono state perpetrate a gravissimo danno di un’ecologia integrale e dell’equilibrio dell’ecosistema.

Il nostro ringraziamento alla Madonna Assunta oggi è confortato dalle migliori condizioni sanitarie, per quanto resti ancora alto il rischio del contagio. Se il superamento della fase più drammatica è avvenuto grazie all’opera instancabile degli operatori sanitari, dei molti volontari, della responsabilità della gran parte dei cittadini, è perché la provvidenza divina lo ha favorito, lo ha ispirato anche nel cuore di non credenti, e lo ha reso possibile. Nulla di bene può accadere senza Dio. Nel tempo della paura e dello sconforto abbiamo intensificato la nostra supplica alla Madonna Assunta per essere liberati dal grave rischio del contagio, per essere risparmiati soprattutto dal dolore e dal lutto. La Città di Cassino ha fatto della speranza in Maria la fucina di una forte e stabile fiducia; e Lei non ha deluso la nostra attesa, come sempre è stato lungo i secoli e come sempre sarà! In Lei la fiducia dell’intera Città; in Lei la secolare forza nelle vicende tristi e la dolce gratitudine negli eventi gioiosi. Da Lei, Donna e Maestra di speranza, riceviamo nelle prove più difficili la forza di sperare. È soprattutto nel tempo del dolore che Maria dimostra una speranza affidabile nell’opera del Padre, interiormente sicura che Lui non potrà mai abbandonare suo Figlio sulla croce. Il popolo di Dio la riconosce come “madre della speranza”, “porta” di speranza: Maria è testimone di speranza nel canto del Magnificat come anche sotto la croce del Figlio, nella gioia e nella prova più dura e crudele per una madre. Il popolo cristiano la invoca come “speranza nostra” nelle tante preghiera a Lei rivolte, riconoscendo nella sua maternità divina il dono di Cristo Salvatore, speranza di salvezza.

Come non ricordare nel VII centenario della morte di Dante Alighieri (1321-2021) lo straordinario Inno alla Vergine nel quale il sommo poeta scrive di Lei: “Qui sei a noi meridiana face di caritate, e giuso, intra i mortali sei di speranza fontana vivace”. Ricordiamocelo: Papa Francesco il 20 maggio 2020 ha voluto inserire nelle Litanie lauretane anche l’invocazione mariana Mater spei. Davanti ad ogni possibile prova, non dobbiamo lasciarci “rubare la speranza”. Con la preghiera del Salmo responsoriale di abbiamo confessato la nostra speranza nel Signore: “La salvezza dei giusti viene dal Signore / Nel tempo dell’angoscia è loro fortezza / Il Signore li aiuta e li libera / li libera dai malvagi e li salva / perché in Lui si sono rifugiati”. Ce lo insegna oggi la Parola di Dio nel racconto che narra del patriarca Giuseppe, uno dei figli di Giacobbe. È l’icona della provvidenza di Dio che agisce dentro una storia umana disastrosa, senza pietà: Giuseppe è stato venduto per invia e gelosia dai fratelli ad una carovana di commercianti in cammino verso l’Egitto. Giuseppe risale fiduciosamente la china della sua dignità fino a meritare la carica di primo ministro nella corte del Faraone: non ha mai perso la sua speranza nel piano di Dio. Anche il Vangelo odierno invita a perseverare nella speranza: “Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato” (Mt 10,22).

Maria, alla pari di Abramo, è capace di restare salda “nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4,18). La virtù evangelica della speranza porta con sé anche un concreto risvolto sociale. Nel tempo delle prove “impossibili” il cristiano mette in campola speranza contro ogni speranza”. L’espressione paolina può essere ritradotta così: “essere speranza” per “dare speranza”.  L’esperienza di un anno luttuoso, costellato da desolazione e da errori, ha fatto emergere false speranze e ferite personali, politiche ed ecclesiali, per molto tempo taciute: tutto era iniziato con lo slogan “ne usciremo migliori”, poi la rassegnazione e la rabbia sociale sono gradualmente cresciute, ma chi spera continua a rimanere in prima linea anche a costo della vita. Posiamo riconoscere nella speranza cristiana il “vaccino sociale” composto “dalla rete di legami di solidarietà, dalla forza delle iniziative della società civile e degli enti intermedi che realizzano nel concreto il principio di sussidiarietà anche in momenti così difficili”, come scrivono i vescovi nel Messaggio per la Festa del 1° maggio 2021. La storia di questi mesi – si legge sempre nel Messaggio – sembra quella dei tempi di Neemia quando l’impegno del popolo d’Israele a ricostruire le mura di Gerusalemme divideva la popolazione “tra chi sta a guardare criticando e chi invece mette tutto l’impegno possibile perché nasca qualcosa di nuovo”. La speranza del credente deve essere affidale e operosa: insegna a fidarsi di Dio, adoperandosi a fare del proprio meglio. Molto ha da dirci sulla virtù della speranza un testo straordinario di Charles Péguy: “La speranza non va da sé. La speranza non va da sola… È la fede che è facile ed è non credere che sarebbe impossibile. È la carità che è facile ed è non amare che sarebbe impossibile. Ma è sperare che è difficile … La speranza vede quel che non è ancora e che sarà. Ama quel che non è ancora e che sarà. Nel futuro del tempo e dell’eternità. Sul sentiero in salita, sabbioso, disagevole. Sulla strada in salita. Trascinata, aggrappata alle braccia delle due sorelle maggiori, che la tengono per mano, la piccola speranza. Avanza. E in mezzo alle due sorelle maggiori sembra lasciarsi tirare. Come una bambina che non abbia la forza di camminare. E venga trascinata su questa strada contro la sua volontà. Mentre è lei a far camminar le altre due” (Il portico del mistero della seconda virtù).

 

+ Gerardo Antonazzo