Firenze festa dell’umano

VERSO IL 5° CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE DELLA CHIESA ITALIANA

Firenze festa dell’umano

 

La preparazione al convegno è stata ispirata fin dall’inizio dal desiderio di inclusione e di partecipazione. Generoso e partecipato il coinvolgimento delle componenti ecclesiali. L’umano non può essere un tema “di parte”. La struttura e i contenuti della “Traccia”. Il “logo” del convegno: “salire” sulla croce per poter “uscire” nel mondo.

Ritrovarsi periodicamente, per la Chiesa italiana, non è una forma di ritualità esteriore e di celebrazione identitaria. È una necessità e una gioia, un’occasione per incontrare i mille volti che la compongono, la animano, la rendono viva; e, prima di tutto, festeggiare la bellezza di questo incontro. Certo, sono tante le sfide che oggi interpellano la Chiesa: ma, seguendo papa Francesco, è il momento di adottare una postura relazionale, di uscire dalle retoriche dell’assedio e di incontrarci prima di tutto tra noi, per poter incontrare, sulle frontiere sempre più “calde” dell’esistenza di oggi, anche i lontani. Per contribuire, tutti insieme e nessuno escluso, a rendere più umano questo tempo.

È con questo spirito che il 5° convegno ecclesiale nazionale di Firenze 2015 – In Gesù Cristo il nuovo umanesimo – è stato pensato, viene preparato, sarà realizzato.

Un cammino che, auspicabilmente, proseguirà oltre Firenze.

Un metodo dialogico

L’intero percorso di preparazione al convegno è stato ispirato fin dall’inizio dal desiderio di inclusione e di partecipazione. Se Firenze 2015 vuole essere una “festa dell’umano”, come ogni festa inizia con un Invito. E così è stato fatto, rivolgendo a diocesi, parrocchie, movimenti, associazioni, ordini religiosi l’invito a condividere un’esperienza di “umanesimo in atto”, di valorizzazione, di custodia, di cura di ciò che è veramente umano.

La risposta è stata sorprendente: una reazione ben diversa da quelle evangeliche dell’invito alla cena (cf. Lc 14,16-24) o del banchetto di nozze (cf. Mt 22,1-14), quando «tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi» e «non vollero venire», «non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari».

Oltre duecento esperienze pervenute subito, altre decine continuano ad arrivare, a testimoniare la creatività e la vitalità della Chiesa di base, e il desiderio di condividere i cammini, “convergendo” verso Gesù.

La ricchezza e molteplicità di risposte aprono uno spaccato di Chiesa viva, capace di declinare in modo estremamente concreto un tema che poteva apparire astratto e lontano dalle reali esigenze pastorali. Si tratta di veri e propri “laboratori” dell’umanesimo cristiano, «risposte generose ma anche efficaci, che testimoniano una capacità di comprensione e di azione comunitaria di fronte alle sfide del mondo contemporaneo e suggeriscono la voglia di camminare insieme, di assaporare tutto il gusto e la bellezza dell’essere Chiesa, qui e oggi, in Italia» (dalla presentazione di mons. Nosiglia alla stampa, 1/12/2014).

La “Traccia”: uno strumento aperto

Abbiamo lavorato a lungo e in modo veramente collegiale, come giunta e come comitato più allargato, per arrivare alla Traccia, che è disponibile sia in formato cartaceo che digitale (sul sito www.firenze2015.it). Non si tratta – come forse qualcuno si aspettava – di un documento che offre le linee guida dell’umanesimo cristiano. Piuttosto è un testo aperto, per mettere in movimento un processo, per coinvolgere il popolo della Chiesa, nello stile partecipativo già auspicato dal concilio. In un tempo di grandi sfide, intende stimolare una consapevolezza ecclesiale, più che fornire ricette e schemi già pronti per l’applicazione. Questa consapevolezza è importante, perché, in un presente pieno di opportunità ma anche di pericoli per l’umano, la Chiesa può pronunciare, a beneficio di tutti, una parola su cosa significa essere umani. In un momento decisivo: al tempo della tecnica che diventa tecnocrazia; di un’economia che fa crescere le disuguaglianze; di una natura che, sfruttata, si ribella; di mutamenti sociali e demografici profondi; e di tante altre sfide, non ultime quelle del fondamentalismo religioso e del terrorismo. Per rispondere e non restare vittime di questo tempo, occorre decidere da quale concezione di umanità ci vogliamo lasciar ispirare.

