Riflessione del Vescovo Gerardo
Convegno per i 70 anni di ordinazione presbiterale di mons. Franco Geremia
Civitella Roveto, 6 aprile 2025
A conclusione dei diversi interventi che prima di me hanno ben evidenziato tratti salienti del ministero di don France Geremia nei suoi 70 anni di vita presbiterale, provo a raggruppare in modo sintetico, al modo di un breve lessico, alcune “voci” di un prezioso dizionario pastorale quali chiavi di rilettura e interpretare del poderoso e infaticabile impegno di don Franco al servizio di Dio e dei fratelli.
In premessa, lancerei questo slogan: dire Civitella Roveto è dire don Franco Geremia; e dire don Franco, è dire Civitella Roveto, in una forma di simbiosi “nuziale” segnata da un “per sempre” che perdura nel tempo, senza perdere lo smalto della lucentezza interiore ed esteriore del suo ministero. E’ il “per sempre” del primo amore, come di un entusiasmo iniziale che non ha mai conosciuto cedimenti o segni di declino.
Un uomo, che si è fatto “tutto a tutti”
Un ministero presbiterale di 70 anni come offerta totale di vita, nel segno della carità pastorale quale testimonianza di fedeltà a Dio e all’Uomo. Un prete tutto di Dio e tutto dei fratelli, un prete “tutto di tutti”, un uomo della Chiesa che si è fatto “tutto a tutti” sull’esempio dell’apostolo Paolo: “Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero…Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io” (cfr. 1Cor 9). Ha coltivato sempre rispetto “sacro” verso le persone che la Chiesa gli ha affidato, considerata ciascuna di loro come “terreno sacro”, luogo abitato da Dio, che ogni servo come Mosè deve riconoscere e rispettare.
Un pastore, con il profumo di Cristo e con l’odore delle pecore
Don Franco ha avuto piena consapevolezza e alta considerazione della dignità presbiterale, senza orgoglio né superbia. Umile e servizievole, ha sempre evitato l’esposizione della propria immagine, preferendo restare nel silenzio e spesso nell’anonimato del suo servire e amare. Ha coltivato il suo essere prete con dedizione e fedeltà, consapevole della propria pochezza e indegnità. Ha amato soprattutto Cristo, consegnato alla sua umanità consacrata dallo Spirito, quale tesoro sublime da lui custodito come in un “vaso di creta” (2Cor 4,7). Un vaso di creta, fragile agli urti, ma che nel caso di don Franco mi sembra rimasto piuttosto “infrangibile”. L’ininterrotta attività dei suoi 70 anni di ministero brilla di lucentezza come di un acciaio inossidabile.
Un sognatore, che ha saputo tenere collegata la mente con il cuore
Un uomo di pensiero, lucido e aperto, partecipe del rinnovamento della Chiesa in tutte le sue espressioni: liturgiche, pastorali, giuridiche e amministrative. Intelligenza e creatività di mente come di un “imprenditore”, ma con il cuore di pastore intento a svolgere con stile e ragioni apostoliche l’attività pastorale come un ‘investimento’ sulle persone da portare a Cristo, da rendere ricche della sua grazia e della fede in Lui. Tale intelligenza spirituale si è fatta sapienza del cuore, frutto della preghiera di un’anima pura (innamorata di Cristo) e di un amore disinteressato (servizio della comunità), costantemente illuminato dal discernimento dello Spirito Santo, per obbedire e compiere soltanto ciò che “è buono” secondo Dio (1Ts 5,21).
Un padre, con il volto della tenerezza e la parola della verità
La tenerezza di don Franco, anche nei suoi tratti somatici, è fatta di premura, prossimità, occhi vigili e attenti, antenna bene orientata ai bisogni della comunità e delle singole persone. Allo stesso tempo, maestro di dottrina sicura e fedele al magistero, educatore attento alla crescita della fede del popolo. Maestro della Parola di Dio e del magistero della Chiesa, primo discepolo della verità evangelica proposta con rispetto ma senza compromessi, o favoritismi e riduzionismi compiacenti. Docile al rinnovamento conciliare, ha fatto della liturgia il cuore pulsante della vita comunitaria. Rifuggendo da sterili devozionismi, e da caramellose esaltazioni pietistiche di una religiosità affettata, ha curato con particolare intelligenza e zelo la predicazione del Vangelo, con l’intento di ‘ferire’ il cuore umano con la forte dolcezza dell’amore di Cristo.
