Uno spettacolo impressionante di folla e di fede genuina
Tutto comincia prima che il sole sorga, il 9 luglio a Cassino, giorno sacro di ringraziamento e di penitenza, una data tra le più care al cuore dei cassinati, un appuntamento a cui non si può assolutamente mancare. E non importa che sia un giorno lavorativo né che ci si debba alzare col buio per recarsi alla Chiesa Madre, non importa se la si trova già piena e traboccante col rischio di non trovare posto a sedere. Non importa. L’affetto filiale e la devozione sincera e profonda per la Vergine Maria Assunta sono molto più forti del sacrificio che la levata antelucana comporta. E quelli che si incontrano non sono concorrenti o rivali, sono fratelli e sorelle di questa grande, immensa famiglia che fa capo ad un’unica madre: Maria, l’Assunta, la Patrona della città di Cassino, Colei che non ha mai abbandonato i suoi figli, neanche nei momenti più tragici. Non li abbandonò nei secoli passati quando le peste, nel 1837, e il colera, nel 1882, imperversavano e mietevano vittime e Lei ne ascoltò le preghiere e fece cessare il flagello, né in tempi più recenti, quando anche il suo prezioso e sacro simulacro soggiacque alla distruzione della città, rimanendovi sepolto. Ma proprio lì, dalle macerie in cui la città era stata ridotta dalla guerra nel 1944, accadde un nuovo portento: la sua statua, intatta, fu ritrovata grazie alla fede tenace di Don Francesco Varone e di pochi ardimentosi che con lui cercarono e scavarono, e questo fu immediatamente riconosciuto come un chiaro segno di Protezione, che generò Fiducia e Speranza. Maria Assunta era lì con i suoi figli, soffriva con loro ma li spronava a rialzarsi, a non cedere alla disperazione e a mettersi all’opera, tutti insieme, per ricostruire la città, con le sue case, le sue chiese, le sue attività. Il 4 agosto 1945 la Statua dell’Assunta ebbe, sul luogo che era stato Cassino, una processione povera, in mezzo alle macerie e agli acquitrini che causavano malaria, ma solenne, commossa e sentita come non mai. Aveva il sapore di una resurrezione. E’ lì che è iniziata davvero la ricostruzione degli animi, indispensabile per la ricostruzione materiale.
Come può un popolo dimenticare esperienze del genere? In tre episodi storici, l’Assunta ha fatto grazia ai suoi figli di Cassino. Ma non è forse un miracolo anche quello che si ripete puntuale ogni anno il 9 luglio? L’accorrere da ogni dove di persone di tutte le età e condizioni, concordi, affratellate e solidali, tutte unite da un unico sentimento, profondamente radicato nel cuore, di devozione a Maria. Una venerazione filiale, spontanea, una fiducia a tutta prova. E’ questo che fa di tutta quella innumerevole gente non una folla anonima ma un popolo, che in questo valore si riconosce. Un vero popolo. Ognuno porta alla Madre quello che ha nel cuore, il suo affetto, la sua fiducia, le sue richieste di aiuto, per sé e per i propri cari, per la propria comunità di appartenenza, dal cerchio più stretto a quello più largo. Un Credo incrollabile, una fiducia smisurata e incondizionata, che la Madre ripaga infondendo nel cuore di ognuno, anche il più affannato, una pace come solo Lei sa fare, rendendolo più leggero e più forte. I cassinati lo sanno. E questo è sicuramente un altro silenzioso ma sostanziale miracolo.
Come ogni anno, molti hanno sostato in una veglia di preghiera tutta la notte nella Chiesa Madre, poi alle 5 del mattino, con l’accorrere di moltissime altre persone, è iniziata la Celebrazione Eucaristica e per la prima volta nella storia, a presiederla non era l’Abate di Montecassino, bensì il Vescovo della nuova Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, Mons. Gerardo Antonazzo, il quale, conscio dell’importanza che il rito del 9 luglio ha per Cassino, è tornato anzitempo da Lourdes dove presiedeva il pellegrinaggio diocesano.
