A Villa Santa Lucia il Convivio Dantesco dell’Accademia “Ora et Labora”. All’evento inaugurato da don Lorenzo Vallone e moderato dal professore Filippo Carcione, sono intervenuti il professor Bernardo Donfrancesco e il professore Riccardo Lucio Perriello
Non poteva mancare a Villa Santa Lucia una celebrazione per ricordare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri (1321-2021). La sua Divina Commedia per ben tre volte cita la martire siracusana (Inf. II, 97ss.; Purg. IX, 52ss; Par XXXII, 136ss.), che la nostra città onora come Santa Patrona, recandone specificamente il nome. L’Accademia Internazionale “Ora et labora”, che qui tiene sede e che nello stesso tempo conserva i valori benedettini come riferimenti statutari, ha sentito il dovere di assumersi quest’incarico, anche perché il Sommo Poeta nel suo capolavoro cita “quel monte a cui Cassino è ne la costa”, monte che da qui contempliamo semplicemente alzando il nostro guardo». Con queste parole il dott. Antonio Pittiglio, Presidente del Consiglio Comunale di Villa Santa Lucia, ha accolto i partecipanti al Convivio Dantesco, che si è tenuto il 28 dicembre, alle ore 12, 30, presso il “Ristorante Pub Medison”, in Piumarola, a pochi passi dall’area, in cui la tradizione locale individua l’antica ubicazione del monastero di Santa Scolastica, sorella gemella del patriarca del monachesimo occidentale. Tema dell’incontro: “Cosa direbbe il Sommo Poeta ai politici italiani di oggi?”.
Sistemati i convenuti secondo inviti limitati per rispetto delle normative sanitarie vigenti, l’inaugurazione ufficiale dell’evento è stata affidata a don Lorenzo Vallone, Difensore del vincolo matrimoniale della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, il quale, dati all’assemblea gli auguri natalizi, riprendendo il richiamo a Santa Lucia, ha precisato come ella, patrona della vista, abbia rappresentato in tutto il percorso dantesco nell’oltretomba la virtù della speranza, arma vincente dinanzi allo smarrimento nella “selva oscura”, in cui ogni uomo può trovarsi accecato da vizi e vanità nel viaggio della vita, senza vedere la prospettiva salvifica. La speranza – quando non si perde in un vago sentimento umano ma diventa per ognuno di noi quella virtù teologale in cui Dante da vero credente confidava – allora è forza dinamica della fede e alimento costante della carità: ci fa vedere con certezza che possiamo farcela, suggerendo un rafforzamento del nostro impegno, perché con l’aiuto di Dio i risultati positivi arriveranno. Questo, in primo luogo, il Sommo Poeta avrebbe da dire ai politici italiani ma non solo, oggi che la pandemia si sta riacutizzando, mettendo a dura prova pazienza e fiducia della società.
A seguire, c’è stato l’intervento del prof. Bernardo Donfrancesco, Sindaco di Colfelice e Preside emerito del Liceo Classico “Norberto Turriziani” di Frosinone, che ha focalizzato l’attenzione sul dovere cristiano e civile della partecipazione personale all’edificazione della cosa pubblica, ricordando il luogo brutale, in cui Dante con alto disprezzo colloca gli ignavi (Inf III, 31ss.) Da qui ricaviamo l’invito basilare del Sommo Poeta a non lasciarsi vincere dalla pigrizia (chi me lo fa fare), dal qualunquismo (che me ne importa) o dalla rassegnazione (non c’esce niente perché sono tutti lestofanti), per essere invece parte attiva di una polis, che migliora socialmente quanto più ognuno di noi ne diventa una convinta cellula sociale. Certo, occorrono anche modelli di politici che incoraggino il coinvolgimento dei cittadini con il loro esempio e facciano vedere a tutti credibilmente la luce della speranza, redendosi cioè pronti ad agire e a pagare anche di persona per la coerenza del loro impegno politico, così come toccò a Dante, che nel 1301 arriverà ad accettare nella sua amata Firenze finanche la massima carica cittadina di priore, prima di affrontare i disagi della condanna e dell’esilio per fedeltà a ideali difesi e vissuti fino alla morte.