Un testimone di fraternità presbiterale e di accoglienza incondizionata
Sempre partecipe delle convocazioni diocesane o zonali, delicato nel rispetto per tutti i presbiteri, onestamente ‘devoto’ verso il ministero del Vescovo, senza alcuna piaggeria, ha favorito la fraternità presbiterale in ogni modo: dall’aiuto materiale alla consolazione della parola saggia, dall’incoraggiamento con consigli appropriati al richiamo ai doveri della vita sacerdotale. Cuore e casa sempre aperti e accoglienti, desideroso di avere accanto a sé soprattutto i sacerdoti, amati e stimati come fratelli ‘di sangue’. Profondamente rammaricato e dispiaciuto per qualche dissapore tra confratelli, pronto ad adoperarsi nel ricomporre legami riconciliati di fraternità. Testimone di vita sobria, sazio solo di ciò che è essenziale.
Un profeta dell’Invisibile e dell’Oltre
Don Franco vive di preghiera e di intima meditazione del Mistero posto nelle sue mani sacerdotali. Contemplativo negli occhi e visionario nel cuore. Prete di speranza, capace di parlare di Dio ai bambini come ai genitori, ai più giovani come agli anziani, per indicare a tutti, proprio come san Giovanni Battista, la fede in Gesù come speranza ultima del pellegrinaggio terreno. A rafforzare questa certezza come nutrimento della vita cristiana, ha proposto ripetutamente lo svolgimento dei Congressi eucaristici, l’ultimo nel 2021 in piena pandemia, ugualmente portato felicemente a termine.
La vita ordinaria della comunità era ritmata periodicamente da eventi straordinari: una scelta intelligente e strategica per una pastorale rigenerativa e mai stantia o sclerotizzata. In definitiva, tutto doveva diventare memoria dell’Altro, Gesù risorto, vivo e presente nel sacramento eucaristico. L’intento era sempre lo stesso, anche se riproposto in forme diverse: orientare la vita verso l’Oltre, educando il cuore al desiderio della meta ultima, il traguardo definitivo del nostro pellegrinaggio terreno.
La consegna del suo “per sempre”
Così don Franco si esprimeva a conclusione dell’ultimo Congresso eucaristico del 2021: “A tutti ora, intendo fare una consegna, il Congresso Eucaristico è un evento ricco di beni spirituali e una miniera inesauribile di doni dal Cielo. Vale come un’apparizione di Gesù. Ti porta a un incontro con il Maestro che ha sempre parole di vita eterna e ti conquista al punto da farti esclamare: E’ bello Signore stare con Te! Per questo lo consegno a tutti voi Civitellesi come il tesoro…e come testamento che rivela tutto l’amore che ho nutrito, nutro e ne sono certo continuerò a nutrire per tutti voi, sempre, senza nessuna distinzione né alcuna eccezione”.
Questa sua testimonianza si offre come profezia dell’Oltre, il suo “sempre” rimanda alla meta finale, oltre la storia terrena. Nel suo “sempre”, leggo il “per sempre” con cui ancora una volta don Franco conferma il suo desiderio di amare la Chiesa nel fedele servizio alla comunità di Civitella. Il suo rinnovato “per sempre” si colora di una prospettiva escatologica e parla di futuro. E’ il per sempre con cui don Franco desidera sussurrare con dolcezza una speranza ultraterrena, quando tutto avrà compimento definito nell’eternità di Dio. Così, don Franco continua a ricordare che si vive di terra ma non per la terra, bensì per il Cielo. Il mistero eucaristico solennemente riconsegnato nei Congressi eucaristici è adorato e ricevuto come sacramento di speranza, “germe di vita eterna”: cibo e nutrimento nel cammino verso l’incontro ultimo con il Risorto, anelito e desiderio dell’homo viator, meta definitiva del nostro camminare come Pellegrini di speranza.
+ Gerardo Antonazzo
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