PAROLA E PAROLE DI VITA
Omelia per la Solennità del Natale
Sora-Cassino, 25 dicembre 2022
“Dio ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, mediante il quale ha fatto anche il mondo” (cf Eb 1,1-3). Tutto l’evento mirabile della rivelazione di Dio persegue la sua pienezza e bellezza nella nascita di Cristo che è “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente” (v. 3). La liturgia natalizia, riprendendo e interpretando in chiave cristiana il testo biblico di Sap 18, 14-15, proclama: “Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente, o Signore, venne dal tuo trono regale” (Ant. Magnificat, 26 dicembre). La rivelazione-parola nella notte di Betlemme si consegna all’umanità, silenziosamente e sorprendentemente, nella nuzialità del divino-umano: Et Verbum caro factum…
In principio, il Verbo
Nell’evento dell’incarnazione, il dono regale della Parola si lascia udire-toccare-vedere nella carne umana di Dio. Il Lògos-Parola rimane a fondamento della vita: “Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera” (Sal 33,6). La raffigurazione michelangiolesca della Sistina descrive l’azione del Creatore che domina il creato “opera delle sue mani” (Sal 19,2). Nel creato risplende la potenza del Verbo di Dio, Cristo, per mezzo del quale tutto viene creato e continua ad essere tenuto in esistenza. E’ vero per la Via Lattea con il suo miliardo di stelle; lo è per la macchiolina bianca di Andromeda, quando ancora non sapevamo che si trattava di una galassia al di fuori della nostra, per l’ottima ragione che fino a cento anni fa nessuno sospettava l’esistenza di altre galassie; insomma, lo è per l’intero, immenso, e in gran parte ancora sconosciuto universo. Il sapiente biblico racchiudendo la geografia grandiosa dell’intero, meraviglioso creato, confessa: “Potremmo dire molte cose e mai finiremmo, ma la conclusione del discorso sia: Egli è il tutto!” (Sir 43,27). Quando l’apostolo Paolo parlerà agli ateniesi presso l’Areopago “annuncia Colui che gli uomini ignorano, eppure conoscono: l’Ignoto-Conosciuto; Colui che cercano, di cui, in fondo, hanno conoscenza e che, tuttavia, è l’Ignoto e l’Inconoscibile …è la Ragione creativa [ ] La novità dell’annuncio cristiano consiste in un fatto: Egli si è mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è Logos – presenza della Ragione eterna nella nostra carne. “Verbum caro factum est” (Gv 1,14): proprio così nel fatto ora c’è il Logos, il Logos presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole” (Benedetto XVI, Parigi 12 settembre 2008).
In Lui era la vita
L’esistenza di ogni essere è sostenuta perennemente dal Verbo della vita: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3). In continuità con l’evangelista, San Paolo esplicita la teologia della creazione con parole pregnanti di alto profilo dottrinale: “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono” (Col 1,16-17). Stupendo: di fronte ai miliardi di stelle della nostra galassia, a miliardi di galassie, sapendo che tutta questa materia visibile forse è solo il dieci per cento della massa realmente esistente, come non riconoscere il “Verbo della vita”, principio e fondamento di ogni essere vivente? “Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cos’è l’uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8). Silenzio, meraviglia, e stupore dell’uomo, posto al centro dell’immenso universo non per umiliarlo, ma per custodirlo. Lo scrittore inglese G.K. Chesterton dichiarava: “Il mondo perirà non per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia”. Ed è lo stupore la password per entrare nel mistero del Natale: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria” (Gv 1,14). Se in tutta la precedente storia di salvezza la rivelazione di Dio giungeva agli uomini attraverso parole umane, ora ci raggiunge pienamente e definitivamente nel volto della Parola fatta carne. Scrive C. Lubich: “L’Invisibile si è reso visibile. Il Verbo si è fatto carne. La luce ha brillato tra le tenebre. Se Dio è disceso in terra per noi, non c’è dubbio che ci ama! Se Dio ci ama tutto è più leggibile: dietro i tratti oscuri dell’esistenza si può scoprire la mano amorosa di Lui, un perché spesso a noi ignoto ma un perché d’amore”.
Parole bio-logiche
Celebrare il Natale significa coniugare il Verbum che dà vita con parole di vita. La vita del Verbo di Dio impegna i credenti ad alfabetizzare il vocabolario della vita, renderlo più umano, per riscrivere una comunicazione di dialogo, di fraternità, amore di amicizia sociale. Ogni parola di inimicizia è diabolica, ed è contraria al Verbo-Parola di vita. L’evangelista dichiara: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio … da Dio sono stati generati (cf. Gv 1,12-13). Tutto cambia, il nostro dna spirituale è totalmente modificato, perché attraverso l’incontro con il Verbo fatto uomo siamo resi partecipi della vita stessa di Dio: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! … Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio” (cf.1Gv 3,1-2). Come vive un figlio di Dio? Dall’accoglienza del Verbo della vita, Parola creatrice e salvatrice, impariamo a declinare parole “bio-logiche”, parole apportatrici di bene nella vita propria e altrui. Il cristiano che incontra la Parola di Betlemme parla con le parole di Dio agli altri, anzi diventa lui stesso “parola di Dio” per il mondo.
Il cristianesimo è il rifiuto della ‘normale’ volgarità. Il Verbo di Dio ci fa scoprire che la “normalità” può essere anche normalissima follia da cui, se si vuole davvero essere umani, bisogna staccarsi quanto più è possibile. Natale è la follia della Parola divina che si fa dono umile e discreto. Il Bambino di Betlemme non viene per dominare. Il Natale del Verbo di Dio sconvolge la logica mondana e arrogante di parole divisive. Le parole della ‘normalità’ mondana sono: arraffare, godere del proprio egoismo, ribellarsi alla sofferenza, salvare se stessi, realizzarsi per proprio conto, procurarsi prestigio, profitto, benessere per sé, potere. Quelle del Natale sono parole nuove, inaudite, verbi di incarnazione e prossimità, di umiltà e di umiliazioni, di fuga e di esilio, di non violenza e di pace, di amore e fraternità universale, di perdono e di riconciliazione. Le parole che impariamo dal Presepe formulano espressioni di speranza in un mondo depresso, malinconico e nostalgico. I verbi di vita che edificano il futuro di tutti, e non di pochi, parlano di responsabilità per il bene da diffondere, di servizio per i più poveri e per le persone più fragili, di accoglienza di coloro che non hanno più “una pietra dove posare il capo” (Mt 8,20). E’ inconciliabile l’accoglienza del Verbo di Dio nel linguaggio di una vita che parla di odio, di scarto, di esclusione, di frontiere, di diffidenza e indifferenza. La crisi del cristianesimo è nell’incoerenza di chi non lo vive più secondo la logica di Dio, che nel Natale rivela non solo il Figlio, ma anche la vita dei figli di Dio. Da creature nuove, possiamo iniziare a cantare con la vita le parole nuove della carità sociale (1Cor 13).
+ Gerardo Antonazzo