È stata poi la volta dell’ospite ufficiale, il prof. Ricardo Lucio Perriello, docente stabile di Filosofia all’Istituto Teologico Leoniano di Anagni, perfezionatosi in Studi Danteschi alla Scuola dei Frati Conventuali di Ravenna, il quale, dopo aver risposto ad alcune domande, ha catturato l’attenzione dell’uditorio con lettura e commento di vari passi tratti dalla Divina Commedia, chiudendo così il suo magistrale contributo: «Già Socrate sosteneva come il vero politico, prendendosi cura degli altri cittadini, dovesse avere in massima considerazione la cura di se medesimo e la conoscenza di se stesso: solo sulla base di un’accurata conoscenza di se medesimo, il vero uomo politico poteva prendersi cura dell’intera comunità. In Dante questo messaggio ritorna, trasfigurato in esperienza cristiana e spirituale, allorché la salita al Principio supremo dell’essere, che rappresenta la somma acquisizione da parte dell’uomo della Verità sull’essere e su se medesimo, interseca a più riprese il tema politico. La dimensione politica si lega al percorso di maturazione e crescita morale dell’uomo, crescita nella quale l’integrazione progressiva e dinamica delle virtù cardinali e teologali, si estrinseca nella testimonianza civile e politica, nella ricerca della giustizia, e nella realizzazione nella sfera pubblica di quell’unità di valori e di intenti protesa verso il Sommo Bene. La struttura ontogenetica profonda dell’essere umano tesa tra il tempo e l’eterno, tra il sensibile e il sovrasensibile, pare riflettersi a livello filogenetico nella compresenza dell’Istituzione Imperiale e della Istituzione Ecclesiastica, la prima finalizzata a realizzare il benessere temporale dell’uomo, la seconda finalizzata a indirizzare l’uomo verso il suo fine spirituale ultraterreno, verso il Sommo Bene. Questo percorso di integrazione virtuosa e progressiva è possibile solo alla luce del Sommo Bene, cioè di Dio, fondamento ultimo di ogni cosa, che dobbiamo conoscere e ricercare. Pur nelle mutate condizioni storico politiche attuali, il messaggio dantesco risulta ancora attuale nella direzione che ci indica: la ricerca e conoscenza di Dio Sommo Bene, fondamento dell’essere e delle virtù medesime; l’integrazione di fede e ragione e delle virtù cardinali e teologali; l’approfondimento, attraverso la conoscenza dell’essere, della propria autoconoscenza, nell’orizzonte di quella Verità perenne che solo amore e luce ha per confine».
Si è poi passati al Pranzo Accademico di fine Anno, durante il quale sono state presentate la maglietta ufficiale della istituenda Ciclistica Amatoriale sponsorizzata come braccio sportivo dell’Accademia dallo Studio Odontoiatrico Carcione di Aquino e una stampa dantesca su tela realizzata dall’Accademia come donazione da destinare alla Scuola Media di Villa Santa Lucia. Riconoscimenti di merito e consegna di pergamene a professionisti, imprenditori, studiosi, artisti e volontari del territorio hanno concluso l’evento.
Il congedo dei presenti è stato affidato al moderatore della giornata, il prof. Filippo Carcione, Presidente Vicario del Cds Scienze Pedagogiche dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, il quale ha sciolto il Convivio Dantesco con il seguente messaggio: «L’attualità di Dante, da sincero esponente dei guelfi bianchi, sta nell’aver saputo intravedere nell’equo rapporto tra Papato e Impero – dove l’autonomia delle due sfere (spirituale e temporale) scongiura le derive tanto della ierocrazia (guelfi neri) quanto del cesaropapismo (ghibellini) – una sana anticipazione della laicità dello Stato (contro le prevaricazioni confessionali dell’integralismo e del fondamentalismo) e del diritto della Chiesa a poter incidere nella dialettica democratica facendo sentire l’autorevolezza della sua proposta (contro i boicottaggi preconcetti del materialismo e dell’indifferentismo). Impegnato in prima linea nella vita politica della sua città, il Sommo Poeta seppe concepire l’identità degli enti locali come risorse inalienabili della società, ma con la consapevolezza di non essere focolai centrifughi autoreferenziali e antagonisti bensì realtà collaborative per la realizzazione di un disegno europeista, che nella sintesi imperiale trovava il suo punto di raccordo costruttivo, un raccordo di cui la carta dei valori cristiani garantiti dal magistero ecclesiale era profonda ragion d’essere e sicuro collante sociale. A noi il compito di trarne oggi debita lezione».