Domandarsi cosa significa essere umani oggi, alla luce del “di più” della fede, è entrare nello spazio pubblico con una questione aperta a tutti, non solo ai credenti. Una questione che arricchisce, e certo non minaccia, la libertà di pensiero e di scelta.

In una prospettiva, che è insieme culturale e missionaria, la sfida è dunque quella di “uscire” dai luoghi fisici dove si terrà il convegno e soprattutto dalla cerchia di chi si sente già parte della famiglia della Chiesa, per interpellare anche il mondo laico e gli uomini della cultura, del lavoro, dell’economia, della politica e di ogni altra realtà civile e sociale che abbia a cuore l’umano.

Per favorire il coinvolgimento e allargare la partecipazione e il dialogo, la Traccia è accompagnata nel sito web da materiali di approfondimento, da indicazioni per utilizzarla nei vari contesti ecclesiali di base e da altri sussidi e iniziative per rendere realmente partecipato il cammino verso Firenze, e poterlo proseguire anche oltre. Grazie ai social media (facebook.com/Firenze2015; twitter.com/Firenze_2015 @Firenze_2015) è già iniziato un discreto coinvolgimento soprattutto di giovani e gruppi giovanili nella riflessione e nello scambio di esperienze sull’umanesimo cristiano oggi: ascoltare anche quello che loro hanno da dire è irrinunciabile per la Chiesa.

Oggi il web è molto diverso da come si presentava nel 2006, quando ancora i social non c’erano. Ma soprattutto è diversa la mentalità dei giovani, che, da subito, hanno popolato questi ambienti che rispondono al loro desiderio di partecipazione e di condivisione. Per questo, il sito e i social oggi non sono solo uno strumento in più, ma uno dei luoghi per preparare e accompagnare il convegno.

Basta un’occhiata alla pagina Facebook di Firenze 2015 per vedere la varietà di proposte e di notizie, e molto ricca è anche l’offerta di post su Twitter, che tengono aggiornati sulle iniziative organizzate in tutta Italia in vista di Firenze, ma anche valorizzano e permettono di condividere le esperienze in risposta all’invito (con l’hashtag #sfidedelpresente): dopo il lancio delle schede sulla famiglia nel periodo del sinodo straordinario, altre macrotematiche sono via via lanciate (il lavoro, la cura del creato ecc.).

La Traccia, insomma, è un documento “espanso” anche nello spazio digitale. Inoltre, è fatta di parole, ma anche di immagini. Immagini che non sono pure illustrazioni, ma tracciano esse stesse un percorso di lettura dell’umano: nella sua quotidianità, nella sua relazionalità ma anche nella sua solitudine, nel suo rapporto col mistero, nelle vette che sa raggiungere quando mette la propria arte a servizio della lode. Immagini che, con la lingua essenziale del bianco e nero, dell’ombra e della luce, parlano del nostro tempo alla luce dello sguardo della fede.

Integrare i linguaggi, imparare dalla bellezza, rinnovare il nostro sguardo sulla realtà quotidiana alla luce della grazia sono tutte sfide che vogliamo raccogliere nel cammino verso Firenze.

Il percorso della “Traccia”

Il metodo usato per stendere la Traccia è strettamente affine al messaggio che vogliamo portare a Firenze: sull’umano non si afferma ma si dialoga, iniziando dall’ascolto.

Essere umani vuol dire saper vedere scintille di umanità, che possono essere alimentate e diventare un fuoco capace di scaldare tutti, anche laddove sembra non esserci spazio per la speranza, come nelle periferie esistenziali di cui parla papa Francesco.

Quello dell’umano non è un tema “di parte”. La speranza è quella di riuscire a confrontarsi anche con chi, nella Chiesa, non si riconosce, per affrontare insieme, laddove è possibile, le sfide che interpellano l’umanità, per il bene di tutti.

Il cammino della Traccia parte da una breve introduzione e si snoda in quattro parti.

L’introduzione – “Narrazione di un’esperienza anticaapre una finestra sulla città che ospiterà il convegno. Una città piena di luci ma anche di ombre, che deve saper ritrovare e risvegliare la propria ricchezza culturale, religiosa e umana, culla dell’umanesimo.

