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RICONOSCERE A DIO LO IUS SOLI

Riconoscere a dio lo ius soli
Omelia per Natale 2019

 

Il Dio che non è mai morto, continua a nascere. Cari amici, anche quest’anno andrà così. Dio continua a nascere anche quando il mondo non lo invoca e non lo accoglie, quando Lui stesso di essere l’Inatteso, non desiderato né accolto. Nella notte del mondo Dio resta per molti l’Eterno sconosciuto. L’arrivo a Betlemme di una ragazza incinta, anche lei sconosciuta, non fa notizia. È accompagnata da un certo Giuseppe, che si dice fosse della “casa di Davide”; ma a Betlemme e dintorni non si vedeva da tempo, e nessuno aveva più notizie di lui, forse emigrato sin da ragazzo al nord di Israele, in Galilea per l’esattezza, dove crescendo aveva conosciuto Maria di Nazareth di cui era innamorato. Ora l’editto del censimento li obbligava a raggiungere, con grande fatica soprattutto per Maria, alla città di Davide per farsi registrare. Era una coppia felice, ma fin troppo spaesata perché sconosciuta. Non presentavano motivi per attirare la minima attenzione su di loro; l’imminenza del parto non sembrava meritare un certo che di tenerezza. E al momento della nascita si ritrovano soli, con il loro Bambino: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7). Per altri il posto negli alloggi c’era, per loro invece no. Il pancione di questa giovane ragazza, segno evidente di una gravidanza avanzata e ormai prossima al parto, forse avrebbe creato un certo imbarazzo e fastidio tra gli ospiti di passaggio. Già da piccolo, anzi non ancora nato, Dio è motivo di fastidio. E gli albergatori preferiscono evitare disguidi e disagi per assicurare la massima tranquillità nel proprio ostello.

 

Il racconto di san Luca si fa ‘teologia’ nel quarto vangelo: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1,11). Eppure, Dio non rinuncia a ‘nascere’ nonostante il rifiuto del mondo: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta…Il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto (Gv 1, 5.10). Dio nasce tra la sua gente, che non gli riconosce il diritto di cittadinanza. Anche il Padreterno ha problemi con lo ius soli. E avrà lo stesso problema anche da grande, quando sarà cacciato da Nazareth dai suoi stessi concittadini: “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria…Si alzarono e lo cacciarono fuori della città” (Lc 4, 24.29).

 

Non è mai semplice fare posto a Dio. Neppure a Lui è concesso di rivendicare lo ius soli, nonostante sia nato sul suo territorio che gli diventa patria, pur essendo immigrato dal cielo. Non gli è riconosciuto il diritto di abitare tra noi nonostante si sia fatto uno di noi, nonostante sia diventato come noi. Ma non per questo Lui rifiuta di nascere. Non sarà l’uomo, però, a decidere definitivamente del diritto di cittadinanza a Dio, perché “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3). L’uomo può solo rifiutare Dio, ma non decidere circa la sua presenza, perché Lui “è colui che è” (Es 3, 14). Il Vivente continua a nascere, perché “Egli è” (cfr. Es 3). Al credente è vivamente raccomandata la vigilanza nella notte: “Sentinella, quanto resta della notte? La sentinella risponde: Viene il mattino, poi anche la notte” (Is 21,11-12). Il credente sa vivere l’attesa di Dio, per accoglierlo al suo arrivo, quando viene e bussa: “Quando egli verrà e busserà alla porta ci trovi vigilanti…” (Avvento, lunedì I sett. Colletta). Vigilanti, non delusi e rassegnati, sempre capaci di accettare disfatte e sconfitte. Siamo impotenti, ma senza cedere: “Donaci lo Spirito di fortezza per non cédere alla triste tentazione di tirare i remi in barca e restare rassegnati, a reti vuote, lungo la riva.  Insegnaci ancora a riassettare le reti, e a gettarle nel mare delle nostre delusioni” (Preghiera per la Visita Pastorale). Se cediamo al clima depressivo dei nostri affanni non saremo in grado di accorgerci del bene della presenza di Dio “apportatrice di salvezza” (Tt 2,11), e non gioiremo dei germogli che nutrono la speranza.

 

Finché Dio continua a nascere, gli uomini possono ancora rinascere: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). Si tratta di resistere in una inoperosità che lascia aperto uno spazio all’imprevedibile. Non è forse questa la Visita di Dio, un’immersione totale nell’umano? La parola d’ordine che decide del nostro destino è accogliere: “Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7, 11-16) è una espressione che si ripete nella Scrittura. Quando Dio bussa per visitare il suo popolo gli è vicino, gli si avvicina e sente compassione: si commuove. Così nella sua rivelazione a Mosè da un roveto ardente: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo” (Es 3, 7-8). Dio non resiste e non si dà pace dinanzi alle sofferenze dell’uomo: osserva la miseria, ascolta il grido, conosce le sue sofferenze! A me sembra che proprio lì, dal roveto ardente dei nostri problemi Dio parla nella vita comune di ogni giorno, Dio continui a nascere sul suolo della nostra umanità e a parlare la lingua dei mortali. Nella Lettera sul significato del Presepe così scrive Papa Francesco: “Il modo di agire di Dio quasi tramortisce, perché sembra impossibile che Egli rinunci alla sua gloria per farsi uomo come noi. Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi. Dunque il presepe, mentre ci mostra Dio così come è entrato nel mondo” (Admirabile signum, 8).

 

Ancor prima dell’arrivo dei pastori con le loro pecore, il bambino della mangiatoia sprigiona già la bellezza graziosa del suo essere pastore in mezzo ai suoi, e di espandere Lui per primo l’odore delle sue pecore, avendo preso su di sé la nostra umanità. E malgrado il cinismo e l’egoismo che sembrano prevalere, il respiro del Bambino continua a ravvivare le braci dell’umano ancora calde.

 

X Gerardo Antonazzo