Evidenza ed eccedenza dell’Amore
Professione religiosa perpetua
Missionarie della fede
Pontecorvo, chiesa Sacro Cuore, 24 agosto 2019
Abbiamo ascoltato la chiamata di queste sorelle, oggi presenti dinanzi all’altare per la Professione religiosa perpetua. Il rito solenne di questa eucaristia è celebrazione nuziale: il comando di Gesù Fate questo in memoria di me ci impegna a vivere di quell’amore nuziale che Cristo ha consumato per noi sulla Croce. E’ l’amore che stipula la nuova ed eterna alleanza, il nuovo e definitivo patto nuziale tra Cristo e la Chiesa redenta dal suo sangue, a favore dell’intera umanità.
Le candidate alla professione religiosa perpetua oggi chiedono di seguire Cristo come sposo nella famiglia religiosa delle Missionarie della fede. Mi domando: Cristo è “sposo” forse soltanto per chi professa i consigli evangelici? Se Cristo sulla croce ha celebrato le nozze del suo amore per la Chiesa a favore dell’umanità, e se il brano di san Paolo che abbiamo proclamato con la seconda lettura illumina la posizione di ognuno di noi quale membro del “corpo” che è la Chiesa-sposa di Cristo, è evidente che tutti noi formiamo e siamo partecipi della Chiesa-sposa di Cristo. Al corpo di Cristo corrisponde il corpo della Chiesa, come nella prima coppia Adamo-Eva. Al corpo di Cristo corrisponde il corpo della Chiesa, e di questo corpo siamo partecipi tutti i battezzati. Il corpo è composto da molte membra, e la differenza delle membra fa la differenza della partecipazione all’amore di Cristo-sposo. Non partecipano solo alcune membra del corpo ma tutto il corpo, o meglio tutta la persona, entra in relazione d’amore con Cristo-Sposo, tutte le membra del corpo della Chiesa entrano in relazione con l’amore di Cristo-sposo, ognuno secondo il proprio stato di vita e grazie alla specifica vocazione battesimale. Tutti noi sulla terra siamo partecipi del banchetto nuziale di Cristo attraverso l’Eucaristia, mentre in cielo vivremo una relazione immediata con Cristo perché “quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,2), senza la mediazione dei sacramenti. Di conseguenza, tutti siamo chiamati a rispondere all’amore di Cristo che si alimenta del banchetto nuziale dell’Eucarestia di ogni domenica, perché non si ama lo sposo una volta al mese, o una domenica sì e cinque mesi no!
Queste nostre sorelle che oggi si consacrano a Cristo-sposo hanno riconosciuto la chiamata ad amare per sempre e con tutte le loro forse il Signore Gesù, collocandosi all’interno del corpo della Chiesa nel cuore della sposa di Cristo. Il cuore aiuta tutte le altre membra a voler bene all’Amato: con la professione religiosa ricevete dal Signore la grazia di partecipare al cuore della Chiesa e testimoniare l’evidenza e anche l’eccedenza dell’amore per Gesù, un amore grande, davvero superiore alle nostre forze. L’amore per il quale vi impegnate a favore di Cristo nella Chiesa non è risultato della vostra bravura, delle vostre forze umane. E’ una speciale grazia soprannaturale. Ricordate tutti il bellissimo brano di Santa Teresina di Gesù Bambino, donna di clausura: “Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ritrovavo in nessuna delle membra che san Paolo aveva descritto, o meglio, volevo vedermi in tutte. La carità mi offrì il cardine della mia vocazione. Compresi che la Chiesa ha un corpo composto di varie membra, ma che in questo corpo non può mancare il membro necessario e più nobile. Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall’amore … Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore ed in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà” (Manuscrits autobiographiques, Lisieux 1957, pp.227-229).
La professione religiosa fondata sui consigli evangelici di obbedienza, povertà e castità colloca ogni consacrato nel cuore della Chiesa: grazie al funzionamento del cuore, quindi grazie all’amore, tutte le membra del corpo funzioneranno a meraviglia. Tali consigli non sono una costrizione, non sono un’imposizione, nè un ricatto per chi desidera amare il Signore in ogni cosa e sopra ogni cosa (Colletta XX del T.O). Care sorelle, voi oggi confermare la vostra libertà interiore: libertà di mente, perché consapevoli della vostra risposta alla chiamata soprannaturale; libertà di cuore, perché amate profondamente ciò che desiderate; libertà di vita, perché abbandonate ogni cosa per non essere padroni di nulla e di nessuno, e condividere nella vita comunitaria la squisita sobrietà propria delle vergini promesse solo a Cristo. I consigli evangelici nella vita consacrata non devono subire alcuna contaminazione mondana. Obbedienza significa obbedire allo Spirito di Dio, e basta; altrimenti è fare un passo indietro; spesso abbiamo troppo edulcorato e annacquato i principi fondamentali del Vangelo, per finire di disattendere e compromettere la chiamata del Signore. L’obbedienza nella Chiesa è docilità allo Spirito: i Profeti sono stati docili e obbedienti allo Spirito della profezia; Gesù si è sottomesso allo Spirito che lo spingeva nel deserto per essere tentato (Mc 1,12); la sua missione è obbedienza la consacrazione nello Spirito Santo durante il battesimo di Giovanni. E “i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato” (1Cor 2,11-12).
La nuzialità esclusiva con Cristo esige un cuore puro. La verginità è la seconda condizione evangelica per appartenere totalmente a Cristo. La professione perpetua impegna nel custodire la verginità del cuore: si tratta di vivere in uno stato permanente di purificazione del cuore. La verginità è custodita da un processo continuo di disintossicazione dai veleni della mondanità che inquina e perverte le nostre iniziali intenzioni. La povertà è necessaria alla missione apostolica nella quale la vita consacrata deve risplendere nella testimonianza dell’unica ricchezza, Cristo. Nei giorni passati abbiamo visto migliaia di pellegrini arrivare a piedi a Canneto, per venerare l’effigie della Vergine Bruna. Il pellegrino sa scegliere la povertà per il suo cammino: pochezza di mezzi, sobrietà di pesi, essenzialità di risorse, disponibilità alla fatica, perseveranza nel cammino, desiderio della meta. Anche riguardo alla povertà il diavolo si infila come uno spiffero sottile ma dannoso attraverso le finestre della vita.
Care sorelle, intraprendere con gioia e fiducia il santo viaggio della perseveranza nello stato di vita nel quale oggi Cristo-sposo vi introduce, come in una stanza nuziale. La gente ha il diritto di capire la vostra scelta di vita, da cui tutti possono imparare a vivere secondo il comandamento del Signore “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso (Mt 22,38-39). Siete chiamate per prime ad esprimere e a far risplendere in modo evidente, esemplare e profetico l’amore della Chiesa per Cristo che vi ha volute nel cuore di questo corpo per poter essere il cuore di un amore obbediente, verginale e povero.
+ Gerardo Antonazzo