Intervento del Vescovo Gerardo durante la Veglia Missionaria Diocesana

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VEGLIA MISSIONARIA DIOCESANA

Aquino, 17 ottobre 2014

La Veglia missionaria si colloca in modo provvidenziale tra la Missione diocesana e la sagomatura di uno stile e di un metodo permanente di missionarietà da spendere sul nostro territorio. 

Cosa “restituire” alla nostra Chiesa diocesana della Missione vissuta, e cosa fare per guardare al futuro della nostra Chiesa?

1. Il Messsaggio del Papa per la Giornata mondiale

“Oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes (pensiamo a quanti sono ‘fuori’ della comunità eucaristica!), a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata “in uscita” (Messaggio del Papa per la Giornata missionaria mondiale 2014).         

L’evangelista Luca racconta che il Signore inviò i settantadue discepoli, a due a due… Dopo aver compiuto questa missione di annuncio, i discepoli tornarono pieni di gioia: la gioia è un tema dominante di questa prima e indimenticabile esperienza missionaria”.

Gesù, vedendo il buon esito della Missione dei discepoli, e quindi la loro gioia, esultò nello Spirito Santo e si rivolse a suo Padre in preghiera: “In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (cfr. Lc 10, 17-23).

2. La responsabilità missionaria del Vescovo nella Chiesa particolare                                              

Papa Francesco scrive nel suo Messaggio: “I vescovi, come primi responsabili dell’annuncio, hanno il compito di favorire l’unità della Chiesa locale nell’impegno missionario, tenendo conto che la gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella preoccupazione di annunciarlo nei luoghi più lontani, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio, dove vi è più gente povera in attesa”.

Nella Lettera pastorale ho indicato questi tre capisaldi della Missione popolare:

– “E’ tempo di grazia e di benedizione! L’inizio del nuovo anno pastorale 2014-2015, infatti, sarà segnato dallo svolgimento della Missione popolare, particolare “tempo di Dio”, kairòs, per dirla con una parola tecnica: tempo forte di annuncio e di testimonianza, di ascolto, di partecipazione, di preghiera, di riflessione e di confronto.

– La missione popolare dovrà lasciare l’impronta di uno “stile” e di uno stato missionario…   L’assenza di uno stile e di un metodo missionario, è l’ eutanasia della comunità cristiana.

– Il soggetto che dovrà svolgere la missione popolare è la Comunità tutta, con l’aiuto di un’equipe composta da giovani seminaristi del Seminario Regionale di Anagni, che collaborerà soprattutto con i laici missionari di ogni parrocchia.

3. Quali gli obiettivi della Missione?

1. Il primo obiettivo della Missione diocesana

Riguardava sia la “conversione”, cioè di cambiamento di mentalità e di metodo della pastorale ordinaria in termini di missionarietà. La presenza dei Seminaristi del Regionale di Anagni, che inizialmente erano considerati come coloro che avrebbero svolto in primis la Missione diocesana, è stata ben compresa come una presenza di stimolo e di accompagnamento di un’azione missionaria che doveva riguardare e coinvolgere prima di tutto i laici delle varie parrocchie. E così mi sembra sia accaduto, grazie all’azione di coinvolgimento operata dai presbiteri, sia nella fase preparatoria, che nello svolgimento della Missione. Hanno saputo dare lo slancio giusto, coinvolgendo le persone disponibili senza esclusioni, e motivando i laici nel coraggio di affrontare situazioni inedite e imprevedibili, con fiducia e generosità.

2. Un secondo obiettivo

Alquanto urgente, era e rimane quello di ricostruire un’alleanza esemplare e dinamica tra la comunità dei credenti e il vasto territorio, soprattutto le periferie, geograficamente più isolate rispetto al centro storico delle nostre parrocchie. La periferia territoriale spesso può trasformarsi anche in una periferia della fede, anche a motivo di  un crescente distacco e disaffezione dalla vita della parrocchia. In questo senso, il rapporto è migliorato, ma è uno degli elementi che il seguito della missione dovrà potenziare in modo strutturale e sistematico.

3. Un ulteriore obiettivo della Missione

E’ stato quello di provocare il protagonismo dei laici nello slancio dell’evangelizzazione. Questo tentativo, evidentemente, andava di pari passo con l’esigenza mai compiuta di “declericalizzare” l’attività pastorale. Papa Francesco nella Evangelii gaudium afferma che i laici sono “semplicemente” la maggioranza del popolo di Dio. Come non renderli protagonisti, ad ogni livello e settore, dell’azione ecclesiale?

