Omelia del Vescovo Gerardo – 25° Oasi mariana Betania

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ABITARE L’ANNUNCIAZIONE

25 marzo 2015

25° Oasi mariana Betania

Appunti per la meditazione

In questa liturgia eucaristica caratterizzata dalla gioia del 25° anniversario dell’inizio dell’Associazione pubblica di fedeli “Oasi mariana Betania”, propongo una riflessione sulla metafora della Casa, per comprendere le disposizioni spirituali con le quali saper riconoscere e accogliere l’iniziativa di Dio, come nell’esperienza di Maria.

Casa, metafora dell’UNITA’

La casa è metafora di Unità, perché è il risultato di diversi ambienti, tenuti insieme da un tutto organico e architettonico.

Cogliere il senso dell’unità nella nostra vita è condizione per capire il senso e l’organicità degli eventi, delle esperienze, dei fatti, degli accadimenti, degli incontri,…E’ ritornare sul significato di ciò che ci accade, per capire il filo conduttore che Dio tesse nella trama delle nostre storie quotidiane. Al contrario, viviamo nella dispersione e nella distrazione rispetto a quanto Dio dispone nella nostra esistenza. L’unità genera il “raccoglimento” e questo provoca la “meditazione”, cioè la possibilità di mettere insieme gli eventi, tenerli nella loro unità e fare in modo che siano il linguaggio attraverso il quale Dio mi sta parlando e capire che cosa mi vuol dire, che cosa mi chiede. Dio non improvvisa i fatti della nostra vita. L’Annunciazione del Signore a Nazareth non dobbiamo pensarla come un fatto “improvviso” di Dio rispetto alle condizioni interiori che Maria sapeva vivere e che rendono possibile la scelta della sua persona da parte dell’Onnipotente. Dio non parla nella dispersione della nostra vita quotidiana.

Casa, metafora della GENEALOGIA

Sia nella prima lettura di oggi sia nel vangelo troviamo l’espressione “casa di Davide”. Ciò si riferisce evidentemente alla genealogia davidica, segnata dalla promessa messianica. La “casa” pertanto è metafora della genealogia, del fatto che c’è una generazione che ci precede e una discendenza che segue la nostra persona. Siamo un “anello” nella catena genealogica delle nostre relazioni. Pertanto, quello che può accadere a me oggi è anche preparato, reso possibile, da chi mi ha preceduto, e deve servire a quanti verranno dopo di me. L’Annunciazione del Signore nella nostra vita non può riguardare in assoluto il mio “presente”, non coinvolge soltanto la mia persona. Non nasce e muore con me. Dio non lo finalizza esclusivamente alla mia storia. La casa della mia vita è “abitata” dalle persone che ne fanno parte perché mi hanno preceduto come maestri, educatori, genitori, testimoni, esempi…e dalle persone che beneficeranno dopo di me di quanto avrò compiuto nella mia vita. L’Annunciazione a Maria parte da molto lontano nella storia di Israele  e porta lontano nella storia della salvezza. Se Maria è raggiunta nella sua Casa per ascoltare il messaggio dell’angelo Gabriele è perché coglie la sua persona inserita in una genealogia che la precede e la seguirà.

Casa, metafora della CONDIVISIONE

La Casa è anche metafora della Condivisione. Abitarla significa lasciarsi educare alle relazioni più significative. Ciò comporta che ogni esperienza di Dio, come per Maria a Nazareth, non possiamo viverla da soli, ma dentro una rete di relazioni con le quali poter condividere ciò che Dio mi chiede. Così nel racconto di s. Luca ritroviamo il riferimento implicito a Giuseppe, sposo di Maria, e alla cugina Elisabetta. Maria non è estraniata da queste relazioni importanti, anzi saranno un supporto indispensabile: Giuseppe come “ombra” della paternità di Dio sul Bambino, Elisabetta come “segno” che rende credibili le parole dell’angelo. Nella nostra esperienza personale ogni progetto di Dio su di noi non dobbiamo coltivarlo in modo intimista e privatistico. Il Signore ci chiede di condivide ogni progetto con quanti possono aiutarci a viverlo in modo luminoso e pieno. Non di rado succede che le esperienze vocazionali di ogni genere siano vissute senza una condivisione fruttuosa con coloro che ci sono accanto come figure significative.

Casa, metafora dell’AMPIEZZA

La casa è anche metafora di Spaziosità. La casa, per quanto modesta possa essere, è sempre più ampia di chi la abita. La casa di Nazareth è metafora di un progetto divino molto più grande di quanto Maria potesse immaginare. E questo la turba. Dio non si adegua alle nostre misure, ma ci provoca alla sua ampiezza. Le sue parole sono di gran lunga più esigenti delle nostre forze, la sua volontà ci supera, e ciononostante richiede il nostro Eccomi. E’ assurdo costruire una casa a misura delle persone fisiche che la abiteranno: l’uomo ha bisogno di “respirare” un ambiente ampio per stare bene. Respirare i grandi progetti di Dio ci fa bene, proprio perché vanno ben oltre le nostre misure. Se Dio ci chiedesse qualcosa in proporzione di quello che già da soli sentiamo di poter fare, la sua non sarebbe una Annunciazione ma una Umiliazione. E umilierebbe anche noi, lasciandoci rassegnati alle nostre misure umane, senza poter mai fare qualcosa di più o di diverso rispetto ai nostri ritmi e abitudini. I progetti di Dio invece ci educano ad una elevata disponibilità, gratuita e pura. Ma la nostra risposta non sarà mai proporzionata e adeguata all’iniziativa di Dio. E’ una sfida da cogliere, forti del fatto che se è Dio a chiederci qualcosa di più grande, non ci potrà abbandonare perché sarà Lui a renderci capaci di quanto ci chiede.

Sono, queste,  riflessioni appena enunciate, perché richiedono migliori precisazioni e approfondimenti che potrete sviluppare successivamente nei percorsi di formazione dell’Oasi mariana.

Gerardo Antonazzo

 

 

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