1. La prima parte (Dalle Chiese locali il “di più” dello sguardo cristiano) raccoglie le esperienze pervenute in risposta all’invito e ne offre una sintesi, che fa da punto di partenza. Colpisce, di queste esperienze, l’acutezza di lettura dei bisogni, da parte di uno sguardo situato che vede la realtà “da accanto”, ed è quindi capace di immaginare risposte originali alle sfide incontrate. Risposte illuminate da un “di più” rispetto alle soluzioni tecniche che altri soggetti laici, anche quando sono animati da buona volontà e competenza, riescono a mettere in campo.

Da questo ricco materiale emergono quattro forme di “umanesimo vissuto”, dalle quali si vuole partire. Il percorso non consiste, infatti, nel passare dalla teoria alla pratica, dal modello alla realtà, bensì nel partire dal riconoscimento della bellezza che già c’è, per darle spazio e farla fiorire: un umanesimo in ascolto, concreto, plurale e integrale e fatto di interiorità e di trascendenza.

  1. La seconda parte (Lo scenario dell’annuncio del Vangelo) si propone di tracciare uno schizzo del contesto storico, culturale e sociale in cui una riflessione sull’umanesimo cristiano si colloca oggi, a partire dalle molteplici proposte sull’umano con cui ci dobbiamo confrontare. Sono tanti ormai gli “umanesimi”, e ciascuno fa riferimento ad un’antropologia diversa, ma con un tratto comune e ricorrente: un individualismo assoluto, che non accetta limiti all’espansione di sé, e rischia così di diventare distruttivo, oltre che sacrificare la relazione, sia quella con Dio sia quella con gli altri. Ma non ci si può fermare alla critica dell’esistente, col rischio di una rassegnazione o una chiusura difensiva, per non contaminarsi. La via scelta è quella di valorizzare, in questo contesto per certi versi poco propizio all’umano, la bellezza che, nonostante tutto, emerge e il bene che nessun male riesce mai a spegnere.

È da qui che si vuole iniziare il cammino. È partendo da qui che si può ricostituire il tessuto sociale così logoro in tanti punti. Ricominciando proprio dalla consapevolezza delle interdipendenze, controtendenza rispetto all’idolo dell’autonomia.

Non siamo individui assoluti, ma persone in relazione. E la relazione non è estrinseca, ma fa parte del nostro essere umani: lo sappiamo innanzitutto perché non veniamo da noi stessi, ma ci riceviamo da altri, in quanto generati. Riconoscersi figli è il cuore dell’umano rivelato da Gesù Cristo. La fraternità, che fonda la solidarietà, si radica qui.

3. La terza parte (Le ragioni della nostra speranza) affronta il fondamento teologico del nuovo umanesimo in Gesù. In lui l’umano e il divino sono uniti: è da lui, dunque, che l’essere umano riceve piena luce e senso. Questa, per noi, è una profonda e gioiosa consapevolezza, che tuttavia non ci dà il diritto (e neanche il dovere) di imporci al mondo, con la pretesa di “possedere” Cristo. Intanto, noi stessi siamo sempre in ricerca, e la nostra fede va sempre rigenerata. Ma soprattutto, se vogliamo seguire la via che Gesù ci ha indicato, il nostro metodo sarà quello della testimonianza: consapevoli dei nostri limiti, ma anche della luce che possiamo lasciar risplendere in noi.

Due strade privilegiate per seguire Gesù: la cura per i fratelli, fatta di prossimità, tenerezza, accoglienza; e la preghiera, quella forma di relazione col Padre che alimenta e dà respiro delle nostre vite, e che impedisce alla cura di ridursi a generica filantropia.

  1. La quartaparte (La persona al centro dell’agire ecclesiale) ha un carattere più pastorale e si interroga su come realizzare insieme uno stile ecclesiale capace di leggere i segni dei tempi alla luce del Vangelo e della via che Gesù ci ha mostrato, per coltivare la pienezza dell’umano nelle condizioni esistenziali attuali.

Nei nove anni che ci separano dall’ultimo convegno ecclesiale, quello di Verona del 2006, moltissime cose sono cambiate. Soprattutto, le realtà di educazione all’umano che avevano ancora una relativa stabilità (la famiglia, la scuola, il lavoro e, più in generale, gli spazi della nostra vita sociale) sono stati attraversati da grandi trasformazioni e hanno mutato pelle, perdendo rigidità ma anche unità, diventando più vulnerabili: non più luoghi, ma frontiere dell’umano. Si può cercare di difendere le frontiere alzando muri, o «renderle luoghi di incontro e dialogo, proponendo con gioia la bellezza dell’umano alla luce di Gesù: frontiere su cui adoperarci affinché l’annuncio del vangelo rinnovi tutto e tutti. Noi per primi» (dalla presentazione di mons. Nosiglia alla stampa, 1/12/2014).

