Una “meditazione musicale”, così Don Alberto Mariani, dell’Oasi Mariana Betania, ha definito l’iniziativa di cui si è fatto promotore e che venerdì 19 dicembre si è svolta nella Casa Circondariale di Cassino per il secondo anno consecutivo, per aiutare i detenuti a prepararsi al Natale ma soprattutto a guardare in se stessi alla luce della Parola di Dio.
Don Alberto è molto conosciuto perché propone ogni giorno una breve riflessione sulla liturgia del giorno, soffermandosi su una sola frase per meditarla e farla penetrare nel cuore. A chi vuole la fa arrivare via mail, puntuale ogni giorno. Al termine dell’anno riunisce le 365 riflessioni e le pubblica in un piccolo e maneggevole libro dal titolo “Dio appuntamento quotidiano“. E questo appunto è venuto a presentare ai tanti reclusi nel carcere di Cassino, in massima parte giovani. Il Vescovo Gerardo, sempre attento e sensibile alle persone e soprattutto a quelle che vivono in uno stato di sofferenza e disagio, ha accettato di buon grado l’invito a partecipare, ricordando che già l’anno scorso era stato ospite, insieme all’allora Amministratore apostolico di Montecassino Dom Augusto Ricci. Insieme a Don Alberto sono intervenute alcune persone dell’Oasi, tra cui Don Edmer, giovane parroco filippino che ha suonato la chitarra e cantato con la sua bellissima voce, e Luigi Mattacchione, che lo accompagnava alla tastiera. Insieme infatti hanno eseguito vari canti, composti proprio all’Oasi, che hanno reso “musicale” il momento di riflessione e di amicizia, aspettando il Natale come dono di salvezza.
Dopo l’intervento di Don Alberto, c’è stato quello del prof. Marcello Carlino, Presidente del Conservatorio di Frosinone, il quale con chiarezza e profondità e con modi semplici e dolci, ha evidenziato alcune parole chiave necessarie per capire e apprezzare il dono del libretto di Don Alberto: ascolto, accoglienza, comprensione, risurrezione e speranza, quella che serve per “pensare il futuro”.
Il Vescovo ha esordito dicendo “Non è bello stare in carcere ma è bello stare con i carcerati”, riscuotendo subito un applauso entusiasta; e poi ha spiegato che proprio quello dei carcerati è “un tessuto di umanità che Gesù ha molto a cuore”. Infatti tra le opere di misericordia c’è quella di “visitare i carcerati”, che “non vuol dire passare e andarsene, ma condividere“. Questo spaccato di umanità arricchisce moltissimo. Il Natale apre alla speranza, ha proseguito, non per buonismo, ma dal Natale per il tempo della nostra vita. Esiste la speranza squisitamente cristiana e la speranza umana, che si possono integrare fra loro. La speranza umana conta prevalentemente su fatti positivi, per es. la speranza di un lavoro, di una guarigione… Gesù fa sua questa speranza e crea un evento felice, per es. guarendo un malato o risuscitando una persona morta. Ma poi va molto oltre, cambia il cuore delle persone. La speranza cristiana riguarda le persone, è la speranza di cambiarle. Infatti se le persone non cambiano, i fatti non migliorano. La speranza soltanto umana non ce la fa, è insufficiente. Le ideologie nella storia hanno mirato a creare situazioni nuove, ma se non cambiano le persone, falliscono. Come possiamo cambiare grazie a Lui? Se in me cambio in meglio, posso cambiare anche la situazione in meglio. Dunque, ha concluso Antonazzo, la speranza maggiore è che si esca cambiati.
Dopo l’ultimo momento musicale, i detenuti sono stati invitati ad intervenire con domande, riflessioni e osservazioni, perché questa era “la parte più importante dell’incontro”. E così si sono fatti avanti, qualcuno ha voluto ringraziare a nome di tutti per le varie iniziative che vengono fatte in carcere, qualcuno ha detto che effettivamente il carcere l’ha cambiato, uno ha donato al Vescovo un suo disegno bellissimo sul Natale, un altro gli ha chiesto come si può fare quando si torna in libertà. Ed allora il Vescovo, interpellato, ha risposto in maniera molto acuta, concreta e convincente, indicando, per un percorso di crescita, due cose. Occorre un reinserimento sociale e quindi prima di tutto nella famiglia, con la quale va stabilito un nuovo patto, forse anche una riconciliazione. Poi, ha avvertito, non basta avere idee e progetti: poiché ogni desiderio va incarnato nella realtà concreta della vita, occorre un “accompagnamento”, da soli non si riesce, e dunque occorre scegliere le persone, che siano positive, significative, oneste e che ci vogliano bene, con cui iniziare il nuovo cammino. Vanno quindi ripensati i propri rapporti.
I ragazzi hanno seguito attentamente il discorso e al termine hanno potuto salutare personalmente il Vescovo, che ha consegnato a ciascuno, perché lo aiuti a cambiare e a recuperare la speranza cristiana, una copia del libro di Don Alberto, e questi ha invitato tutti a prendere la pagina del giorno del proprio compleanno per cominciare a leggere quello che il Signore gli dice.
Adriana Letta