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Omelie Vescovo Gerardo Antonazzo

“Praestet fides supplementum” – Omelia per la conclusione della Peregrinatio diocesana (Aquino-Chiesa Concattedrale, 30 maggio 2024)

PRAESTET FIDES SUPPLEMENTUM

Omelia per la conclusione della Peregrinatio diocesana
Processione eucaristica diocesana

Aquino-Chiesa Concattedrale, 30 maggio 2024

 

 

Cari amici,

il nostro “grazie” al Signore, connaturale all’atto celebrativo di ogni eucarestia, oggi riecheggia di cuore in cuore come canto spirituale della nostra Chiesa diocesana che esalta la gioia e la gelosia spirituale per la sublime sapienza del Dottore aquinate. Quant’è vero per san Tommaso quello che l’orante biblico implora per sé: “Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza e di pensare in modo degno dei doni ricevuti, perché egli è guida della sapienza e i saggi ricevono da lui orientamento. In essa c’è uno spirito intelligente, santo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell’uomo, onnipotente, e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi. La sapienza è un’emanazione della potenza di Dio. E` un riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà. Entrando nelle anime sante, forma amici di Dio e profeti. Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza” (cfr Sap 7, 15-30). San Tommaso, ha vissuto con la sapienza divina, da essa formato come amico di Dio e profeta di verità.

La comunità della Via

La peregrinatio della sacra Reliquia della costola di san Tommaso e la peregrinatio del Cammino sinodale della nostra Chiesa, oggi confluiscono nella peregrinatio fidei del popolo di Dio che celebra e testimonia pubblicamente l’amore per il tesoro prezioso del Corpo e del Sangue del Signore. E mentre la venerata Reliquia cede il passo alla centralità dell’eucarestia, che Tommaso ha sempre adorato e contemplato con ardore vivissimo nella sua vita terrena, allo stesso tempo l’eucarestia sprigiona la sua preziosità sotto la lente di ingrandimento della densità dottrinale e spirituale del Dottore Angelico. L’esperienza della peregrinatio esprime la condizione dell’homo viator, il cui cammino è nutrito dal pane eucaristico, “pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli” (Inno Lauda Sion). Alla fine della sua vita terrena, Tommaso invoca con ardente amore: “Ricevo Te, viatico della mia peregrinazione [in terra]”. La Chiesa cammina lungo la storia degli uomini sempre orientata al compimento del Regno di Dio. Afferma il Concilio: “Benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, è di grande importanza per il regno di Dio. Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione” (Gaudium et spes, 39).

Nell’attesa della sua venuta

La santità dii Tommaso accolta con la peregrinatio della sua Reliquia ha voluto riconsegnare ad ogni comunità il memoriale della Pasqua, per consolidare la bellezza della domenica per la centralità della celebrazione eucaristica. Ormai per molti battezzati la domenica, giorno del Signore e signore dei giorni, è solo evasione vacua e dispersiva di ogni fine-settimana. La solennità liturgica del Corpus Domini che stiamo celebrando a livello diocesano, vuole riaffermare in tutti la gioia e la bellezza della fede celebrata nell’actio liturgica, sacramento del Risorto. L’eucarestia è il sublime mistero da san Tommaso sapientemente custodito nel suo petto in un clima interiore di ardore e candore mistico che ha trascinato il suo cuore costantemente verso il tabernacolo. Afferma san Tommaso che Dio, e tutto ciò che si riferisce a Lui come alla sua causa e al suo fine sono l’oggetto della teologia; Cristo, però, si è fatto via perché ciascun uomo possa raggiungere il suo fine, Dio nella visione beata. L’Eucaristia è cibo dei viatori e farmaco di immortalità; l’eucarestia è pegno e anticipazione della vita eterna. La presenza del Risorto illumina la vita dell’uomo, sorregge il suo cammino storico e il suo impegno nella costruzione della Città terrena, spalanca il tempo presente all’eternità, e apre l’esperienza di questa vita alla novità della vita che viene dall’alto. L’eucarestia alimenta la speranza dell’uomo orientato alla pienezza dei beni eterni. Perciò, “sine dominico non possumus” – Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore (Martiri Abitene). La ragione ultima della celebrazione eucaristica è dettata dalla sua anima escatologica: camminiamo, infatti, per andare incontro al Signore, fino al suo ultimo e definitivo ritorno. L’eucarestia apre le porte del cielo e ci permette di pregustare l’Eterno, nell’attesa che si compia la beata speranza”.