La Traccia propone cinque vie di umanizzazione, cinque movimenti esistenziali da declinare nei contesti locali e nelle nostre realtà “di frontiera”, per intraprendere il cammino e prepararci all’appuntamento di Firenze: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Ogni verbo indica un movimento da far partire, su cui riflettere, da raccontare e condividere a Firenze. La Traccia offre anche qualche spunto sotto forma di domanda, ma c’è massima libertà su come interpretare queste vie nei singoli contesti. Ciò che importa è mettersi in movimento, esplorare vie nuove, adatte ai tempi, per promuovere un rinnovamento della pastorale ma, prima ancora, delle nostre mentalità.

Al processo di rinnovamento della Chiesa, che poi è l’unico modo per restare fedele alle sue origini, siamo tutti chiamati come collaboratori attivi.

Disegnare l’umanesimo:il “logo” del convegno

Con un gesto nel suo piccolo rivoluzionario, è stato chiesto che il logo stesso del convegno fosse la risposta alla proposta di riflessione sull’umano, anche in questo caso con risultati inaspettati. La comunicazione del vincitore, avvenuta il 7 dicembre, rappresenta un’altra tappa verso Firenze, un altro passo del cammino di quella «marea caotica» e «carovana solidale» che è la Chiesa oggi (EG 87). Anche questo passaggio, nella sua semplicità, è denso di significato. Per tante ragioni.

Intanto, il metodo con cui si è arrivati a scegliere l’immagine-icona del 5° convegno della Chiesa italiana, così come per la Traccia di lavoro, è l’ascolto: si è deciso di conoscere “dal basso” come la Chiesa interpreta, immagina, spera il significato e il destino dell’umano. Perché, di fronte alle sfide di un oggi che, con le parole di Mario Luzi, «si affaccia su un orizzonte di incommensurabili pericoli e di inestimabili promesse», occorre passare dal “sarebbe bello” alla bellezza che sempre è visibile, per chi ha occhi sgombri da paure e da pregiudizi. Una bellezza e una speranza che sono emerse in modo sorprendente dalle tante proposte di logo arrivate alla giuria, rivelando come il tema dell’umanesimo in Gesù non sia intellettualistico e astratto, ma vitale per affrontare i pericoli e le promesse di questo tempo.

Una piccola rivoluzione metodologica, dunque, dove la Chiesa si lascia raccontare per immagini da chi in questa “famiglia di famiglie” si riconosce.

Una rivoluzione che, etimologicamente, torna all’origine, ri-volgendo lo sguardo a Gesù che cammina per le strade della Galilea con i discepoli, incontrando le persone nella loro quotidianità e chiedendo loro: «ma voi chi dite che io sia?».

Una rivoluzione che rimette al centro la comunicazione: non come ambito separato, tecnico-strumentale, come una delle tante azioni possibili, ma come contesto antropologico fondamentale, dove ridurre le distanze e aiutarsi a vicenda camminando insieme, nel comune riconoscimento.

La decisione di affidare la scelta a un contest aperto a tutti, e quindi ad una votazione popolare sui social, si è rivelata a posteriori una felice intuizione e un altro segno dello stile inclusivo che vuole caratterizzare la preparazione, la celebrazione e la prosecuzione di questo importante appuntamento ecclesiale. È stato utile anche per mostrare concretamente come quello dei social non sia per forza un mondo “altro”, ma uno spazio di incontro, dove è possibile intercettare i più giovani e coinvolgerli, umanizzando, nello stesso tempo, un ambiente certo non immune dall’autoreferenzialità. Anche grazie alla modalità di scelta del logo, il tema dell’umanesimo è stato percepito come tutt’altro che lontano.

La proposta selezionata tra le tre più votate, nella sua semplicità da disegno a mano libera, esprime bene il doppio movimento di “salire” verso la croce per poter “uscire” nel mondo. Le frecce, che rappresentano i cinque colori dell’anno liturgico, si prestano altrettanto bene a suggerire le cinque vie “dinamiche” di umanizzazione, suggerite nell’ultima parte della Traccia e a indicare la dimensione dell’accompagnarsi a vicenda che sono la cifra distintiva della Chiesa di papa Francesco. Quella che, nonostante le sue fatiche e anche le sue ferite, fin da oggi si vuole festeggiare.

Domenico Pompili direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazionidella Conferenza episcopale italiana

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