Nell’omelia, attentamente seguita dai presenti, ha sottolineato le due dimensioni della Misericordia di Dio, che è lento all’ira e ricco nell’amore e nel perdono. Tutti, ha detto, facciamo esperienza della Misericordia di Dio, poiché ne siamo il frutto, non potremmo vivere senza il dono della sua grazia. E Maria, ha osservato, con sapienza biblica esalta tutto ciò che per lei Dio ha operato nel segno della Misericordia, il suo inno del Magnificat è la celebrazione della Misericordia di Dio. Anche noi, nella nostra storia personale e sociale, facciamo esperienza della Misericordia di Maria, che ha sempre ricostruito e rigenerato dopo ogni distruzione. Oggi, ha continuato Antonazzo, in cui le preoccupazioni materiali hanno provocato una distruzione e disgregazione morale e sociale, abbiamo ancora bisogno di guarigione dai mali morali. Papa Francesco lo va ripetendo sempre. La parola che può portare guarigione oggi è Misericordia, che è dono, scuola, pedagogia, stile di vita. Il Padre Nostro, ha fatto notare il Vescovo, è la preghiera che provoca la Misericordia di Dio, perché anche noi possiamo imparare a perdonare e “ricucire”. Maria, che è Madre di Misericordia, interceda per noi, ella che non abbandona mai i suoi figli e il suo popolo e ci ricorda il beneficio ricevuto della Misericordia ma anche che dobbiamo farci noi artefici di Misericordia. Maria non attende di essere pregata, ma anticipa, nel segno dell’amore, le nostre richieste. A noi è chiesto di testimoniare la Misericordia, come Maria. Ci aiuti Lei a cambiare stile nella gratuità e nella testimonianza di amore, per rigenerare la vita nella Misericordia.
Al termine della suggestiva Celebrazione eucaristica, si è snodata la processione penitenziale di preghiera di intercessione e di ringraziamento alla Madonna, diretta come ogni anno dalla Chiesa Madre alla chiesa parrocchiale di S. Pietro Apostolo: uno spettacolo impressionante di folla e di fede, genuina e sentita, dna di un popolo, quella che lo rende capace di affrontare le più dure asperità della vita, e lo fa grande e tenace.
Alle prime luci, con un cielo un po’ nuvoloso e un’aria calda e pesante che affaticava tutti ma non intimoriva nessuno, la fiumana umana andava e andava, con brevi soste, e pregava e cantava a Maria, la cui statua, senza ori, senza corona e senza ghirlande, sembrava proprio una donna del popolo, Madre vera per la quale ogni figlio merita un riguardo speciale e i figli lo sanno e lo sentono. Davanti al S. Raffaele, luogo di sofferenza, la doverosa e tradizionale sosta con un pensiero, una preghiera e una benedizione per i malati e per coloro che li curano.
Infine il corteo, seguito in tutto il percorso da rappresentanze dell’Amministrazione comunale e regionale, è giunto alla chiesa del quartiere “Colosseo” per la prima tappa di una peregrinatio nelle diverse parrocchie della città, che vedrà il ritorno del simulacro dell’Assunta nella Chiesa Madre il 13 luglio. Dal 14 luglio inizia il mese di preghiere alla Madonna Assunta, in preparazione alla festa che sarà celebrata il 14 e 15 agosto.
Commovente osservare i portatori dell’Assunta, schierati con la divisa azzurra della confraternita e con l’orgoglio di chi sa che è un onore, che comporta di essere uomini forti perché la statua è pesante, ma ancor più di avere una particolare tenerezza nel cuore per la Madonna. A Lei con delicatezza rivolgono l’invocazione: “O dolce Madre dai cerulei occhi, dammi un lembo del tuo manto azzurro“.
Adriana Letta