 

Sensuum defectui

Cantore e mistico dell’eucarestia, Tommaso medita e scrive parole ed espressioni sublimi, intrise di profonda teologia spirituale. Nella dotta contemplazione dell’eucarestia, Tommaso chiama in causa i sensi e la fede. Entrambi, in modo complementare, ci accostano al grande mistero: “È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi” (Inno Lauda Sion). I sensi accostano al mistero, la fede penetra nel suo significato velato: “Signore Gesù Cristo, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue” (Colletta). Il canto del Lauda Sion, testo pervaso di elevata densità poetica, riflette da vicino la dottrina sull’Eucaristia esposta da Tommaso nella terza parte della Summa Teologica. Alla precisione dottrinale, il sublime testo armonizza pietà e stupore, ammirazione e contemplazione, che accendono e trasfigurano la stessa teologia: “Il mistero irraggia dall’esperienza del credente divenuto poeta; la teologia ineccepibile si riveste della bellezza e dell’emozione della lirica… si fondono la limpidità e la precisione dell’idea con la vibrazione e l’abbandono del sentimento” (I. Biffi). Pio XI nella enciclica Studiorum ducem (20 giugno 1923) per il sesto centenario della canonizzazione di Tommaso, scrive: “Ebbe Tommaso anche il dono e il privilegio singolare di poter tradurre gli insegnamenti della sua scienza nelle preghiere e negli inni della liturgia e divenne così il poeta e il massimo lodatore della divina Eucaristia”. Benedetto XVI, nell’Udienza Generale, afferma: “Tommaso ebbe un’anima squisitamente eucaristica. I bellissimi inni che la liturgia della Chiesa canta per celebrare il mistero della presenza reale del Corpo e del Sangue del Signore nell’Eucaristia sono attribuiti alla sua fede e alla sua sapienza teologica” (2 giugno 2010).

Praestet fides supplementum

Già la letteratura cristiana dei primi secoli esplicita la necessità della fede per l’accoglienza del mistero eucaristico. Scriveva s. Giustino: “Noi infatti crediamo che Gesù Cristo, nostro Salvatore, si è fatto uomo per l’intervento del Verbo di Dio. Si è fatto uomo di carne e sangue per la nostra salvezza. Così crediamo pure che quel cibo sul quale sono state rese grazie con le stesse parole pronunciate da lui, quel cibo che, trasformato, alimenta i nostri corpi e il nostro sangue, è la carne e il sangue di Gesù fatto uomo” (Prima Apologia, cap. 66-67). In particolare, un testo di san Cirillo di Gerusalemme potrebbe, a mio parere, aver ispirato san Tommaso: “Nel Nuovo Testamento c’è un pane celeste e una bevanda di salvezza, che santificano l’anima e il corpo. Come infatti il pane fa bene al corpo, così anche il Verbo giova immensamente all’anima. Perciò non guardare al pane e al vino eucaristici come se fossero semplici e comuni elementi. Sono il corpo e il sangue di Cristo, secondo l’affermazione del Signore. Anche se i sensi ti fanno dubitare, la fede deve renderti certo e sicuro” (Catechesi mistagogica 22). Ugualmente scrive Tommaso nelle strofe del Tantum ergo: “Praestet fides supplementum sensuum defectui”.

Gli Inni eucaristici di Tommaso, e di tutta la sua teologia eucaristica, rimarcano ripetutamente la necessità della fede. La presenza reale del Signore, mentre è accostata dai sensi può essere attestata unicamente dalla fede:

  • “Il Verbo fatto carne, con la sua parola rese la propria carne pane vero, mentre il vino diventa il sangue di Cristo; e, se i sensi si smarriscono, la sola fede basta a rassicurare il cuore sincero” (Pange, lingua);
  • “La fede ardimentosa, di là dall’ordine naturale, conferma quello che non comprendi e quello che non vedi” (Lauda, Sion);
  • “La vista, il tatto, il gusto non ti avvertono: si crede senza esitazione solo per quello che l’udito ha ascoltato. Credo a tutto quello che il Figlio di Dio ha asserito: nulla è più vero di questa parola di verità” (Adoro te devote).

Cari amici,

la sacra dottrina di san Tommaso intrisa di Sacra Scrittura, e la vena ispirata del poeta, si fondono con la devozione accesa dell’orante, quasi con lo spasimo del mistico, che parla dall’abbondanza del cuore e che brama di vedere Cristo, al di là dei veli e dei nascondimenti del sacramento:

“Il pane degli angeli
diventa pane degli uomini,
il pane del cielo dà fine
a tutte le prefigurazioni:
qual meraviglia! Il servo, il povero,
l’umile mangia il Signore.
Chiediamo a Te, Dio uno e Trino,
di vistarci come noi ti adoriamo.
Per le tue vie portaci dove tendiamo,
alla luce in cui tu abiti. Amen”

(Inno Sacris solemniis, strofe 6-7, Panis angelicus).

                                                                                                                                       + Gerardo Antonazzo

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