Tutti noi presbiteri siamo  stati felicemente colti di sorpresa per la partecipazione dei laici alla Missione, a partire dalla frequenza alla ‘Scuola di evangelizzazione’ approntata appositamente per abilitare gli stessi ad una prima esperienza missionaria. Con il loro agire gioioso hanno dimostrato un roboante Ci siamo!”, che non deve essere assolutamente mortificato o spento.

Il protagonismo del laicato esprime l’esigenza di debellare il clericalismo parrocchiale, duro a morire. Scrive Papa Francesco nel suo Messaggio: “Ormai è cresciuta la coscienza dell’identità e della missione dei fedeli laici nella Chiesa, come pure la consapevolezza  che essi sono chiamati ad assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo. Per questo è importante una loro adeguata formazione, in vista di un’efficace azione apostolica”.

A questo punto mi domando: Perché la crisi delle vocazioni al presbiterato? Scrive ancora Papa Francesco nel suo Messaggio: “Dove c’è gioia, fervore, voglia di portare Cristo agli altri, sorgono vocazioni genuine”.

Credo fermamente che uno dei motivi è che Dio con la crisi dlele vocazioni al sacerdozio ci “costringe” a riconoscere la vocazione specifica dei laici e il loro indispensabile coinvolgimento nella vita della Chiesa: se non lo abbiamo fatto prima per virtù, valorizzando la dignità battesimale del laico, lo dobbiamo fare almeno per necessità! Se faremo crescere la responsabilità dei laici, Dio sbloccherà la crisi vocazionale. Solo quando avremo recuperato la vocazione battesimale del laico, il Signore tornerà a donarci le numerose vocazioni sacerdotali.

4. Un’esperienza di “popolo”

La missione diocesana è stata una piena esperienza di “popolo”. Si è trattato come di un risveglio popolare e gioioso, che ha ridestato tanti da un torpore che durava da tempo. In questo senso abbiamo constatato come la gente del nostro territorio, che rientra nella fascia ampia dei cosiddetti “non praticanti”, non è gente lontana dalla fede, né dall’apprezzamento della comunità parrocchiale.

E’ soltanto in “attesa” che qualcuno si interessi di loro, che qualcuno li cerchi, gli vada incontro. Sono persone che amano riattivare un primo incontro con la parrocchia, non in chiesa ma in casa, ama essere cercata nei suoi ambienti di vita, nelle contrade delle loro case. Personalmente penso che questo vada interpretato come un importante appello alla riscoperta di una dimensione più “domestica” della vita cristiana ordinaria. Ci penseremo bene.

5. I giovani nella missione scolastica

L’annuncio nelle Scuole è stata una rivelazione bella ed esaltante!  La pastorale giovanile scolastica dovrà costituire per la nostra chiesa diocesana un campo di azione missionaria e una sfida prioritaria. La Scuola, al di là delle riforme confuse, più burocratiche che sostanziali, ha bisogno di punti di riferimento: sia il personale docente, sia gli alunni, sia le famiglie. In larga maggioranza, tutti questi soggetti farebbero riferimento volentieri alla figura di un sacerdote.

6. In conclusione

La Missione diocesana potremmo ritenerla davvero “compiuta” solo nel momento in cui avremo prova concreta di una continuità nell’impegno di evangelizzazione, oltre il culto e le devozioni popolari, per costituirci in ciascuna comunità, o nelle collaborazioni interparrocchiali, in uno stato permanente di missione.

La Missione continua anche con la peregrinatio della Madonna di Canneto

Una testimonianza di fede e di enorme partecipazione ed entusiasmo, si sta rivelando anche la lunga peregrinatio della  statua della Madonna di Canneto. Sarebbe bello coinvolgere ancora i Seminaristi di Anagni nella Zona dove si celebra la peregrinatio mariana.

Iniziata a conclusione della Missione popolare, intende perseguire ulteriori obiettivi legati all’evangelizzazione nelle nostre parrocchie. Tale iniziativa pastorale vuole tenere vivo e alto il livello dell’impegno missionario nella pastorale ordinaria, a partire dall’annuncio della vita come vocazione. In questo senso la testimonianza della Madonna è esemplare, luminosa e consolante. Il passaggio della statua della Madonna di Canneto prevista per pochi giorni in ciascuna parrocchia, dovrà provocare almeno una settimana di animazione vocazionale, perché non si riduca tutto a manifestazioni devozionistiche sterili e anacronistiche.

Mi riprometto di fare tesoro di tutti i processi di verifica che saranno favoriti nelle prossime settimane per garantire una forma di “restituzione” della Missione vissuta alla comunità diocesana, nella forma di un breve documento in preparazione al tempo di Avvento-Natale, per rilanciare la continuità dell’esperienza felicemente vissuta.

+  Gerardo Antonazzo

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